Capitolo 17 • Instabile

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SHAWN

Abituato a calcolare ogni singolo spostamento della mia vita da qualche anno a questa parte, mettere su un viaggio a L'Avana su due piedi rappresenta una bella sfida per me. Non ho mai organizzato qualcosa del genere da solo, non so neanche da dove partire.

L'agitazione fa presto spazio all'impazienza di partire e inizio a prenotare un taxi, verificare che il volo programmato non sia stato cancellato, capire come arrivare ad un hotel e, soprattutto, sceglierne uno.

Ho dato a Cami giusto un'oretta di tempo per prepararsi e spero le basti, perché abbiamo i tempi stretti fino al decollo.

Prendere, andare, pensare che per tre giorni buoni starò solo con lei, che non ci saranno rivisitazioni dei brani, prove su prove, un bancone che ci divide, mi rende felice. Pausa dai turni da rispettare, dai clienti da servire, dall'ansia che il suo capo ci scopra. Improvvisamente, nessun obbligo. Solo io, lei e la libertà. Su una spiaggia paradisiaca, dove il sole splende e bacia la terra, nuota nell'acqua limpida, accende di vermiglio il tramonto infuocato e spalma nel cielo lingue di passione, screziando la luce dorata con aria di notte.

Ignoro totalmente le lamentele del mio manager, preoccupato per la mia reputazione, la decisione repentina e la mia stabilità mentale, in seguito all'ingresso in scena della mia musa ispiratrice. Quando mi chiudo la porta dell'alloggio dietro le spalle, un profondo senso di spensieratezza mi pervade tutto, facendo scivolare nella calda sabbia ogni mio peso che porto sulle spalle di norma, sciogliendolo del tutto. Leggero, vivo, gioioso come non mai, salgo sul taxi e lo indirizzo alla casa degli zii di Cami.

L'attesa mi divora, mi rende insieme più euforico e più nervoso.

Non sarà una scelta troppo avventata? E se Pedro la richiamasse al lavoro perché non era nulla di grave e può riaprire il locale prima del previsto? E se lei la reputasse una corsa sfrenata all'interno di una relazione che neanche dovrebbe esistere, a suo parere? E se perdessimo il volo?

Le telefono più volte, ansioso. Voglio arrivare in aeroporto, salire sul velivolo con la sua mano intrecciata alla mia e dimenticare tutto per qualche giorno soltanto, ad eccezione del suo profumo caratteristico e della sua pelle ambrata che si scurisce al sole.

«Shawn, smettila di rompere le palle. Se mi chiami di continuo, mi rallenti.» sbuffa lei, dall'altro capo della linea.

«E perché mai?»

«Perché ho solo un cervello e due mani, forse? Mi distrae la suoneria. E risponderti mi impegna una mano, rendendomi difficile piegare le cose e schiacciarle in valigia.» replica, seccata.

«Mettimi in vivavoce.» suggerisco io, facendo spallucce.

Segue un lungo sospiro.

«Se rispondo a tutte le tue domande in macchina non va bene uguale?» domanda Cami.

«No. Così è come se, in un certo senso, fossimo già insieme.» mi premuro di spiegare.

Il tassista attende senza fiatare.

«Sei pronta? Rischiamo di perdere il volo, se non esci fra poco.» continuo.

Camila mi riattacca il telefono in faccia per la seconda volta oggi, dopodiché la porta di casa si apre. Affannata, trascina un trolley e settecento borse diverse con sé, imprecando ad ogni passo. Il tassista le corre in aiuto.

«Meno male che tu te ne stai qui bello comodo.» mi accusa la mia simpatica compagna di viaggio, non appena prende posto accanto a me sul sedile posteriore del taxi.

«È pagato per aiutarci. Non ti avrei lasciata caricare i bagagli da sola, non ti preoccupare.» rispondo, calmo.

«È pagato per trasportarci a destinazione, l'aiuto con i bagagli è pura cortesia. O galanteria, una sconosciuta in ritiro spirituale.» ribatte Cami, acida.

Assottiglio lo sguardo, indispettito da tanta ingratitudine.

Io pago una vacanza a Cuba compresa di volo in prima classe, hotel di lusso, autista sempre a disposizione, pranzi e cene ovunque lei voglia andare e qualsiasi cosa lei voglia mangiare e questo è il ringraziamento? Non le negherei nulla, neanche un capriccio, ma non accetterò questo comportamento da vecchia bisbetica brontolona. Tanto sarebbe valso invitare mia nonna.

Per dimostrare a me stesso e a lei che sono ben più maturo di quanto i miei pensieri immediati lascino a vedere, porgo l'altra guancia.

«Cosa desideri mangiare questa sera? Ho chiesto il servizio in camera perché immagino che saremo stanchi e affamati all'arrivo in hotel, ma devo avvisare con anticipo la cucina.»

Lo sguardo di Camila, un po' interdetto e un po' dubbioso, mi lascia intendere che si aspettava una risposta prettamente maschilista sulla questione "galanteria". Non è galante assicurarsi i migliori servigi per una donna? Bisogna per forza offrirli in prima persona? Viziate e ingrate, talvolta le donne dimenticano che un nostro pensiero rivolto a loro c'è sempre e comunque. Pur evitando di fare di tutta l'erba un fascio, non è comunque raro trovarsi di fronte a nasi arricciati e bei faccini stizziti, quando sarebbe possibile vedere anche la metà piena del bicchiere, oltre a quella vuota.

«Ho nostalgia dell'autentico ajiaco. Dici che lo potrebbero preparare?» domanda Cami, dopo un po'.

Compongo il numero dell'hotel in un battibaleno e ricevo un responso positivo ed entusiasta. Diffusissimo in tutta l'isola, l'ajiaco viene servito più che volentieri, quasi con orgoglio, anche nei ristoranti stellati.

«Sai che cos'è?» si informa Cami, sorpresa.

«Sì, avevo una compagna di classe cubana alle medie. Ad una cena di classe condivisa ha portato questo strano intruglio di carne, patate e banane e ci ha spiegato che è un piatto tipico. Devo dire che non mi era dispiaciuto, anche se non ne ricordo bene il sapore.» commento.

Lei sorride, per la prima volta esibendo un minimo di dolcezza.

«Ti piacerà, vedrai. È uno dei miei piatti preferiti: anche se ho sempre vissuto in Italia, mia madre alterna la nostra cucina tradizionale a quella italiana (un po' rivisitata, lo ammetto... ) e la domenica vincono sempre le vecchie abitudini.»

Sorrido a mia volta.

«Quindi, se dovessi capitare un giorno a pranzo con i tuoi genitori, sarebbe come tornare a Cuba?»

Cami spalanca gli occhi, terrorizzata da quello che ho appena detto.

«Ma come ti viene in mente di pensare ai miei genitori?! Io e te non stiamo nemmeno insieme!» strilla, infatti.

Dentro di me, mi godo lo spettacolo.

«E poi, mia sorella ti arpionerebbe all'istante, costringendoti a dedicarle un concerto personale gratuito.» rotea gli occhi.

«Sarebbe così terribile? Cantare è la mia passione più grande.» faccio spallucce.

«Smettila di fingere che nel mondo non ci siano problemi senza una soluzione! Sei snervante.» sbuffa lei.

Usando due sole dita, volto il suo viso verso di me e le rubo un piccolo bacio.

«Perché, ce ne sono? Ogni problema ha una soluzione, non esistono vicoli ciechi. Si tratta sempre di ciò che vedi, oppure, di ciò che vuoi o non vuoi vedere.»

Camila ammutolisce e mi segue senza controbattere fuori dal taxi, all'interno dell'aeroporto e, superati tutti i controlli e le procedure standard, a bordo dell'aereo. Il suo unico segno di vitalità è la necessità evidente di non lasciarmi mai, oppure, il bisogno costante di non essere lasciata sola. Devo averla fatta riflettere e questo la rende instabile, probabilmente.

Seduti fianco a fianco con la terra che si allontana dai nostri piedi, la attiro a me e la abbraccio forte, accarezzandole la schiena e i capelli. Si addormenta così, piano piano, una certezza che crolla alla volta.

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Più vado avanti a scrivere, più mi rendo conto che i protagonisti maschili dolci da far venire il diabete sono il mio forte. Mi spiace per chi spera sempre di trovare uno stronzo fra i miei scritti 😂

Besos 💖

Señorita (Shawn Mendes)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora