Parigi, 1928.
Era un fresco pomeriggio d'autunno e il vento accarezzava le foglie degli alberi, che man mano cadevano sull'asfalto.
Una donna alta e magra dai capelli corvini e gli occhi scuri si aggirava silenziosamente per le stradine deserte di Parigi. Attraversava da un marciapiede all'altro, cambiando strada non appena scorgeva un passante qualsiasi, tutte precauzioni che Tina Goldstein prendeva per non essere pedinata. Essere un Auror del dipartimento americano voleva dire anche comportarsi da pazzi al limite dell'ossessione.
Tina giunse all'entrata di una villetta isolata svoltando un ultima volta. La facciata frontale della palazzina era piuttosto spoglia e grigia, tranne per il campanello placcato in quello che sembrava oro vero. Solo a Parigi quell'elaborata decorazione poteva rimanere intatta se lasciata all'aria aperta: con i tempi che correvano molti non avrebbero esitato a rubare di tutto. Tina premette il campanello alcune volte. Nessuno venne ad aprire, quindi sfilò dalla tasca della sua giacca la sua bellissima bacchetta magica, la puntò verso la serratura. Sussurrò a denti stretti "Alohomora", e sentì alcuni ingranaggi della serratura scattare.
La porta si aprì e Tina entrò nell'appartamento senza fare rumore. I primi passi riecheggiarono nello stretto e lungo corridoio come gocce di pioggia su masselli in pietra. Allora, Tina iniziò a camminare per l'appartamento con passo felpato, con aria da predatore. Ogni stanza era arredata di tutto punto e le poltrone in soggiorno era rivolte verso il camino, sembrava che qualcuno si fosse appena alzato da lì, magari per andare a preparare un caffè in cucina. Ma nella casa non c'era nessuno, Tina lo percepiva dal modo in cui ogni rumore rimaneva racchiuso tra quelle mura."Signor Scamander, è in casa?" chiese, alzando la voce per farsi sentire. Rimase con le orecchie tese ad ogni singolo scricchiolio della mobilia, poi continuò la perlustrazione.
Entrò nel salotto, al centro del quale erano posizionati un divano e un tavolino. Su di essi erano poggiati due soli oggetti: una valigia e una sciarpa. La donna si avvicinò al tavolino e sfiorò con le dita la stoffa morbida a righe gialle e grigio scuro. Poi, battè leggermente le nocche sulla valigia per bussare. Attese pazientemente, senza fiatare.
Dopo intensi attimi di silenzio, il coperchio del bagaglio si aprì da solo. Dal fondo non visibile della valigia, uscì magicamente un uomo alto e magro, come se fosse stato riavvolto il nastro del filmato durante il quale era stato risucchiato. Aveva i capelli castani, boccolosi e scompigliati, mentre il viso ricoperto di lentiggini.
Si chiamava Newt Scamander ed era un magizoologo britannico. Tina lo conosceva da qualche anno; era un mago simpatico e premuroso. Gli voleva bene e si fidava di lui, anche se non avrebbe mai ammesso di provare per Newt un sentimento che andava oltre l'amicizia. Eppure, avrebbe giurato di aver provato qualcosa di diverso durante le poche volte che le era capitato di annegare nei suoi occhi.Il ragazzo salutò Tina un po' imbarazzato. "Tina, cosa ci fai qui?"
"Signor Scamander, sono qui per informarla che domani mattina partirò per New York. Il dipartimento degli Auror mi ha affidato un nuovo incarico. Pare che un uomo sia morto per cause magiche e mi hanno dato il compito di investigare." spiegò Tina.
"Oh bhe, mi dispiace... Mi sta dicendo che se ne dovrà andare" chiese lui. Tina annuì sommessamente. Dopotutto, anche a lei le dispiaciuto non vederlo per un bel po'.
Newt continuò: "Non volevo che lei se ne andasse... ma credo che le farà bene tornare a casa.""Tornerò quando il caso sarà risolto, credo che ci vorranno alcune settimane. Dato che non ci vedremo per un po' di tempo, avevo pensato di trascorrere una giornata insieme... solo se lei vuole, ovviamente." propose Tina.
"Certamente, dove voleva andare?" chiese Newt, lasciando ciondolare una mano, che poco prima non faceva altro che avvolgere alcune ciocche di capelli in corrispondenza della nuca.
"Avevo pensato di fare una passeggiata al parco o andare a mangiare qualcosa." disse Tina, e, mentre lo diceva, sentiva una carica di adrenalina farle drizzare i capelli.L'uomo indossò il suo cappotto. "Bhe, allora andiamo. Ma perfavore, mi dia del tu, Signorina Goldstein." disse il ragazzo, sorridendo.
"Solo se lei" la ragazza pronunciò quest'ultima parola marcandola, "mi da del tu", disse Tina, raggiungendolo poi sulla porta d'ingresso.
"E va bene" esclamò Newt.I due sorrisero ed uscirono di casa, dirigendosi verso il parco.
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Sei tu la mia stella
Fiksi PenggemarDopo alcuni mesi vissuti a Parigi, Tina è costretta a ripartire per New York e ad abbandonare Newt per investigare su un caso affidatole dal Macusa, che però sembra più impegnativo del previsto. Riusciranno i due maghi a rincontrarsi dopo tutto ques...