<<È appena arrivato>> mi dice Boris quando incrocia il mio sguardo angosciato.
<<Dov'è?>> domando io, agitata e sull'orlo di una crisi di nervi. Mi indica una porta in fondo al corridoio alla mia sinistra. La palestra. Mi precipito dentro, senza neanche bussare, e trovo Alex con dei pantaloncini da boxe intento a fare numerose trazioni alla sbarra. Mi sta dando le spalle ma so che mi ha sentita entrare. Rimango lì ad aspettare che finisca, che mi parli e osservo l'angelo tatuato sulla sua schiena. Sembra che stia per prendere il volo ad ogni colpo alla sbarra. Dopo quelle che mi sembrano un'infinità di trazioni, Alex salta giù e si gira lentamente.
Mi avvicino, a piedi scalzi, fino ad arrivare a un metro da lui.
<<Parlami, Alex. Per favore>>, lo supplico.
<<Cosa devo dire?>> sussurra, senza incrociare il mio sguardo.
<<Tutto. Quello che pensi e cosa è successo oggi. Qualunque cosa, basta che non mi ignori.>>
Il suo sguardo sembra ammorbidirsi un po'; non credo volesse ignorarmi. Semplicemente entrambi tendiamo a chiuderci in noi stessi.
Alex si siede su un sacco disteso a terra, quello che usiamo per l'allenamento corpo a corpo.
<<Non so come fai, Gin. Ti invidio. Tu stai riuscendo ad andare avanti mentre io rimango qui, intrappolato dentro me stesso e i miei incubi>> ammette, abbandonando la testa sulle ginocchia.
<<Anche io li ho, Ally. E ci sono giorni difficili anche per me. Ma so che non posso continuare a piangermi addosso, ad avere paura. Quindi penso ad altro, mi concentro su altre cose. Non dimentico, Alex, semplicemente chiudo tutto in un angolo remoto e inaccessibile del cervello. Devo farlo, se voglio sopravvivere.>>
Alex mi guarda, con la tristezza che fuoriesce da ogni parte del corpo. È disperato, non sa come uscirne e capisco benissimo che cosa prova.
<<A cosa pensi per distrarti? Cosa è più forte?>>
<<Tu. La mamma, papà. Boris. Perfino Olga. Cerco di pensare a quello che la tragedia ci ha donato, non a quello che ci ha tolto.>>
<<Sei così saggia, sorella.>>
Mi siedo accanto a lui e lo abbraccio. Lo sento piangere piano sulla mia spalla e rimaniamo così diversi minuti, mentre la maglietta mi si impregna delle lacrime di mio fratello. Vorrei implorarlo di smettere, vorrei dirgli che preferirei morire piuttosto che vederlo così, ma non posso; sarebbe egoista da parte mia impedirgli di sfogarsi.
Qualcuno bussa timidamente alla porta e, un attimo dopo, la testa di Olga fa capolino dentro la palestra per avvertirci che è pronta la cena.
Non ho molta fame e sono sicura che nemmeno Alex ne abbia. Ciononostante, dopo qualche minuto, ci alziamo entrambi. Osservo mio fratello asciugarsi il viso con una salvietta presa dal bancone e desidero con tutta me stessa che smetta di stare male. Nota il mio sguardo e sorride per tranquillizzarmi, poi mi stringe la mano e raggiungiamo Boris in cucina.
Appena arriviamo, il nostro padre adottivo osserva attentamente Alex ma, non ottenendo nulla, sposta il suo sguardo indagatore su di me. Scuoto impercettibilmente la testa, cercando di fargli capire che non è il momento di parlarne. Lui ci pensa qualche secondo, poi si arrende e comincia a mangiare in silenzio. È sempre così; Boris ha paura di dire la cosa sbagliata mettendoci in crisi ancora di più così, per la maggior parte del tempo, rimane zitto. I suoi occhi tristi mi commuovono e vorrei correre da lui per abbracciarlo, dirgli che è un uomo fantastico e che gli voglio bene.
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Naked Feelings
Любовные романыGinevra si è da poco iscritta alla UCLA insieme ad Alex, il suo gemello. Si sono trasferiti a Los Angeles, insieme al loro padre adottivo, per cercare di iniziare una nuova vita lontana dagli orrori che hanno caratterizzato gran parte della loro ado...