Capitolo 20. Hermione

618 32 4
                                    


«È  facile innamorarsi di qualcuno la prima volta.

Ma prova a farlo una seconda,

dopo i dolori e lividi sul cuore.

Forse l’amore inizia proprio lì:

quando, nonostante il dolore, rischi ancora»

Fu una tempesta violenta e improvvisa quella che riportò Draco al mondo. La nebbia che gli aveva avvolto la mente si diradò nello stesso istante in cui il corpo di Hermione, con un tonfo delicato, toccò l’erba morbida del parco di Hogwarts. Agli occhi di tutti apparve come una mela matura che decide di staccarsi dal suo ramo; al Serpeverde che aveva pronunciato l’incantesimo letale, però, l’arrendevolezza con cui i suoi occhi si chiusero, quello sciogliersi delle membra, ormai prive di qualsiasi scintilla vitale, e la piega delicata delle labbra improvvisamente livide, sembrò solo un incubo spaventoso.

La bacchetta gli scivolò dalle dita molli e deboli e raggiunse il prato nello stesso momento in cui lo fece il corpo di Hermione, e con un tonfo del tutto simile: morbido e delicato, come la sua pelle quando la accarezzava. Come le sue labbra quando le baciava. Come il suo tocco quando lo sfiorava con quella timidezza pudica e virginale. Morbido e delicato. Come lei.

E allora le urla intorno, i mormorii terrorizzati, gli scalpiti e le grida di protesta, il clamore, l’orrore, la disperazione, divennero solo un’eco lontana, indistinta, ovattata da quelle sensazioni che gli bloccavano il respiro in gola. Le dita di Draco formicolavano; tutto era confuso, perché davanti a lui c’era solo quell’immagine, orribile tant’era definitiva.

Hermione.

Hermione morta.

Hermione senza vita.

Il corpo di Hermione.

La sua Hermione.

Hermione.

Il dolore gli esplose nel petto come una bomba in un campo minato: il suo cuore era un campo minato – di ricordi, sentimenti, amore e dolore, soprattutto dolore, quello di vederla lì, morta, davanti a lui, lui che l’aveva uccisa, senza pietà, con volontà, dolcissima, bellissima Hermione.

E lui non aveva occhi che per lei. Per Hermione. Hermione non più Granger, Hermione mai stata Mezzosangue, quell’Hermione che fino a pochi secondi prima era solo una ragazzina antipatica, una Grifondoro secchiona, una nemica da evitare, una congiura da scoprire, e che ora tornava ad essere batticuore, emozione, amore, vita.

Non vedeva nient’altro. Non sentiva nulla, se non il suo cuore battere e morire con lei. Nient’altro faceva male come il suo petto in quel momento.

La femmina di Weasley, apparsa improvvisamente da chissà quale angolo dimenticato della scuola, si era chinata sulla sua amica e la scuoteva. Piangeva e cercava di capire cosa fosse successo, e Draco non riusciva a pensare ad altro che a lei, a quanto sembrava una bambola tra le sue mani inesperti e maldestre. Avrebbe voluto dirle che doveva smetterla, smetterla di trattarla in quel modo, di toccarla, di insozzarla. Voleva preservare il suo odore il più a lungo possibile, e lei lo stava corrompendo. Stava corrompendo tutto di lei, persino l’ultimo ricordo.

Ma non aveva voce per parlare, né la forza di alzarsi e strappare quel corpo dalle mani della ragazza. Aveva paura di toccare Hermione e di scoprirla diversa da come la ricordava, temeva di non riuscire più a svegliarsi da quell’incubo.

Si domandò dov’era andata a finire quella parte di lui, negli ultimi mesi; dove quell’amore si era nascosto, e perché la morte di Hermione aveva spezzato le catene della magia e permesso infine alla sua memoria di tornare a galla, con quella crudeltà inaspettata e quel tempismo ignobile.

Polvere di marmo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora