Accontentatevi di me

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Alias stava camminando per i corridoi della nave, diretta sul ponte.

I giorni sulla Mobydick scorrevano veloci come l'acqua, di sicuro non ti annoiavi mai su quella nave, succedeva sempre qualcosa di nuovo e ti stupivi tutte le volte. Le missioni di Barbabianca a volte erano scoccianti, ma niente di troppo fastidioso, cambiare aria a volte era davvero una pacchia.

Arrivò sul ponte e si appoggiò al parapetto della nave con i gomiti, guardando il mare di fronte a sé, tranquillo, che scorreva fino a scontrarsi con la nave. Si stava rilassando, stare lì per qualche secondo le faceva sempre bene. Il mare aveva su di lei un effetto tranquillizzante, come un calmante.

Qualcosa la fece risvegliare dai suoi pensieri. Si voltò e vide un gruppo di cinque uomini che non aveva mai visto. Beh, probabilmente facevano parte della ciurma, solo che con tutti quegli uomini sulla nave, lei non li aveva notati. Provateci voi a imparare i nomi di un migliaio di pirati.

-Ehi tu!- disse verso di lei uno di loro, con capelli sul rossiccio e alto.

-Qualche problema?- chiese lei alzando un sopracciglio.

Lui la guardò con un espressione spezzante, piena di odio -Odiamo i tipi come te che si prendono le grazie del babbo, ad appena qualche giorno dall'essersi uniti.- spiegò infastidito.

-Ehm... Grazie...?- fece lei confusa da dove volesse andare a parare.

Quel vecchio non le riservava nessun trattamento. Magari si divertiva alle sue spalle, ridendosela sotto i baffi, questo sì. Se loro chiamavano "entrare nelle grazie" venire ingaggiati per tener a bada l'idiozia dei pirati come baby-sitter, potevano benissimo tenersele per loro.

-Esatto, il babbo non se ne fa nulla di una mocciosa come te nella sua ciurma!- disse un compagno, un uomo basso con dei capelli bruni.

La ragazza stava per replicare ma un terzo le comparì da una parte e le diede un pugno in pieno stomaco, facendola cadere a terra per il colpo.

Sì alzò lentamente, incapace di capire quello che stesse succedendo. Non finì di alzarsi che l'uomo alto le diede un calcio in stomaco, facendola sbattere contro il legno delle cabine affianco.

-Tornatene a casa, ragazzina!- gli urlò uno.

Alias riprese aria, si alzò velocemente con sguardo carico d'odio, dando le spalle alle cabine. Alzò la mano, toccando l'impugnatura di Arashi, pronta a sfoderarla. Prima di farlo però, si bloccò. Voleva spaccargli il naso, bastonarli, farli a pezzi, ci sarebbe riuscita in pochi secondi con un gesto della spada, solo che non poteva.

Abbassò la mano, impotente, e lasciò che una sfuriata di colpi la devastasse. Pugni in stomaco e calci si riversarono su di lei come un fiume. Lei ad ogni colpo che la metteva a terra si rialzava come se nulla fosse, si puliva la bocca per quel poco di sangue fuoriuscito e li guardava con assoluta indifferenza, un espressione che non scaturiva nulla. Non si lamentava, non diceva niente, non si lasciò sfuggire nemmeno un rumore a ciò. Loro la riempivano di pugni, sfogando sul suo corpo la propria frustrazione. Vide il sangue aumentare su di sé, ma neanche il quel caso se ne preoccupò. Non poteva combattere, e cercare di parlare non avrebbe risolto nulla, per lei comunque subire non era strano. In fondo era abituata a subire colpi su colpi come se nulla fosse, fin da piccola, senza poter reagire. Non poteva, perché quelle erano le regole.

Marco camminava da un po' senza meta, facendosi un giro. Aveva bisogno di un po' di aria dopo una giornata del genere, così salì sul ponte. Girò a vuoto per un po' per poi notare una piccola folla su un lato della nave. Si fece largo tra le persone per vedere cosa stesse succedendo, non capiva come mai tanta gente si fosse radunata sul ponte.

Ribellarsi al fatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora