-VI-

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"Pensavo avessi mollato il college da quanto non ti ho visto in questi giorni"
Che bello essere tornata al campus. Jolene, la mia compagna di stanza, è simpatica come sempre. Non siamo amiche, siamo semplicemente state destinate da un computer a condividere la camera. Lei è un'altra delle ragioni per cui preferirei stare da Russ.
"Ciao Jolene" la saluto ignorando la sua provocazione.
Non sa di Russell, non so dove creda che io vada ma sicuramente non sa di lui. A dire la verità nessuno lo sa, a parte Alex e i ragazzi al lavoro. Non ho formato poi questi grandi legami e anche con quelle poche persone con cui sono in buoni rapporti, non ho comunque chissà che relazioni profonde.
Guardo l'orologio appeso alla parete mentre butto la borsa sul mio letto spoglio. Sono le nove e trenta e tra mezz'ora comincia la prima lezione della settimana.
"Allora" dice alzandosi dalla scrivania, "ci vediamo. Forse"
E se ne va senza tanti complimenti.
"Bah"
Inizio a tirare fuori delle lenzuola pulite dall'ultimo cassettone sotto l'armadio, anch'esso in condivisione.
In dieci minuti ho sistemato tutto, il letto e i miei quattro stracci nella mia metà di guardaroba. La parte di stanza di Jolene è tappezzata di foto e poster e la scrivania è ricoperta di libri e oggetti vari. È viva e parla di lei. La mia parte è invece spoglia e anonima, perfino le lenzuola non sono colorate. Sembra la stanza di un monaco eremita. L'unica cosa che stona con il tutto, l'unico tocco personale, è un elefantino rosa di peluche che mi ha regalato Russell qualche tempo fa. Lo accarezzo sentendomi un po' stupida, prima di infilarlo sotto le coperte. Non mi va che Jolene lo veda, preferisco che pensi di avere a che fare con una noiosa e grigia suora di clausura.

Appena arrivo in classe e mi avvicino salutandolo, Alex mi dice qualcosa che non sento ma che capisco essere importante dal suo fermento.
"Che?" mi siedo vicino a lui. Manca qualche minuto all'inizio della lezione, nell'aula tutti parlano e c'è una gran confusione.
"Phelps ti sta ancora cercando" ripete a voce più alta ma cercando di non farsi sentire da qualcun altro.
Sospiro spazientita: "Sta diventando insopportabile"
Jacob Phelps. È da quando ho iniziato il college che tenta di uscire con me, solo perché è successo che gli chiedessi delle indicazioni sulla disposizione del campus uno dei primi giorni. Poteva capitare chiunque altro e invece mi è capitato lui. Che fortuna.
"Se gli presentassi Russell, la smetterebbe all'istante di assillarti" mi dice sogghignando.
Per quanto mi piacerebbe levarmi Phelps di torno, per quanto adorerei vederlo mentre se la fa sotto davanti all'uomo che lui è convinto essere immaginario, non voglio dire nulla a Russell. Non voglio farlo impensierire per niente, né voglio che la gente lo sappia troppo di lui.
"Sii sincera, Maggie. Ti vergogni di Russell?"
"Cosa? No! Come puoi pensare a una cosa simile?!"
Certe volte Alex è difficile da sopportare, soprattutto quando se ne esce con queste cazzate da psicoanalisi spicciola.
Ma il suo sguardo fastidiosamente aguzzo mi esorta a continuare controvoglia: "Non mi vergogni di lui o della nostra relazione... È che si tratta di una storia complicata. Che si attira facilmente i giudizi stronzi della gente stronza. Tu puoi capire. Molti...anzi la maggior parte della gente, no. E non ho nessuna voglia di spiegare o di giustificarmi con qualcuno"
Stupido Alex. Come se non fosse una giornata già iniziata male.
"Scusa Maggie. Non volevo farti incazzare" mormora avvilito.
E ora mi fa pure sentire in colpa: "Ma no. Lascia perdere. È che odio il lunedì"
E odio pure questo posto di merda.

La mattinata scorre lenta e noiosa. Prima di pranzo decido di svignarmela per minimizzare le possibilità di incrociare Phelps. Tanto tra un'ora sarei dovuta andare via lo stesso per il mio turno al diner.
Quando arrivo, il locale è pieno come ogni giorno a quest'ora anche se gli unici a mangiare qualcosa di diverso dai sandwich sono solamente due categorie di avventori: quelli di passaggio che non conoscono la fama del locale, e quelli abituali a cui non importa. Questi sono immediatamente riconoscibili, almeno per chi vive in città: personaggi un po' bizzarri, dall'aspetto particolare, come Hank, con il suo cappello da cowboy e gli enormi baffi bianchi, o come Betty Jo e i suoi lunghissimi, unti capelli grigi e i suoi vestiti sempre e solo di colore rosa o fucsia. Noi li chiamiamo i diurni e per lo più si tratta gente innocua che si siede sempre allo stesso posto, sempre alla stessa ora, ordinando sempre le stesse cose. È al turno di sera che dai loro antri bui escono i notturni, quelli che possono dare qualche problema. Quelli che guarda caso sembrano essere quasi tutti amici intimi di Tony.
Saluto velocemente Charlie e Andrea e mi dirigo sulla stanza nel retro per mettermi la divisa.
"Che ci fai qua Maggie?" mi chiede la ragazza mentre riempie un boccale di birra alla spina.
"Mi mancava troppo questo cesso e ho deciso di venire un'ora prima"
Lei sghignazza e scuote la testa.
Charlie sta prendendo una pila di bicchieri dal secchiaio per portarli in cucina e lavarli: "Tony non c'è e non crederà mai che sei venuta prima. Non sperare negli straordinari"
Se ne va prima che possa replicare. Meglio così.
Ma Andrea non ne vuole sapere di farsi gli affari suoi: "Dai sputa"
Vorrei dirle che non mi va di parlarne, invece sbuffando le dico la verità. Che sono qua per cercare di evitare Jacob Phelps: "E no, non lo dirò a Russell" la anticipo prima che possa aggiungere altro. Sono sicura che avesse già preso il fiato per replicare nello stesso modo in cui ha replicato Alex.
"Posso sapere almeno il perché?" mi chiede in un soffio.
Certo, qui al lavoro sono a conoscenza di un pezzo della mia vita ma ho sempre la sensazione che meno ne sanno e meglio è. Tuttavia le rispondo: "Non voglio che si preoccupi per niente, ha già abbastanza grane a cui pensare"

È dall'istante in cui ho aperto gli occhi stamattina che cerco di non pensarci, ma a quanto pare oggi la missione di tutti è quella di costringermi a pensarci lo stesso, con tutto questo loro nominare Russell; non voglio pensare al fatto che questo fine settimana andrà a trovare Ben. Ieri è stato al telefono per un'ora con Annalise, per riuscire a convincerla della cosa visto che non è potuto esserci per il Ringraziamento e che non avrebbe aspettato un altro mese fino a Natale per poter rivedere suo figlio. Non sono preoccupata tanto per il fatto che starà via per un paio di giorni, quanto piuttosto per il pessimo umore con cui torna sempre da questi viaggi. A causa di Annalise ovviamente. E ogni volta non posso fare a meno di pensare che tutto questo sia colpa mia.

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