Capitolo 12. L'alternativa di Hermione

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La sera prima

Ore 21.37

Sottili volute di fumo salivano lentamente verso l’alto soffitto di pietra, cosicché la stanza sembrava immersa in una fitta nebbia rossastra, luccicante a causa della luce intermittente e scostante lanciata dalle fiamme del camino.

Draco, il viso imperlato di sudore e la fronte arata da una profonda ruga di concentrazione, versò una goccia di una sostanza verde acido nel calderone che aveva di fronte. La pozione sfrigolò e sprigionò una nuvola di fumo, poi, dopo aver assunto una sfumatura violacea, si immobilizzò, come se la sua superficie fosse stata congelata in un istante eterno e fisso. Nonostante il fuoco continuasse a scaldare il calderone, l’intruglio all’interno era immobile: non una bolla, non un filo di fumo o un’increspatura ne smuovevano la superficie.

Il giovane la lasciò sobbollire sino a quando il liquido non si schiarì, dopodichè la imbottigliò. Se la portò davanti agli occhi, e si rigirò tra le dita sottili e bianchissime la piccola e sottile ampolla, osservando i riflessi iridescenti della pozione.

Nonostante sapesse di aver preparato una pozione perfetta, nessun sorriso di soddisfazione arcuò le labbra del ragazzo, nessuna smorfia di trionfo ne corrugò il viso pallido e sudato. Al contrario, sul volto di Draco comparve un’espressione sinceramente preoccupata.

Mentre riponeva in una tasca del mantello la pozione appena preparata, e si apprestava ad eliminare ogni traccia del suo passaggio, ripulendo con cura gli scaffali, il banco su cui aveva lavorato e il calderone, e riponendo gli ingredienti nella credenza, il Serpeverde si lasciò sfuggire un sospiro che somigliava più a un gemito.

Draco conosceva quella spiacevole sensazione di ansia e disagio che gli aveva artigliato lo stomaco con implacabile violenza, e che ora gli stava stritolando le viscere e il cuore, sgretolando ogni altro sentimento che non fosse l’angoscia o la rabbia. L’aveva provata due anni prima, quando il Signore Oscuro gli aveva affidato una missione che gli era costata la salute, e che alla fine, comunque, non era stato in grado di portare a termine. Allora, però, c’era chi gli guardava le spalle, c’era chi lo proteggeva, e anche se la posta in gioco era molto più alta, lui si sentiva, se possibile, molto più teso in quel momento che non due anni prima.

Draco emise un secondo lamento, mentre si massaggiava gli occhi con le dita, cercando di scacciare quel sottile e pulsante dolore che gli stava trapanando le tempie. In quel momento, non era capace di pensare lucidamente: ogni ragionamento veniva risucchiato dal pensiero, schiacciante e opprimente, dell’imminente matrimonio che lo aspettava l’indomani mattina, prigione eterna e inevitabile. Vedeva una sola via d’uscita, una strada breve e che conduceva direttamente ad Azkaban, o ad una vita da esule, ma che in quel momento gli sembrava l’unica possibile, e in ogni caso quella più desiderabile. Avrebbe dovuto fare i conti con gli effetti collaterali della sua azione – la reazione di Hermione, il dolore e la rabbia dei Greengrass, l’accusa del Ministero – ma non poteva fare a meno di condurre i propri passi verso la Sala Comune in cui avrebbe trovato la sua vittima.

Odiava Astoria Greengrass.

Non se n’era mai reso conto in modo così vivido e violento, prima di quel momento.

Odiava Astoria Greengrass e voleva vederla morta. Mai, come in quel preciso istante, aveva desiderato così fortemente qualcosa; mai, aveva provato un sentimento tanto forte e annichilente, nemmeno per Potter stesso. Quella donna si era insinuata con prepotenza nella sua vita, aveva ottenuto con l’inganno e con le stesse, meschine e striscianti pretese di cui lui, da bambino, aveva fatto uso con suo padre, un contratto di matrimonio che lui non aveva nessuna intenzione di onorare. Era stata in grado di distruggere l’unica fonte di felicità mai avuta in tutta la sua vita, di annientare quella flebile luce che gli aveva illuminato la vita. Se prima era solo una fastidiosa mosca, adesso Astoria Greengrass era un ostacolo. Da Serpeverde, Draco avrebbe dovuta aggirarlo, piuttosto che superarlo. Ci aveva provato, all’inizio, ma quando era stato chiaro che non avrebbe più potuto evitarlo tanto a lungo, aveva deciso di eliminarlo.

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