-IX-

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"Ma che cazzo... Dio fa che non ci veda!"
E invece Linda ci ha visti. E sta venendo da questa parte.
Siamo nel parcheggio davanti all'officina: ero sul punto di scendere quando Russell ha imprecato vedendo che Linda Johnson aveva appena parcheggiato poco distante da noi.
"Vedi perché odio parcheggiare qua?" mi dice stizzito, preparandosi mentalmente ad un'altra potenziale situazione bizzarra.
Linda è una delle due donne che lavorano al garage. È un bravo meccanico a detta di Russ, ma una scassapalle di prima categoria che chiacchiera troppo. È una donna sulla quarantina circa, vestita bene e truccata che a guardarla sembrerebbe più un'istruttrice di yoga che un meccanico.
Arriva dalla mia parte, si china e bussa sul mio finestrino: "Ciao Russell! Stai andando a pranzo?"
"Ciao Linda" Russ lo abbassa fino in fondo, "no, adesso devo iniziare il secondo turno" le risponde sporgendosi leggermente su di me per poterla vedere meglio, cercando di mantenere un tono più gentile possibile. Ma non accenna a scendere dalla macchina, dunque decido di rimanere ferma anch'io.
"Ciao, tu sei...?" si rivolge a me.
Deglutisco a fatica: "Salve, sono Margaret" le porgo cordialmente la mano.
La sua è fredda e ha una stretta che stritola: "Ah, sei la figlia di Russ!"
Ecco. Lo sapevo. Era alquanto prevedibile.
"Ehm...sì" di nuovo le guance mi vanno in fiamme.
"Vai al college vero?"
Smettila per l'amor di dio!
"Sì...sono al primo anno"
Mi sento come scansionata, i suoi occhi indagatori mi stanno trafiggendo il petto.
"Bene, bene" si rivolge poi a Russell, "hai una brava figlia. Spero che anche il mio si decida prima o poi a fare qualcosa della sua vita" ridacchia facendo la civetta.
Io giro la testa verso Russell sperando che intercetti la mia supplica a fare qualcosa per levarci di torno in fretta. Lui ricambia il mio sguardo così fugacemente che solo io l'ho notato.
"Scusa Linda" le dice sporgendosi ancora. Ma nel farlo mi appoggia una mano sulla coscia, molto molto vicina all'inguine. E stringe.
"Scusa ma devo accompagnare Margaret al college che tra dieci minuti ha una lezione"
Lei non si accorge assolutamente di quello che le sta succedendo davanti: "Oh certo certo! È stato un piacere, Margaret. Ci vediamo dopo, Russell" dice solamente.
"Certo. A dopo" la saluta.
"Arrivederci" mormoro io con un filo di voce. Probabilmente nemmeno l'ha sentito.
Con la mano sinistra, Russell schiaccia il bottone per sollevare il finestrino. L'altra mano è ancora ferma sulla mia coscia. Osserva Linda e aspetta che sia entrata dall'officina prima di rivolgersi a me: "Scommetto che ti sei bagnata, vero?" me lo dice con il tono di chi sta constatando il tempo fuori. Non è nemmeno una provocazione, lo sa e basta.
"Sì" ammetto semplicemente, non senza che una fitta di vergogna mi pugnali lo stomaco.
Mette in moto la macchina senza aggiungere una parola.

Non ha detto dove è diretto ma credo di saperlo comunque. L'ospedale è a due minuti da qui. O meglio, il suo enorme parcheggio multipiano.
Mi sento piuttosto scombussolata per quello che è successo, per il modo in cui quella conversazione mi ha fatto eccitare all'inverosimile. Avrei potuto rispondere di no a Russell, che non era vero. Avrei potuto fingere un certo disappunto, ma a che scopo? Non sarebbe servito a cancellare questa folle voglia di lui che mi è presa, né a diminuire il contrastante senso di angoscia che l'accompagna.
All'ultimo piano del parcheggio, dove arriva a malapena l'ascensore, non ci parcheggia quasi mai nessuno.
Russell si mette nell'angolo più remoto, semi-nascosto dalle colonne, che sembra stato creato apposta per un unico scopo.
Sono pietrificata; vorrei riuscire anche solo a sfiorargli la gamba ma una vocina nel mio cervello grida che è sbagliato e perverso e malato. Soltanto quando mi sento il collo pizzicato dalle guance di Russell, ripiombo di colpo nella realtà. E allora lo bacio con una foga disperata.
Ci leviamo i cappotti in fretta e furia quasi senza staccarci, lanciandoli sui sedili posteriori. Mi metto in ginocchio sul sedile; le mie mani lo toccano ovunque affamate, lo accarezzano, lo stringono insaziabili del suo corpo mentre lui mi bacia.
"Levati la maglia" mormora ansimando. Si avventa sul mio collo, su una spalla, mi sfila il reggiseno e mi succhia un capezzolo. Mi manca l'aria. Si slaccia la cintura e si abbassa i pantaloni, tirandoselo fuori già duro stretto nel pugno. Mi sbarazzo degli ultimi vestiti rimanendo completamente nuda se non per le calze che mi arrivano al ginocchio. Sto avvampando.
"Vieni qui" dice con sguardo allucinato, levandosi a sua volta il maglione. Mi siedo su di lui e rimango senza fiato quando mi entra tutto dentro. Mi bacia ancora, mi succhia e mi morde mentre si lascia scopare convulsamente, mentre il mio corpo si agita frenetico sul suo. Le mie dita affondano nel suo petto, stringono e graffiano la carne solcata dalle cicatrici. Anche lui stringe, la presa è salda sui miei glutei, mi spinge su e giù ancora più forte.
Ansimiamo e sbuffiamo come bestie che lottano chiuse in una gabbia troppo stretta, i corpi sudati e bollenti cozzano l'uno sull'altro.
"Sto per...!"
Mi afferra il volto e mi costringe a guardarlo dritto negli occhi quando un orgasmo assurdo mi sconquassa le viscere, e mi osserva compiaciuto mentre perdo il controllo, gemendo e tremando su di lui.

Mi sento il corpo come di pezza, non ho più forze. Russell mi accarezza la testa sulla sua spalla, le braccia avvolte intorno alla mia schiena.
"Stai bene?" sussurra dopo un po'.
I vetri sono tutti appannati e sembra quasi esserci la nebbia in macchina.
"Sì. Sono solo...stremata"
Ridacchia divertito dalla mia affermazione: "Ci credo, sei stata una belva"
Ora sono io a sorridere. Mi sollevo appoggiandogli le mani sulle spalle: "Una belva?"
Lui annuisce e mi attira verso la sua bocca. È un bacio lento ma ancora infiammato; senza staccarmi inizio a muovermi piano, quasi dolcemente.
"Sei tu quello che morde, guarda qua" gli dico accarezzandomi il seno destro. Poco sopra al capezzolo c'è il segno rosso dei suoi denti. Lui sogghigna famelico e ci appoggia le labbra. Mi aspetto un altro morso e invece mi dà un bacetto. E quando la sua espressione cambia quasi impercettibilmente capisco che è sul punto di venirmi dentro; lo guardo mentre aggrotta la fronte e chiude gli occhi abbandonandosi completamente all'orgasmo. Mi strizza il culo e mi tira in giù, ancora più aderente a sé, tanto che percepisco sul mio corpo i sussulti del suo.

"Cristo Santo, Maggie..." mormora passandosi una mano sulla fronte sudata, "prima o poi ci rimango secco così"
Rido come una sciocca bambina.

Living DangerousDove le storie prendono vita. Scoprilo ora