𝑠𝑒𝑖

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Come previsto, il resto della mattinata la passano sfrecciando sull'autostrada polverosa e deserta, in religioso silenzio. Ogni tanto Adam prende il solito foglio dalla tasca, per ricordarsi che , sta davvero viaggiando verso Atlanta in compagnia di Tem Williams. Sempre più spaventato di dimenticare le poche informazioni donategli da Tem circa il viaggio, con mano tremante per via del movimento aggiunge una scritta in un angolo: Vendetta.

Poi sposta lo sguardo sulle mani di Tem, strette attorno al volante beige dell'auto, che per il resto è rossa - rosso ovunque, è rinchiuso in una gabbia rossa, e mentre ripensa a quella T-Bird il cui nome combacia con il proprio in modo quasi inquietante scrive anche: L'auto si chiama Eve.

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Incubo

Fermati scendi dall'auto e scappa finché sei in tempo andrà male andrà sempre peggio ho lo stesso presentimento di quando sei scappato quando lo hai ucciso - no no non ho ucciso nessuno e per questo sono qui e lui ha sempre ragione e sto solo scappando da un luogo che non mi appartiene e nessuno mi cercherà perchè lui ha sempre ragione lui è nel giusto e io lo seguirò sempre come faceva quella canzone quella che ascoltavo sempre quella che ascoltavo mentre occultavo le prove - no no, no, sei innocente, non pensare a queste cose.

I will follow him, follow him wherever he may go...

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"Cosa c'è ad Atlanta?" domanda Adam non appena Tem è di ritorno dal fast food, tra le mani un sacchetto di carta pieno di panini e bibite; dopo aver viaggiato per una mattinata intera, si sono finalmente imbattuti in una cittadina e hanno deciso di fare rifornimento per il resto della giornata.

È da quando è sceso dall'auto - sceso da Eve - che il mal di testa è tornato a tormentarlo, insieme a un insistente desiderio di saperne di più sull'obiettivo di Tem Williams. Non riesce nemmeno lui a spiegarsi il perché, ma comincia a sentirsi in pericolo.

Tem posa il sacchetto in macchina dopo aver preso due panini. Ne porge uno ad Adam e ne approfitta così per prendere tempo.

"Ad Atlanta?" ripete Tem, scartando il panino. "Ad Atlanta c'è la mia famiglia."

Il suo compagno di viaggio inizia a mangiare in silenzio, senza aggiungere altro, limitandosi a spostare lo sguardo verso di lui un paio di volte. Dev'essere la prima volta che non lo vede arrogante e sicuro di sé.

"Quindi sei della Georgia," constata Adam, che inizia ad avere la netta sensazione di camminare in bilico su un filo sospeso nel vuoto. Approcciarsi agli altri con sicurezza, per lui, è sempre stato come giocare all'equilibrista - questo per quanto la sua memoria difettosa gli concede di ricordare. Ma con Tem la cosa è decisamente peggiore, e si trova sempre ansioso di assecondarlo a tutti i costi.

"Già," borbotta lui, strofinando una mano sui jeans. Si sofferma a guardare la sfumatura ambrata della propria pelle e poi aggiunge, più a bassa voce: "Mia madre è messicana."

"Oh," dice Adam, che non aveva di certo inteso la propria domanda come un'insinuazione sulla sua etnia.

"Già, lunga storia."

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