-XVI-

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Dei sussulti fortissimi mi scombussolano tutta.
"Maggie!!"
Sento la voce allarmata di Russell raggiungermi da lontano.
"Cosa ti succede?!" lo vedo attraverso i miei occhi opachi di lacrime ma non riesco a rispondergli. Tremo e piango. Anche respirare è difficile. Sto come annegando in me stessa, non riesco ad arrivare al timone e a prendere il controllo di questo vascello in balìa della tempesta che è diventato il mio corpo.
Russell mi prende il volto tra le mani: "Maggie ascolta! Devi fare dei respiri profondi, hai capito? Inspira lentamente"
Adesso la sua voce si è fatta calma e ferma e luminosa e, come un faro, riesce a perforare le nebbie nel mio cervello.
"Maggie guardami!"
I suoi occhi scuri piantati nei miei come fiocine: "Adesso respira lentamente... Ecco così, brava. Dentro..." l'aria si fa strada faticosamente nella mia trachea dolorante e mi invade i polmoni.
"....fuori" e poi esce tremolante dalla mia bocca.
"Ancora Maggie, fallo un'altra volta"
Russell respira con me, guidandomi in questo compito apparentemente banale ma che mi sta richiedendo uno sforzo immane.
Si alza per affermare dal tavolo il tubo di carta da cucina; ne stacca un foglio e me lo passa delicatamente sulla faccia. Con un altro mi asciuga le mani.
"Soffiati il naso" dice porgendomene un altro pezzo.
Sto ancora tremando ma almeno non ho più la sensazione di annegare. Lentamente riesco a fare arrivare l'aria ai polmoni. E con il naso un po' più libero riesco addirittura a inspirare a bocca chiusa.
"Ce la fai ad alzarti?" mi chiede levandomi i capelli da davanti agli occhi. Annuisco ma non ne sono troppo sicura.
"Vuoi andare sul divano?"
Annuisco un'altra volta. Perché non rispondo a parole? Dov'è finita la mia voce?
Si alza in piedi e poi mi aiuta a fare lo stesso; per un attimo la mia vista è completamente annebbiata dal repentino cambio di posizione e barcollo.
"Tutto bene? Ce la fai?"
"Sì" mormoro finalmente con un filo di voce.
Tenendomi un braccio intorno alla vita mi fa camminare fino al divano e mi fa sedere. Si accuccia davanti a me, a livello dei miei occhi e mi osserva per studiarmi, forse per cercare di capire che diavolo mi sia successo.
Sospira come se stesse chiamando a raccolta le sue forze: "È successo qualcosa in questi giorni?" mi chiede poi.
Il lieve tremito della sua voce è l'unica cosa che tradisce tutta l'angoscia che immagino stia provando in questo momento. Annuisco con gli occhi bassi, deglutendo a fatica, la mia gola è chiusa e dolorante. Non posso guardarlo, se incrociassi il suo sguardo sento che potrei impazzire.
"Mi vuoi dire cosa?"
Sì.
Da dove devo cominciare? Dalla prima volta che ho rivolto la parola a...? Da tutte le volte che me lo sono trovato davanti, da tutte le volte che mi ha importunato? Da quel giorno al diner?
"Ascolta, Maggie. Adesso vado in cucina e preparo del tè caldo. Quando torno mi devi dire cosa è successo" ha quel tono, quello di chi non ammette discussioni, "hai capito?"
Sì.
Si solleva e mi bacia la testa prima di lasciarmi sola.

La tv è ancora accesa da prima; le lancio uno sguardo vuoto per poi spegnerla. Silenzio. Mi rannicchio sul bracciolo e mi avvolgo nella coperta, tirandomela fin sopra la testa. Buio. Voglio dirlo a Russell, voglio dirgli tutto ma è come se il mio cervello non volesse collaborare mettendo in ordine fatti e parole. Perché?! Di cosa ho paura?
Un'idea si fa strada in me, un'idea così straziante che vorrei letteralmente strapparmela dalla mente e farla a pezzi.
Ho paura che mi abbandoni.
Mi rendo conto all'istante che si tratta di un'idea irrazionalmente folle e senza senso ma ha comunque preso forma e si è annidata prepotentemente tra i miei pensieri. So che non può essere vero eppure lo temo con tutto il mio essere, un po' come quando si cammina nel buio di casa propria e si ha la sensazione che qualcosa potrebbe saltare fuori dalle tenebre. È assurdo, impossibile, ridicolo, eppure realmente terrificante.

"Maggie"
Sobbalzo quando la voce di Russell mi strappa dal flusso vorticoso dei miei incubi ad occhi aperti.
Non voglio uscire dal mio bozzolo di confortante oscurità e calore quindi allungo la mano al di fuori per farmi passare la tazza ma prima che possa dire qualcosa, prima che possa anche solo fare un gesto, sento le dita infilarsi nel manico.
Mi sento sorridere leggermente per quel gesto apparentemente così banale e insignificante; è come se Russell avesse intercettato i miei pensieri.
Ritiro la mano all'interno del mio rifugio e bevo un lungo bollente sorso. Mi brucia e allo stesso tempo lenisce un poco i  mali della mia anima.
"Sei pronta per dirmi la verità?"
Nella penombra del mio angusto nascondiglio guardo il vapore sollevarsi dalla tazza, lo sento mentre si attacca al mio viso e me lo inumidisce.
"Io..." mi sembra di non aver spiaccicato una parola da mesi, la mia voce è roca e debole.
Mi schiariscono la gola prima di cominciare davvero: "Sono... uscita con questo ragazzo venerdì sera. Era da parecchio tempo che insisteva nonostante gli avessi detto di non essere libera. Come amici, ha detto. Allora ho accettato anche per farlo smettere di assillarmi. Siamo andati al bowling e tutto era tranquillo e normale finché..." mi blocco, la mia mente si rifiuta di proseguire e tenta di spegnersi.
"Finché?! Cosa è successo Maggie...?" non lo posso vedere ma la sua voce è spezzata e furente e tremendamente dolorosa, "ti ha forse...?"
"NO!" lo interrompo prima che possa finire la frase, non voglio che nella sua testa venga concepito del tutto quel pensiero.
Lentamente abbasso la coperta e lascio che la mia testa venga fuori. Ho paura di guardarlo ma lo faccio lo stesso e quando poso lo sguardo su di lui, Russell ha il volto inespressivo come una maschera di pietra, i suoi occhi scuri fissi su di me.
"No, non mi ha...violentata. Ci ha provato, ma non ci è riuscito. Un inserviente mi ha salvata in tempo"
Non so che altro aggiungere; vorrei rassicurarlo un milione di volte, dirgli che in fondo non è successo ma ho esaurito le parole. Ho detto quello che dovevo dire e ora, laddove c'era un macigno, non c'è più niente.
Lui mi sta fissando con uno sguardo indecifrabile, perso a miglia e miglia di distanza. Un'impercettibile vibrazione gli attraversa il volto: "Io non..."
Credo sia la prima volta che lo vedo talmente sconvolto da rimanere senza parole. Nessuna di tutte le cose orribili che ha passato, l'incidente, il coma, l'allontanamento di suo figlio, niente l'ha mai lasciato così.
Appoggio la mia tazza sul tavolino, la sua è ancora lì ferma. Allungo una mano e vado a stringere la sua, calda e immobile. Quel contatto mi dà la forza per parlare: "Russell, sto bene. Adesso sto bene" mormoro.
Corruga la fronte, i suoi occhi si increspano: "Mi dispiace Maggie. Mi dispiace così tanto" dice in un soffio.
Quando le lacrime iniziano a rigargli le guance, non posso che gettargli le braccia al collo e stringerlo e lasciarmi stringere in un abbraccio liberatorio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 16, 2023 ⏰

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