Capitolo 1. Lettere misteriose

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Con l’avvicinarsi delle vacanze di Natale, ad Hogwarts giunse anche una strana quiete.

La McGranitt era miracolosamente riuscita a calmarsi, e aveva quasi dimenticato il piccolo incidente di Halloween: aveva smesso di urlare a qualunque studente incontrasse nei corridoi, a lezione era meno isterica degli ultimi giorni, stava cominciando a pensare di ripristinare i rispettivi ruoli dei Capiscuola, e non aveva più sorpreso i suoi alunni con compiti in classe inaspettati e puntualmente falliti da tutti gli studenti eccetto una.

Ginny Weasley era riuscita a non parlare della sua ammissione nella squadra delle Holyhead Harpies per due ore consecutive; Neville e Hannah avevano raggiunto un pacifico accordo, e ora osavano persino girare nei corridoi tenendosi per mano; Harry e Ron avevano lasciato Hogwarts, l’uno con malinconia, l’altro con rancore, e, cosa ancora più strana, Astoria Greengrass aveva smesso di provare a Schiantare Hermione Granger ogni volta che quest’ultima le dava le spalle – cosa che, fino a quel momento, le era riuscita solo una volta, ed aveva avuto conseguenze brutali per gran parte delle ragazze Serpeverde del suo anno. Il motivo di questa strana tregua era tanto nebuloso quanto ambiguo. Ginny si diceva sospettosa di questo comportamento, ed era certa che “quell’arpia dal cervello di gallina” stesse tramando qualcosa. Hermione, invece, non ne era tanto sicura: lo sguardo di Astoria sembrava malvagio, ma trionfante. Forse, le era bastato Schiantarla una volta.

Come sua sorella, anche Daphne Greengrass aveva abbassato la cresta. Il suo obiettivo principale, Theodore Nott, era finito in Infermeria almeno una decina di volte da quando lei aveva scoperto la sua relazione con Astoria; ultimamente, però, la Serpeverde aveva smesso di prenderlo di mira. Gran parte della scuola pensava che Daphne avesse desistito perché l’ultima Fattura che lei gli aveva lanciato lo aveva costretto in Infermeria fino a quel momento; Hermione sospettava l’intervento della McGranitt ma Draco, che evidentemente sapeva qualcosa di cui lei era all’oscuro, era di tutt’altra opinione.

Dal canto suo, Theodore ne aveva avuto abbastanza delle sorelle Greengrass, ed era sicuro di non volere avere più niente a che fare in special modo con la maggiore. Lei, però, non era della stessa opinione, a quanto pareva.

Il primo di dicembre aveva ricominciato a nevicare, dopo quasi un mese di tregua. La neve che ricopriva il parco non si era sciolta, a causa della rigida temperatura, ma l’assenza del sovrapporsi di altri fiocchi immacolati l’aveva resa fangosa e grigia; all’inizio del mese, invece, un nuovo candore aveva illuminato i giardini di Hogwarts. La neve che si era posata sui grandi rami degli alberi, rendendoli pesanti e scricchiolanti, era stata una scusa valida – per Daphne – ma non sufficiente – per la McGranitt, convinta che quello che la sua alunna chiamava incidente, non poteva esattamente definirsi tale, perché quando mai la neve cade dagli alberi, ma anziché depositarsi a terra viaggia in lungo e largo e finisce per seppellire un ragazzo che si trova dentro la scuola, imprigionandolo in una prigione di ghiaccio?

Così, Daphne era finita in punizione, e, cosa ancora peggiore, era stata costretta a scusarsi con Nott. La ragazza non poteva immaginare umiliazione peggiore, ma era per questo motivo che, ad una settimana dall’inizio del mese, la più grande delle Greengrass aveva varcato con espressione funerea la soglia dell’Infermeria, marciando con il naso all’insù e l’alterigia tipica della sua specie – del suo sangue – verso il letto del suo compagno di Casa, costretto  in quel luogo da sette giorni a causa di una febbre che, stranamente, non accennava a diminuire.

«La McGranitt mi ha obbligata a scusarmi» esordì con tono pragmatico e freddo, senza nemmeno guardarlo negli occhi. Theodore la squadrò con sospetto, dimostrando con una smorfia quanto anche lui fosse felice di vederla.

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