Capitolo 10. L'avvertimento di Daphne

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Le voci della rottura tra Hermione e Draco avevano cominciato a girare velocemente, e in modo del tutto inaspettato. Dapprima erano stati solo timidi sussurri, bisbigli mormorati di nascosto nell'orecchio del compagno di dormitorio; poi erano diventate urla di corridoio che sorprendevano entrambi nei momenti più inattesi. A volte, spesso, risatine soddisfatte e occhiate consapevoli li seguivano con segreta crudeltà e compiacimento. La Grifondoro era certa che ci fosse di mezzo lo zampino della Parkinson; Draco, invece, più incline alla vendetta e all'impulsività, non pensò nemmeno: si limitò a Schiantare e lanciare Fatture su chiunque osasse ricordargli la fonte del suo dolore.

Sebbene gli ultimi avvenimenti avessero alleggerito il peso che si era depositato sul suo petto dal giorno di Natale, Draco non poteva ancora dirsi sereno. Sapeva - lo vedeva negli occhi di Hermione, ogni giorno - che aveva un problema da risolvere, ed era una questione non di poco conto, perché sembrava che Astoria avesse fatto davvero le cose per bene.

Per di più, dopo quella sera, Hermione aveva accuratamente evitato ogni contatto con lui. La sua maledetta razionalità le imponeva un controllo che in lui era definitivamente deragliato, perché la lontananza da lei, aveva scoperto, lo destabilizzava al punto da portarlo a compiere pazzie che andavano contro i suoi principi e il suo orgoglio. Ma lei non aveva mai mostrato segni di cedimento, nonostante le insinuazioni e i tentativi del ragazzo. Così, l'unico contatto che per il momento poteva permettersi, era quello visivo. Per mille volte Draco aveva cercato gli occhi di lei, e per mille volte lei aveva trovato i suoi. Era una specie di triste danza, segreta e impotente. Entrambi si volevano e si cercavano inconsapevolmente, ma nessuno dei due osava fare un passo in più, perciò rimanevano in bilico sul filo dei loro desideri più brucianti. Quello sguardo, poi, lo annientava, e per tutto il giorno lui non riusciva a pensare ad altro. Quegli occhi d'ambra lucida erano capaci di inchiodargli l'anima: non poteva in alcun modo difendersi, né impedirle di dilaniargli il cuore - Hai il cuore di pietra; No, ho il cuore di marmo, ed era vero, lui aveva il cuore di marmo, e lei lo scolpiva ogni giorno con il suo sguardo. Perdeva il controllo ogni volta che lei lo guardava, con quella semplicità disarmante, con quella bellezza disumana e dolorosa, perché dentro i suoi occhi leggeva quell'intricata matassa di dolcezza, desiderio, bramosia e sofferenza che avvolgeva e confondeva anche lui, e questo lo rendeva sempre più pazzo di lei, e sempre meno immune al potere dei suoi occhi.

Solo pochi mesi prima, il Serpeverde non avrebbe mai potuto immaginare di poter provare una cosa del genere; soprattutto, non verso Hermione Granger. Quella ragazza aveva preso la sua dignità, schiacciato il suo nome, macchiato il suo sangue, abbattuto mura che sarebbero dovuto rimanere erette, a proteggerlo, a difendere certi pezzi di anima che nessuno avrebbe mai dovuto conoscere. Draco pensava di poter difendere il suo cuore, ultimo baluardo di un'esistenza ormai spezzata e annullata dalla prepotenza con cui lei si era imposta nella sua vita, ma non aveva preso in considerazione quelle mani piccole e morbide, quelle gambe lisce e calde, i suoi occhi ammaliatori, la sua risata cristallina. Alla fine, Draco aveva dovuto cedere, e le aveva dato tutto se stesso, senza nemmeno rendersene conto.

Se ne accorgeva solo in quel momento, ora che non poteva più concedersi a lei, ora che si trovava a confrontarsi con un se stesso che era in eccesso: lei era capace di limare tratti del suo carattere insopportabili persino per lui, figuriamoci per gli altri; arrotondava gli spigoli della sua arroganza e ammorbidiva i contorni del suo orgoglio, rendendo la sua figura più armoniosa e amabile. Lei lo rendeva migliore: più Draco, meno Malfoy.

«Ti sei imbambolato» La voce di Theodore, leggera e indifferente, con quella punta di velato sarcasmo che non mancava mai, lo riscosse dai suoi pensieri. Draco si rese conto di essersi fermato in mezzo al corridoio, lo sguardo fisso nel punto in cui lei era scomparsa molti minuti prima.

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