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Per tutto il mese di novembre io e Liam stiamo insieme più tempo possibile. Ogni volta che sono costretta a separarmi da lui, sento una fitta allo stomaco e mi manca un po' il respiro. So che è stupido, ma non posso farci niente.

La settimana scorsa mi ha chiamata l'assistente sociale per confermami che Catherine non ha altri parenti in vita e che per ora continuerà a rimanere con noi. L'udienza per la richiesta di adozione è fissata per metà dicembre; spero proprio in un bel regalo di natale, a questo punto.

È venerdì e sto entrando in palestra per il mio solito allenamento di kickboxing. Il professor Radford, voglio dire Thomas, mi sta aspettando sul tappeto per parlarmi dei progressi ottenuti dai ragazzi del corso. Dopo quella domenica in cui io e Liam abbiamo litigato per la mia prestazione con il bersaglio, sono stata a cena da lui altre due volte. Sono andate molto meglio della prima e inizio a provare dell'affetto per quest'uomo; dopotutto è il padre di Liam e, per quanto ne so, si è affezionato a me. Catherine mi sta stringendo forte la mano ma, appena avvista i suoi compagni, corre a cambiarsi e si affretta a raggiungerli. Li dividiamo di nuovo a gruppi e, dopo un'ora, Thomas ci interrompe e ci raduna al centro del tappeto.

<<Allora... Sono felice di informarvi che oggi passeremo ad un nuovo livello nel vostro allenamento>> e, così dicendo, estrae dei bastoni lunghi e stretti e comincia a farli roteare tra le dita.

Ma che diavolo fa? La kickboxing non prevede armi!

Noto che anche Liam è rimasto a bocca aperta; non sa cosa dire, esattamente come me. I nostri sguardi si incrociano e vedo che scuote leggermente la testa.

<<So che questo sport normalmente non prevede l'uso di armi ma, siccome molto probabilmente i vostri avversari saranno più grandi di voi, potrebbero tornarvi utili.>>

Ribadisce per la centesima volta che è severamente vietato usare queste tecniche al di fuori della palestra, salvo che per difendersi.

<<Se vostra madre vi fa arrabbiare o un vostro compagno vi prende in giro, non è il caso che lo massacriate. Fate sempre uso delle tecniche di meditazione e difendetevi solo se è strettamente necessario.>>

Io e Liam alziamo gli occhi al cielo; lo ripete ad ogni allenamento, tutte le settimane, da tre mesi.

<<Ginevra, Liam, tocca a voi>> e vedo atterrare tra le mie mani uno dei due bastoni che prima roteavano tra le sue dita. Ci guardiamo sbigottiti per un attimo, poi mi posiziono al centro del tappeto.

Ruoto il bastone e lo tengo in diagonale davanti a me, metà dietro al braccio e metà puntato contro di lui.

Liam, invece, si limita a farlo penzolare tra le dita, come se gli facesse schifo anche solo tenerlo in mano.

Faccio qualche passo verso di lui e sferro due colpi che, prontamente, schiva. Mentre mi rimetto in posizione, rimango allerta, convinta che attaccherà. Non lo fa. Avanzo di nuovo, fendo l'aria con due colpi, ma lui si sposta in tempo, poi torna nella posizione di partenza.

<<Liam, coraggio. Puoi fare di meglio!>> lo incita suo padre.

Non alza neanche la testa, si limita a guardare il tappeto sotto i suoi piedi. Dopo qualche secondo, getta a terra il bastone e arretra di qualche passo.

<<Non posso>> sussurra, poi scende dal ring.

Il professor Radford non se lo fa dire due volte; afferra il bastone da terra e si posiziona davanti a me. Combattiamo per circa venti minuti, nei quali non riesce ad atterrarmi nemmeno una volta. Cerco di andarci piano, ma l'arma è un'alleata non da poco in un combattimento così.

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