27-Te lo meriti

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Remus Lupin

~EMMELINE~

Ritorniamo a casa per le otto e quaranta e ad aspettarci ci sono come al solito un tavolone pieno di prelibatezze e mille parenti pronti a fare le solite domande.
Saluto tutti, anche se avrò modo di parlarci bene per il resto della serata: a casa Vance il cenone di Natale dura dalla vigilia fino alla sera del 25, un continuo via vai di cibo e di regali.
Arrivata in camera mi butto sul mio letto con le coperte in stile natalizio, come quello del mio fratellino a un metro di distanza. Quel mocciosetto ha compiuto da poco otto anni, vedo sul suo comodino che ha ricevuto il mio regalo e sorrido felice.

«Emmeline!» apre la porta quest'ultimo urlando e correndo.

«Marcus!» apro le braccia e lo abbraccio prendendolo in braccio.

«Stiamo aspettando tutti te dai sbrigati.» dice quando lo metto giù. Non mi dà il tempo che mi prende per mano e mi tira in salone.

«Ora possiamo iniziare.» continua felice. Rido, quanto mi era mancato!
Mi siedo di fianco a lui e la prozia Kessy.

«Come va il sesto anno?» mi chiede la cugina di mamma.

«Davvero bene, ma le lezioni di Rüf sono ancora più noiose rispetto agli altri anni.» sbuffo. In realtà sta andando malissimo il sesto anno zia, fa tutto schifo. Non ne posso più.
Ripenso a tutto e non c'è una cosa che è andata nel verso giusto da fine ottobre: Peter, il bosco, le ragazze, Nicole, Hestia... Hestia, non ci parlavamo da tanto tempo e non so se sono stata felice o meno di passare il viaggio con lei. Non abbiamo ormai più niente che ci leghi, è una conoscente che conosco un po' meglio rispetto agli altri conoscenti.

«Emmeline cara, abbiamo saputo che ad Halloween sei stata in infermeria, cosa è successo? Silente ci ha mandato una lettera, però non ha spiegato niente.» tira fuori l'argomento mio padre. Vado in panico, il mondo mi cade addosso, come faccio a guardarvi in faccia e dirvelo?

«E..ero caduta alla lezione di Volo.» cerco di essere il più convincente possibile, senza guardare nessuno in faccia «La mattina non avevo fatto colazione e alla prima ora avevo Volo. Ora sto bene.» aggiungo un sorriso tirato. No che non sto bene, solo che non posso dire loro di essere stata...

«È finito il vino, cara me lo prendi cortesemente?» mi chiede la prozia Kessy.

«Sì certo.» mi alzo lasciandomi il salone alle spalle. Il vino lo teniamo in cantina, e mi lascio sfuggire le lacrime, bagnandomi tutto il viso e i vestiti.
Devi essere forte Emmeline, come lo sei stata fino a questo momento, non proprio ora.
Vorrei un abbraccio da tutte quante loro, la loro forza unita alla mia, ma nessuna lo farà. Posso contare solo su me stessa. Non posso dire niente, non posso raccontare loro chi è stato o cosa è successo, o staranno male a causa mia.

Di' che siamo stati noi a qualcuno e verremo a trovare sia te che le tue amichette.

La frase che mi spinge a non raccontare niente, a stare isolata, a non riprendere in mano la mia vita. Mi asciugo la faccia, me la lavo col lavandino che c'è qui e me la riasciugo con la maglietta. Prendo la giara e ritorno su dove tutti mi aspettano.

«Pensavo non ritornasti più.» scherza la prozia. Neanch'io Kessy, neanch'io.

*****

A mezzanotte siamo ancora a tavola, aspettando di poter scartare i regali, e festeggiare ancora e ancora. Insomma, abbiamo finito da poco di mangiare il rosbif, forse la quarta o quinta portata della serata. Papà allo scoccare delle 0.00 precise apre lo spumante, versandone un po' a tutti.

The wrong decisionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora