-IV-

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Per fortuna la mattinata passa tranquilla e relativamente in fretta; Tony non è mai uscito dal suo ufficio se non all'ora di chiusura, compito che ha relegato a noi, andandosene senza nemmeno salutare.
"Qualcuno vuole ricordarmi perché non me ne sono andato tipo il secondo giorno?" si lamenta Charlie mentre passa lo straccio sul bancone.
"Perché sei una mezza sega nello sport e non sei abbastanza intelligente per una borsa di studio basata sul merito" gli risponde Andrea spazzando con una scopa a cui si leva il manico ogni tre per due.
"Ehi!" Charlie si ferma e guarda storto Andrea, "hai ragione, cazzo" aggiunge poi con un tono dolorosamente sarcastico.
"Io sto solo cercando di mettere via abbastanza soldi per andarmene da questo posto dimenticato da Dio" dice lei.
Il sogno nel cassetto di Andrea è quello di andare ad Hollywood e sfondare nel mondo del cinema. E ci crede fermamente, neanche per un momento sembra dubitare del fatto che un giorno ce la farà. La invidio, e invidio anche Charlie. Per quanto fatichino ad arrivare alla fine del mese loro hanno idee e sogni, un futuro a cui guardano con speranza, un obiettivo su cui concentrarsi e per cui lottare.
"E tu Maggie? Per quale folle ragione sei ancora qua? Debiti scolastici immagino" mi chiede Charlie distrattamente.
Nonostante li conosca da alcuni mesi non sanno praticamente nulla di me, solo che frequento il college e che Russell è il mio ragazzo, se così si può definire un uomo di quasi cinquant'anni. Il peso della realtà mi piomba addosso talmente all'improvviso che sento la mente svuotarsi di botto e galleggiare nel vuoto cosmico del mio futuro.
"Io..." biascico con il filo della serranda in mano senza più sapere che farne "...sì, come te...debiti universitari" riesco a mettere in fila delle parole sensate. I due continuano a parlare tra di loro senza accorgersi della mia assenza. Rimango a fissare il nulla fuori dalla finestra senza riuscire a pensare a qualcosa possa riempire il nulla nella mia testa.
Come un automa abbasso una ad una tutte le tapparelle che cadono rumorosamente sulle alte vetrate. Sto per abbassare l'ultima, quella della porta d'entrata, quando vedo arrivare la macchina di Russell dall'altra parte della strada. Mi vede anche lui e mi saluta con la mano. Ci metto un po' a rispondere, sollevo la mano lentamente e la appoggio al vetro. E mentre quello si appanna, la mia mente si rischiara e capisco; capisco che l'unico modo di vivere sensato ormai è quello di vivere il presente, lasciando ciò che non si può più cambiare e ciò che potrebbe cambiare da un secondo all'altro. Passato e futuro.

Quando esco dal locale mi sento ubriaca di consapevolezza. Non avrei mai pensato di raggiungere l'illuminazione dentro una squallida tavola calda di provincia.
La prima cosa che faccio appena sono in macchina è baciare Russell, baciarlo con tale impeto da lasciarlo meravigliato: "Come mai questo buon umore?" mi chiede con un tono che mi sembra essere quasi allarmato.
"No niente, è stata una mattina tranquilla... E sono felice che passiamo la giornata insieme"
Lui sorride senza staccare gli occhi dalla strada: "Mi è venuto in mente un posto dove andare più tardi" dice sornione, "prima andiamo a casa, ti cambi e poi andiamo a mangiare qualcosa"
"E... Poi?"
"Poi andiamo a visitare il cimitero monumentale"
Ok, può sembrare bizzarro... anzi lo è, ma è una cosa che ho sempre voluto, dal giorno in cui ho scoperto che ce n'era uno proprio nella nostra nuova città. Non abbiamo mai avuto tempo prima.
"Davvero?" chiedo emozionata.
"Certo"
In questo momento mi sento come se la vita mi stesse sorridendo dopo avermi presa a schiaffi in faccia per molto, troppo tempo.
Gli stampo un piccolo bacio sulla spalla proprio in prossimità del semaforo rosso: ci fermiamo e lui ne approfitta per avvolgermi con il braccio e attirarmi a sé, stampandomi a sua volta un bacio sulla tempia.

Stiamo pranzando nel nostro ristorante cinese preferito. Ci vediamo almeno una volta alla settimana e ormai ci conoscono per nome.
"Non so ancora quando esattamente, ma prima di Natale vado a trovare Benjamin" dice all'improvviso. Così senza nessuna introduzione, lasciandomi interdetta. Sento però che è arrivato il momento giusto, che se non lo chiedessi ora non lo farei mai più: "Che... Cosa ne sa Ben di tutta questa storia?" tentenno.
"Lui..." Russ fatica visibilmente a parlarne, "lui non sa di noi, almeno quello Annalise si è risparmiata di dirglielo. Ha capito che c'è di mezzo un'altra donna. Ma non sa che sei tu. Di te sa solo che sei via per il college e che sei impegnata con lo studio"
Il suo volto si è rabbuiato e ora mi maledico per aver tirato fuori l'argomento: "Scusa, non volevo rovinare la giornata"
"No figurati... Non mi avevi mai chiesto niente, hai fatto bene"
Abbasso lo sguardo perché se lo guardassi negli occhi potrei piangere: "Eh che non ho mai voluto sapere, non volevo pensarci"
"Non pensarci allora. Pensa ad oggi, pensa solo a questo momento"
Ho un tuffo al cuore. Non gli ho parlato di quello che ho realizzato qualche ora fa eppure mi ha ripetuto la stessa cosa.
"Hai ragione" dico solo, sorridendo leggermente.

"Speriamo non piova"
Russell guarda il cielo plumbeo e chiude la portiera della macchina, "non abbiamo nemmeno un ombrello"
"Non credo riusciremo a vederlo tutto" dico io mentre ci incamminiamo verso l'entrata, "abbiamo solo due ore prima che chiudano"
Ci accoglie un'enorme arco in pietra bianca con due archi più piccoli da entrambi i lati, tutti e tre muniti di cancelli di cui solo il più grande centrale è aperto. ROSE HILL CEMETERY 1840. È la scritta in lettere di bronzo scuro incastonata nell'architrave dell'arco maggiore.
"Wow, 1840! Chissà se c'è la tomba di qualche cowboy del vecchio west"
"Cowboy non so, ma qua sono sepolti i fratelli Allman" dichiara Russell cingendomi le spalle e stringendomi a sé.
"Chi?"
Lui ridacchia: "Non mi aspettavo lo sapessi. Sono i fondatori di una vecchia rock band la Allman brothers band appunto"
"Mmh... Ok?" davvero non so chi siano e un po' mi dispiace perché Russell sembra preso da questa cosa, "ma sono famosi?"
"Beh abbastanza, certo non sono i Pink Floyd però negli anni Settanta e Ottanta andavano forti... Pensa che venivano spesso in questo cimitero a cercare ispirazione, strafatti d'acido"
"Figo... Ma hai fatto delle ricerche ammettilo" gli do una spintarella scherzosa.
"Sì lo ammetto, ho dato un'occhiata su wikipedia" dice con un tono fintamente triste.
Almeno ora mi sento un po' meno ignorante, da come ne stava parlando sembrava fosse un fan accanito di questo gruppo mai sentito.
Stiamo camminando lungo l'infinito viale, per ora ci sono solo tombe "noiose", relativamente nuove quasi tutte risalenti alla metà degli anni Cinquanta. Il paesaggio è comunque incantevole, per quanto possa sembrare strano applicare questa descrizione a un cimitero: l'immenso prato irregolare, che d'estate deve essere di un brillante verde rigoglioso, ora si presenta giallo e arancione e i tantissimi alberi che spuntano da ogni dove danno vita a un incendio autunnale. Svoltiamo a sinistra su una strada laterale che si snoda attraverso quello che sembra quasi un boschetto ed ecco che davanti ai nostri occhi si presentano tombe sormontate da piccoli obelischi incrostati di muschio e statue di angeli di bronzo e marmo, croci ricoperte da piante rampicanti e fiori selvatici. Le scritte sono quasi del tutto cancellate ma da quelle ancora visibili si possono leggere pezzi di poesie, dichiarazioni d'amore o le ultime parole degli occupanti i cui nomi sono ormai dimenticati da tempo immemore. Le date di morte si aggirano verso i primi del Novecento: "Non trovi incredibile che queste tombe siano qui da più di cent'anni?" mi domanda Russell che pare rapito dal posto tanto quanto me.
"Già... E la cosa ancora più assurda è che probabilmente nessuno sa niente della gente che sta qua. Magari i loro pro pro pro nipoti si siedono tutti i giorni accanto a me, non sapendo di avere lontanissimi parenti sepolti qua"
Di tanto in tanto c'è una pietra commemorativa pulita e mantenuta bene e allora capiamo che si tratta di qualcuno di importante anche se non ne sappiamo il perché. Queste appartengono per la maggior parte a soldati di alto grado, generali, capitani, che hanno combattute guerre lontane nel tempo. Poi ci sono i soldati semplici che sono seppelliti sotto marmi anneriti tutti identici e tutti in file ordinate come a mantenere l'ordine dell'esercito anche dopo la morte. Su molte di queste tombe c'è scritto Sconosciuto.

Ed ecco che giungiamo alle tombe dei due fratelli Allman, tombe bianche e identiche poste in un rettangolo di terra sopraelevato e recintato. Niente di così speciale se non per il valore affettivo che potrebbero avere per i fan. Le sorpassiamo e poco più in là ci fermiamo davanti alla bellissima statua di una bambina, Martha Ellis, morta nel 1896 a dodici anni. Qualcuno le ha messo tra le mani di pietra un mazzolino di fiori freschi e i suoi occhi sono dolorosamente intensi e rivolti verso l'orizzonte. Russell, forse senza neanche accorgersene, mi stringe più forte a sé mentre legge l'epitaffio che i genitori le hanno dedicato. So che sta pensando a Benjamin in questo momento e non voglio che si impensierisca. Gli cingo la vita con entrambe le braccia e appoggio la testa sul suo petto: "È così bella questa statua" dico volendo rompere quel silenzio pesantissimo.
"Chissà come è morta. Sicuramente per qualche malattia, colera, vaiolo... Di appendicite magari"
Oh Russ, esci da quel baratro ti prego!
"Ehi..." mi metto sulla punte dei piedi per raggiungere la sua bocca, per strapparlo all'angoscia con un bacio.
"Ti amo" mi mormora sulle labbra.

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