Capitolo 11

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*Ci tengo a fare un appunto: in questa storia, Sam non è autistico. Ho preferito evitare di trattare un argomento così delicato che non sarei in grado di rappresentare al meglio*

Casey

Il turno di lavoro nel primo pomeriggio è quello che più odio. C'è un mortorio spaventoso e quei pochi clienti che entrano, sono semplicemente di passaggio. Non so come ammazzare il tempo e chiacchierare con il mio collega, è un'opzione che nemmeno considero. Christopher è il classico saputello, un leccapiedi insopportabile; il suo solo modo di parlare ed esprimersi, mi rende nervosa. Sono allergica alle persone come lui.

Oggi finalmente tornerai a Berkeley. Non vedo l'ora di tornare a casa e rivederti; non avrei mai pensato che starti lontana per pochi giorni potesse essere così difficile. La tua assenza mi è pesata più di quella di Sharice, ma probabilmente questa cosa me la terrò per me.
La mia famiglia invece è ripartita questa mattina. Nonostante mi costi ammetterlo, mi ha fatto piacere passare del tempo con loro. Il giorno seguente al Natale, siamo usciti a cena ed Evan si è unito a noi. Papà si è comportato meglio di quanto pensassi, Elsa ovviamente ha sfoggiato il peggio di sé e Sam mi è sembrato stranamente a suo agio. Mio fratello è un ragazzo complicato, molto diretto e poco sensibile. Odia il genere umano più di quanto lo odi io; il più delle volte, preferisce emarginarsi, ma con Evan è riuscito ad integrarsi e sembra essersi trovato sufficientemente bene. Al contrario, io mi sono sentita più di una volta in una posizione scomoda. Sto attraversando la cosiddetta "pausa di riflessione" ma in maniera alternativa. È una pausa personale, Evan ne è all'oscuro. Mi sono concessa un time out emotivo nel tentativo di superare questa mia fase confusionale. Ho bisogno di capire e far chiarezza sui miei sentimenti verso di lui.

Alzo leggermente il volume della musica mentre per l'ennesima volta mi ritrovo a lucidare il bancone, già ben pulito. Un accanimento volto alla distruzione di tutti i germi patogeni presenti in questo posto.

«Caseeeeyyy!»

Riconosco immediatamente quella tenera vocina. Mi sporgo verso il bancone e vedo il piccolo Jackson, poco più dietro ci sei tu. Ti avvicini a lui, posando le mani sulla sua testa e mi guardi con uno sorriso ultra contagioso.

«Jake, Izzie!» esclamo, incerta su cosa fare. Vorrei correre ad abbracciarvi, ma non mi è permesso farlo, specialmente durante il turno condiviso con Christopher. «Siete più belli di quanto ricordassi» commento, posando i miei gomiti sul bancone.

«Sei troppo cool con il cappello di Natale» risponde Jackson, facendoci ridere entrambe.

«Ti piace? Io lo detesto.»

Lui annuisce timidamente, poggiandosi alla tua pancia.

«Giuro che non avrei voluto disturbarti durante il lavoro» parli. «Volevamo aspettarti fuori, ma Jack ha insistito per vederti subito» mi spieghi, guardandoti intorno.

«Avete fatto benissimo, mi stavo annoiando» confesso, a bassa voce. «Mezz'ora e stacco, mi aspettate?»

«Certo. Che ne dici Jack, andiamo al parco ed aspettiamo Casey?» sposti lo sguardo verso di lui.

«Siiiii!» grida lui, mentre tu cerchi di azzittirlo, invitandolo a non alzare troppo la voce.

«È bello rivederti» tossisco. «Rivedervi» rettifico.

«Non aspettavo altro» dici, avvicinandoti al bancone; le tue dita sfiorano le mie e questo contatto, seppur appena accennato, riesce a dare colore a questa giornata grigia e triste. «Ci vediamo fuori.»

Saluti Christopher ed esci dal bar insieme a Jackson. Vi seguo con lo sguardo finché le vetrate del locale me lo consentono. È bastato così poco per far si che questa noiosissima giornata, prendesse una piega migliore.

Il rumore di uno sguardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora