Disagio

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«A disagio?» esclamò Corrado. «Ma siamo i suoi fratelli!»

Simone, accanto a lui, gli diede un manrovescio sul braccio. «Che cavolo urli?» gli disse.

«Scusa» fece lui, abbassando il tono di voce. «È stata l'incredulità. Davvero non riesco a credere come sia possibile.»

Non potevo dare torto a Corrado, visto che la mia, di reazione, era stata più o meno la stessa, anche se la mia era stata interna. Ero rimasto scioccato quando lo psicologo me l'aveva detto e in quel momento, seduti al tavolo in cucina in piena notte, a essere scioccati erano stati Corrado e Simone. La situazione era difficile con Andrea e davvero non pensavo che potesse essere così grave. Il quadro che aveva fatto il dottor Nuzzo era preoccupante.

«Anch'io non so come sia possibile» riferii a Corrado. «Però lo psicologo ha detto che è così e probabilmente non ha torto. Andrea non sta bene e non si sente così a suo agio con noi da dirci cosa gli passa per la mente.»

«Quindi? Cosa facciamo?» chiese Corrado.

«Io ho pensato a una cosa, ma non so se sarete d'accordo.»

Simone e Corrado mi rivolsero un'occhiata sospettosa e io deglutii. Non sentivo di avere il coraggio per dir loro cosa mi era venuto in mente, ma dovevo.

«Parla» disse Simone.

«Ho pensato che forse il problema potrebbe essere che non si sente ancora pronto a vivere qui, tutti insieme, con noi. Magari si stava abituando a vivere con i cugini di papà e...»

«Frena, frena, frena» mi bloccò Corrado. «Tu non stai dicendo quello che penso, vero?»

Non risposi. Stavo dicendo proprio quello che aveva capito Corrado.

«Oh, andiamo!» esclamò lui, alzandosi dalla sedia. «Non credo sia una soluzione plausibile farlo tornare a vivere con i cugini di papà. E poi con la tutela come fai? L'hai già presa, la sua.»

«Lo so, Corrado, solo che...»

«È una stronzata e lo sai. La febbre gli veniva spesso anche quando stava con loro, se ti ricordi.»

«Non così spesso e...»

«E poi no, no! E se gli succedesse qualcosa e non siamo con lui? In fondo è pur sempre sotto la nostra responsabilità: siamo i suoi fratelli! E se...»

«E se mi facessi parlare, non sarebbe male, Corrado!» Stavolta urlai io e lui si fermò. Sapevo che non avrebbero reagito bene o che non sarebbero stati subito d'accordo, ma come al solito Corrado aveva tratto le sue conclusioni senza darmi il tempo di spiegare. «Credi davvero che io non stia pensando al bene di Andrea?» domandai. «Ritieni possibile che non abbia riflettuto più di cinque minuti su questa soluzione, o che mi faccia piacere?»

«No, però se lui ritorna a vivere con i cugini di papà non è detto che i suoi problemi si risolvano. Inoltre quella era una soluzione temporanea, loro sono vecchi e di certo non possono crescerlo senza fatica.»

«Non si è vecchi a sessant'anni, Corrado.»

«Non si è nemmeno giovani.»

Sospirai e cercai l'appoggio di Simone con lo sguardo. Corrado aveva monopolizzato il discorso, ma sapevo che Simone aveva la sua opinione in merito e volevo che la esprimesse. «Tu che ne pensi, Simo?» gli chiesi.

Lui fu titubante, specialmente perché Corrado lo guardava con aria minacciosa e con le braccia incrociate sul petto, ma alla fine disse: «Forse potremmo parlare con lui e vedere cosa ne pensa dell'idea di Donato.»

Io e i miei sette fratelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora