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Mentre stiamo uscendo il sole ha già cominciato a tramontare e davanti ai cancelli ci sono un paio di guardiani che aspettano di chiudere. L'aria si è fatta più fredda e la luce sta iniziando a scemare. Mi metto alla guida perché a causa della scarsa visione dell'occhio ferito, Russell non può (e non vuole) guidare dal tramonto all'alba, se piove o se c'è nebbia.
"Grazie Russ, mi è piaciuto oggi" gli dico sorridendo.
"Sì..."
Continuo a parlare cercando di fare un po' di conversazione ma lui non mi risponde che a monosillabi. Ad un tratto si è fatto pensieroso; anzi se ci penso bene è forse da tre quarti d'ora che è così taciturno, ma non abbiamo parlato molto dopo la statua della bambina, abbiamo per lo più camminato e osservato.

Rischio di sbandare sul marciapiede per fortuna deserto, quando sento la sua mano insidiarsi sotto la corta gonna.
"Russell ma che cazzo fai?" strillo frenando.
"Non urlare! E non fermarti, vai avanti" mi intima iniziando a stuzzicarmi tra le gambe.
Io lo guardo con gli occhi sgranati e per tutta risposta mi da una strizzata piantandomi le dita nella carne che mio malgrado sta già iniziando ad inumidirsi.
"Cosa..."
"Vai dritta. Più avanti c'è una stradina sulla sinistra. Prendi quella" mi impartisce senza smettere di torturarmi con le dita.
Fatico a rimanere concentrata sulla strada e mentre seguo le sue indicazioni girando su una stradina semisterrata, mi chiedo cosa gli sia preso. È tuttavia un pensiero troppo fragile per poter prendere completamente forma nella mia mente, offuscata dalla frenetica eccitazione che mi sta salendo. Non capisco. Ma non mi importa.
"Cosa faccio adesso?" gli chiedo debolmente.
"Vai un po' avanti... Ecco fermati qua e spegni la macchina"
Mi rendo conto che ci troviamo dietro al cimitero, alla nostra sinistra c'è l'alto muro del campo campo santo, sulla destra più in basso c'è il fiume che divide la città dalla campagna. Mi sento quasi soffocare dai battiti del mio stesso cuore; sto per avere un orgasmo quando lui si ferma ed allontana la mano. Ansimo e lo guardo nella scura luce crepuscolare mentre slaccia le nostre cinture e si abbassa la cerniera dei pantaloni. Non serve che mi dica niente per farmi mettere in ginocchio sul sedile e per farmi abbassare verso le sue cosce.
"Brava...così" mormora mentre il suo cazzo sparisce nella mia bocca. Mi spinge la testa verso il basso e sento il mio stomaco fare una capriola, poi un'altra, poi un'altra ancora, finché con la mano avvolta nei miei capelli non mi fa sollevare la testa. Prendo respiro, cercando di pulirmi la bocca dal mare di densa saliva che mi impiastriccia perfino le guance. Ma non faccio quasi in tempo a farlo perché Russell mi bacia, togliendomi il fiato un'altra volta, senza mollare la presa dai miei capelli. Mi ha letteralmente in pugno. E mi guarda, con quei suoi occhi più neri della notte e infoiati come non mai.
"Abbassa il finestrino e scendi dalla macchina" dice scendendo e camminando dal mio lato.
Torno a sedermi sul sedile e sono talmente stordita che li abbasso entrambi fino alla fine, non capendo minimamente il perché della richiesta. Russell apre la mia portiera e mi trascina fuori, rinchiudendola subito dopo.
"Girati e abbassati le mutandine"
Con mani tremanti vado sotto la gonna e mi abbasso fino al ginocchio calze e mutandine. Sto tremando come una foglia; l'aria è fredda ma io sto bruciando dentro.
Mi piega quasi a novanta: "Appoggia le mani al bordo del finestrino e vedi di non staccarle da lì" continua ad ordinarmi con quel tono autoritario che mi fa vibrare il corpo intero.
Eseguo senza proferir parola, allargando istintivamente le gambe.
"Ma guarda" dice avvicinandosi talmente tanto che posso avvertire la sua durezza appoggiata alle mie natiche, coperte solo dal tessuto della gonna, "non serve nemmeno che te lo dica di aprire le gambe"
La sua guancia sfiora la mia: "Brava la mia troietta" mi sussurra all'orecchio. Lo voglio dentro di me adesso, non ce la faccio più. E lui lo sa, e si diverte a torturarmi in questo modo. Volto la testa nel tentativo di raggiungere le sue labbra. Si lascia baciare senza fermarmi ma nello stesso istante, prendendomi alla sprovvista, mi penetra con forza.
Sussulto stringendo il freddo metallo su cui poggiano le mie mani e lui sogghigna davanti alla mia espressione sbigottita e impotente.

Mi afferra i fianchi e inizia a muoversi lentamente, assaporando ogni mio mugolio e tremore. Sta aspettando. Sta aspettando che lo implori di andare più forte. Non vorrei dargli questa soddisfazione così in fretta ma mi sento addosso una tensione tremenda che deve essere soddisfatta.
"Più forte" mormoro.
"Dovrai impegnarti più di così se vuoi che ti faccia venire, Margaret"
Bastardo. Tremendo irresistibile bastardo.
"Per favore..."
"Cosa? Cosa vuoi?" il suo tono è canzonatorio.
"Voglio che mi scopi! Ti prego...!" il mio tono invece è vergognosamente disperato. E lui lo ama, ama umiliarmi in questo modo. Tanto quanto lo amo io.
Allunga il suo corpo sulla mia schiena, staccando una mano dal fianco e portandomela al collo, avvolgendolo stretto. Il suo volto è ancora terribilmente vicino al mio ma adesso la sua presa mi impedisce di muovere la testa: "Lo so che ti piace essere scopata, qua mezza nuda all'aperto come una cagna in calore"
Mi sta facendo impazzire. Non riesco nemmeno a replicare. Forse è perché la sua stretta sul collo si è fatta ancora più salda, o forse perché mi sta sbattendo furiosamente. Se non fossi appoggiata con le braccia, le gambe non mi reggerebbero.
Nel momento stesso in cui la scarica dell'orgasmo mi esplode dentro, Russell mi lascia il collo per tapparmi la bocca, facendomi soffocare le grida nella sua mano. L'altra mano me l'ha avvolta intorno la pancia per tenermi in piedi mentre le mie ginocchia si piegano, attraversate dalla folle scossa del piacere.

"Russell... Russ, mi devo sedere" mugugno quando mi lascia la bocca, "devo sedermi"
Non ci mette neanche tre secondi ad uscire dal mio corpo, a farmi spostare e ad aprire la portiera. Mi aiuta a sedermi sul sedile, incurante del fatto che potrei lasciarci una chiazza bagnata.
"Stai bene?" mi chiede un po' allarmato.
Nonostante questa brutalità animale che spesso lo assale mentre facciamo sesso, non la smette per un attimo di preoccuparsi per me. Nonostante possa stringermi il collo talmente tanto da farmi quasi svenire, non mi farebbe mai del male al di fuori del gioco. Ed è per questo che mi fido ciecamente di lui, che gli lascio fare tutto quello che gli passa in mente di farmi.
"Mi gira un po' la testa ma ora che sono seduta va meglio"
Stiamo ansimando entrambi come se avessimo corso per un chilometro. Ci guardiamo e ridiamo delle nostre stesse pietose condizioni, io scarmigliata, con il trucco colato e con calze e mutandine ancora all'altezza delle ginocchia, lui con la stropicciata camicia di fuori e i pantaloni bagnati di me.
Anche il suo cazzo è ancora di fuori e in tiro, e punta dritto verso la mia bocca. Si avvicina tenendoselo stretto nel pugno; io lo guardo dal basso, proprio come sta mattina, e attendo impaziente. I nostri occhi sono puntati l'uno sull'altra e mentre tiro fuori la lingua per invitarlo tra le mie labbra, sopprimendo un gemito, mi schizza in bocca assicurandosi di non farne uscire neanche una goccia.

Non parliamo durante il breve viaggio di ritorno a casa, non ci diciamo una parola. L'unico suono percepibile è quello dei nostri respiri affannati, finché non si acquieta anche quello.
All'improvviso mi sento stanchissima e vorrei soltanto ranicchiarmi a letto e rimanerci fino a domani. Infatti la prima cosa che faccio appena Russell apre la porta dell'appartamento, ancora prima di levarmi la giacca, è di lanciarmi sul divano.
"Sono morta" mormoro.
Il sesso con lui mi lascia così la maggior parte delle volte, senza energie e senza pensieri.
Si leva la giacca e viene a sedersi al mio fianco, affondando nello schienale: "Maggie io..." dice prendendomi la mano, "non so che cazzo mi sia preso"
Mi giro a guardarlo, sul volto ha una strana espressione. Non so sinceramente che dirgli. È stato intenso e parecchio all'improvviso in effetti, ma non è stata la prima volta che di punto in bianco ci siamo ritrovati a scopare all'aperto.
"Io... penso sia stato quel cimitero" continua distogliendo lo sguardo. Credo di iniziare a capire ma lo stesso non dico niente.
"Mi ha...mi ha messo addosso una sensazione strana. Come se doveva essere il mio ultimo giorno sulla Terra"
Oh Russell!
Appoggio la testa sulla sua spalla. Voglio che sappia, che senta, che sono qui. Con lui e per lui.
Non aggiunge altro ma non serve che lo faccia perché lo so. So che dentro di lui c'è un buco nero, un pozzo profondo come l'abisso che, a differenza delle cicatrici sul suo corpo, non si è mai richiuso. A volte succede che si scoperchi del tutto. E allora l'unico modo che ha per riemergere è attraverso il controllo su di me, sul mio corpo, sulle tremende sensazioni che riesce a farmi provare. Lo so perché anche dentro di me c'è qualcosa a cui non voglio pensare. Lo so perché l'unico modo che io ho di rinchiudere il mio pozzo, è quello di abbandonarmi completamente a lui, lasciarlo stringere, mordere, ferire la mia carne per curare la mia anima.

Lo so che non è normale. A volte ci penso e mi rendo conto che siamo due persone a dir poco incasinate, e che in quel casino ci siamo finiti solo per colpa nostra. Ma poi mi rifugio tra le braccia di Russell e il pensiero si dissolve e se ne ritorna nell'oscurità da cui è nato.
"Sono qui, Russ" mormoro stringendogli la mano.
"Lo so"

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