9. Lui.

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LEVI P.O.V.

La mattina presto ero già nel lago a bagnarmi e a purificarmi, immergendomi in esso.
Improvvisamente sentii una spinta dietro la schiena, persi l'equilibrio, e caddi in acqua.
Una volta riemerso mi tirai i capelli all'indietro e cercai l'artefice di quel gesto che mi fece fare quel bagno imprevisto.

"Ciao, moccioso"
"Ciao, e addio"
Gli schizzai e lui si scansò veloce come la luce. Ridacchiai appena e misi la vestaglia mentre uscivo dall'acqua.
"Io ed Erwin abbiamo chiarito"
"Sono felice"
Lo ero davvero. Poteva sembrare uno stronzo, quel demone, eppure i suoi bellissimi occhi mi dicevano che i sentimenti che provava erano reali, veri, e che lo stavano consumando.

"Quindi adesso non voglio più vederti" disse, serio, ma con un accenno di esitazione.
Lo guardai per un momento.
Inutile dire che una gran parte di me non voleva che sparisse nel nulla.
Quel mocciosetto stava significando per me più di quanto potessi mai immaginare, il che mi prese alla sprovvista dato che mi stavo purificando proprio per un desiderio verso un demone.

Cercai, comunque, di arginarlo. Non volevo di certo cadere.

"Oh... Allora vi auguro buona fortuna ad entrambi"
Mi gettò un'occhiata di delusione, che cosa si aspettava? Cosa voleva, in quel momento? Che lo pregassi? No.
Come disse lui, il lupo ulula solo alla Luna.
"Lo stesso vale per Erwin" tentò di ferirmi.
"Molto bene. Quando me lo verrà a dire, gli risponderò nella medesima maniera"

"Ah si? Adesso i demoni non ti fanno più comodo?" si alterò, il bimbo.
Per caso gli rodeva vedere che non l'avrei rincorso? A che gioco stavamo giocando, entrambi?
"Tu il sarcasmo proprio non sai dov'è di casa..." scossi la testa.
"Sei un lunatico."
Passavamo alla fase che prevedeva l'attacco?
"Perché?"
"Perché....sì!" incrociò le braccia, infastidito come un ragazzino (ossia ciò che esattamente era).
Lo guardai con un sopracciglio alzato, e lui ringhiò.
"Perché non mi hai salutato l'altra volta?"

"Perché mi hai detto che non vuoi essere salutato a meno che non mi serva qualcosa"
Il suo sguardo mi disse chiaramente che avevo fatto scacco matto.
"....Sei molto furbo...." mormorò, senza ringhiare, stavolta.
"Ho sbagliato?"
"...No..." abbassò gli occhi.
C'era rimasto male, per caso?
"Perché me l'hai chiesto, allora?"
Non rispose, allora gli rivolsi un tono dolce.
"Se vuoi, ti saluterò sempre"
"Non ci vedremo più." mi guardò, superiore.
"Quando verrai a trovare Armin, ci saluteremo"

Fece per sorridere, quando la sua espressione mutò, come se avesse visto Satana in persona, e sbiancò completamente.
"Eren... Che hai?"
"I-Io..." sembrava cercare qualcuno con lo sguardo.
"Eren..."
Si girò e se ne andò, come scappando.

Mi girai verso dove stava guardando e non vidi niente, né qualcuno, ma un brivido mi corse lungo la schiena.
E non prometteva nulla di buono.

EREN P.O.V.

Il giorno dopo ero con Mikasa nell'Eden, ad aspettare Armin, ma la mia mente era altrove, a ciò che avevo visto ieri.

Che ci faceva lui nel Giardino?! Perché era tornato?! Che cosa voleva?!
Era tornato per...portarmi via?
Ero spaventato, e mi si vedeva in faccia.

Non c'era nulla che mi facesse più paura di mio fratello Zeke.

"Dai, Mikasa, andiamo..." mormorai. "Forse Armin ha da fare"
"Mmh... Sì, andiamo"
Lyria in quel momento prese a beccarmi sul collo, e io mi girai verso di lei, di scatto.
"Che c'è?!"

Non finii la domanda che lei fu lontano da me, fra le mani di un mezzo demone e mezzo angelo, che la tenevano per le ali.
Una scarica di panico mi corse lungo il corpo, e feci un passo indietro appena i suoi occhi dorati incontrarono i miei.

Stained WingsWhere stories live. Discover now