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L'aula è semivuota, io sono seduta nell'ultima fila. Sono pure entrata in ritardo. I miei occhi sono puntati verso la cattedra ma non sto veramente guardando né ascoltando la lezione. Non so nemmeno di che cosa stia parlando il professore o che cosa abbia appena detto la ragazza seduta a qualche sedia di distanza da me dopo aver preso la parola. Sarei volentieri rimasta in camera ma quando sono uscita dalla doccia Jolene era seduta alla scrivania. Col cavolo!
Sono tutta indolenzita e mi sento di essere dentro una bolla, anzi dentro ad uno di quei globi di vetro con la neve che turbina ad ogni scossa: tutto è immobile, solo la neve si muove. Io sono immobile ma nella mia testa si agitano impazziti troppi pensieri. E troppe emozioni spiazzanti. Non riesco neanche a pensare a quello che è successo e a come è successo, senza provare un brivido in tutto il corpo, un'inquietudine, un'agitazione, un misto di disgusto e desiderio. Ma la dissennata eccitazione che mi aveva accecato ora ha lasciato il posto solo ad uno strisciante senso di vergogna che mi stringe lo stomaco e mi tormenta. Non capisco perché l'idea di essere scambiata per la figlia di Russell scateni in me tutto ciò. Non capisco, non accetto. All'improvviso mi ricordo che non si tratta nemmeno della prima volta, che era già capitato qualche anno fa, ancora all'inizio di questo folle viaggio. E in un istante divento consapevole del fatto che non abbiamo mai discusso veramente della nostra relazione, è successa e basta, all'improvviso come una tempesta in alto mare. Non ci siamo mai fermati un attimo, per così dire. Poi quella notte è accaduto ciò che è accaduto... Mi chiedo dove saremmo oggi se Russell non avesse rischiato di morire, mi chiedo se avremmo mai smesso o se ci avrebbero scoperti. E cosa sarebbe successo a quel punto? Forse le cose sarebbero potute andare anche peggio di così.
Ora più che mai mi rendo conto di come la nostra relazione sia paradossale e di come le nostre vite abbiano deviato dal loro corso naturale. Ora siamo qui, noi due soli, non stiamo più correndo, siamo fermi. E queste sensazioni che mi sono piombate addosso come macigni dal cielo mi hanno sconvolto. Hanno sconvolto il fragilissimo equilibrio su cui, stupidamente, non mi ero resa conto poggiassero le nostre vite in bilico.
Le lacrime iniziano ad offuscarmi la vista. Non so a che punto siamo della lezione e non mi interessa, raccolgo le mie cose ed esco dall'aula facendo un gran baccano. L'aria fredda del tardo pomeriggio mi colpisce il viso bagnato; sono quasi le cinque, Russell dovrebbe finire tra poco a lavoro, prima del tramonto dovrebbe essere a casa. Con le mani che tremano gli scrivo di aspettarmi, che avrei guidato io se si fosse fatto troppo buio. Mi sto incamminando verso l'officina quando il telefono suona.
"Russ?!" rispondo senza nemmeno guardare il nome.
"Ehi Maggie, sono io" riconosco la voce di Alex ma è come se non avesse alcun senso.
"Oh..."
"Tutto bene?"
Ha già capito subito che qualcosa non quadra.
"Sì ehm... Sì tutto bene è che stavo aspettando che Russell mi chiamasse" la butto lì cercando di suonare il più normale possibile.
"È successo qualcosa?" mi chiede allarmato.
"No no non preoccuparti, non è niente... Cosa volevi dirmi?"
Non credo si sia rassicurato ma mi risponde comunque: "Volevo sapere se sta sera ti va di fare qualcosa con me e gli altri"
"Ah... Mi piacerebbe ma stasera sono a cena da Russ" non posso proprio uscire con loro, non sta sera.
"Ma..." sbuffa "sei appena tornata al campus Maggie"
Mi viene da vomitare, non voglio dover parlare con nessuno, tanto che fatico a rispondergli: "Senti... Venerdì parte per andare da suo figlio ok? Volevo dirtelo domani, anzi ne parliamo domani per favore" dico stizzita.
"Oh... Ok va bene, ci sentiamo domani allora" sembra davvero rammaricato.
Mi dispiace averlo trattato così: "Grazie Alex" il mio tono si è addolcito, "ci sentiamo" riattacco prima che possa percepire il nodo che mi stringe gola.

Sono quasi arrivata quando mi arriva il messaggio di Russell: mi sta aspettando nel parcheggio. Mi ritrovo a correre per coprire in fretta quei duecento metri scarsi che mi separano da lui. Sto per svoltare l'angolo quando mi fermo per prendere fiato e darmi una sistemata. Se ci fosse qualcuno con lui sarebbe difficile spiegare il perché dell'affanno e del mascara colato.
Non sono sicura di essermi totalmente ripulita, non ho uno specchio con me ma non posso più aspettare. Per fortuna non c'è nessuno con lui, anche perché non avendo i problemi di vista che ha Russ, gli altri di norma escono più tardi. È appoggiato al fianco della macchina.
"Ehi" gli dico avvicinandomi col cuore in gola.
"Ehi" mi risponde sorridendo, "tutto bene?"
"No... Sì... Sali, guido io"
"Maggie, che c'è?" dice una volta che siamo in macchina.
"Niente. Arriviamo a casa prima, ti prego"
Lo supplico mentalmente di non insistere perché non credo che sarei in grado di guidare se iniziassi a parlare ora. Mi lancia un'occhiata strana ma non dice più niente, appoggiandosi semplicemente al sedile. Con la coda dell'occhio però vedo che sta stringendo i pugni appoggiati sulle ginocchia.

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