𝑑𝑢𝑒

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Adam legge l'articolo sull'omicidio. Un commerciante di origine indiana è stato ucciso un paio di settimane prima, dopo la chiusura del suo negozio. Si chiamava Richmond Saba, legge Adam, ed è morto in seguito a una decina di coltellate al petto. Nell'articolo ci si chiede cosa abbia spinto l'assassino a compiere un gesto così efferato e crudele, dal momento che nel suo negozio non c'era segno di rapina.

Arrivato in fondo alla pagina resta per dei secondi in religioso silenzio. Rilegge l'ultima frase più volte, fino a quando non sembra più avere alcun senso. E le parole sembrano ingrandirsi, sempre più, sempre più, si ingigantiscono e sembrano occupare l'intera pagina, trasferirsi sulla sua mano, sul braccio, quella frase occupa tutta la sua vista e anche quando chiude gli occhi la rivede, la rilegge, impressa a fuoco sulle palpebre: "Un testimone ha fornito l'identikit dell'assassino; diversi albergatori hanno riconosciuto in esso un cliente di passaggio."

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Cliente di passaggio. Quelle parole continuano a tornargli in mente qualunque cosa faccia, per ore e giorni e anche quando perde la cognizione del tempo.

Continua a pensarci per giorni, mentre va in giro senza una meta. Ad ogni passo un dettaglio dei suoi ricordi si cancella, si dissolve dietro di sé, ma ormai ci è abituato: e continua così fin quando quelle sono le uniche parole che ricorda dell'intero articolo, o meglio, dell'intera situazione che sta vivendo.

In quanti motel è stato negli ultimi giorni? Inutile provare a ricordare, come al solito ne ricaverebbe solo un forte mal di testa e un senso di frustrazione: quel vuoto dentro di sé, dentro la sua mente è tutto ciò che serve a farlo andare su tutte le furie.

E così una notte si ritrova di nuovo in un piccolo hotel di periferia, due stelle appese all'insegna, di cui una traballante che rischia di cadere da un momento all'altro.

Entrando nella hall sembra essere l'unico cliente della serata, e mentre la donna alla reception annota il suo passaggio - il nome, dice qualcosa dentro di sè, dai un nome diverso - alza un paio di volte gli occhi su di lui, sospettosa. Adam tiene lo sguardo basso, mentre una sensazione di disagio gli stringe la gola e lo stomaco. Paga in anticipo e poi corre nella sua stanza.

Adam ha sempre amato gli alberghi, i corridoi oscuri e infiniti, i quadri dozzinali appesi alle pareti e le porte chiuse a chiave. Gli hanno sempre dato una sensazione di pace, di eterna calma e staticità. Un universo parallelo dove i problemi e le insicurezze della sua vita, della vita reale, non possono raggiungerlo.

Con lo sguardo ancora chino a terra percorre i disegni dorati sul tappeto verde scuro che segue tutto il corridoio fin quando non si trova di fronte alla sua porta. Adam si chiude la porta alle spalle e solo in quel momento si rende conto di star trattenendo il respiro. Allora si lascia cadere sul letto, sollevando una nuvola di polvere, e si porta le mani sugli occhi. Non ha più la minima idea del perché si trovi lì, ma per un po' può sentirsi al sicuro.

Eppure c'era qualcosa, qualcosa di importante da non dimenticare a tutti i costi, qualcosa da cui dipende la sua libertà e la sua stessa vita...
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Adam cammina nel parco - più che camminare si trascina, sporcandosi le scarpe di terra, sollevando sassolini ed erbacce. Tiene lo sguardo fisso ai suoi piedi, perché incrociare lo sguardo con le altre persone lo infastidisce, gli mette addosso una pessima sensazione, come se qualcuno lo stesse tenendo d'occhio, come se qualcuno lo stesse cercando.

Qualcuno lo sta cercando. Ma perché? Qual è il motivo, quali sono i dettagli che proprio non riesce a ricordare?

Adam porta le mani nelle tasche della giacca e sente qualcosa. C'è un foglio di carta: prendendolo dalla tasca destra se lo rigira tra le mani, sovrappensiero.

Poi tutto torna al proprio posto.

Adam fissa la pagina di giornale e infine vede l'appunto che aveva scritto qualche tempo prima: fermata dell'autobus.

Deve andarsene subito.
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E il momento di partire arriva davvero. Adam stringe i pugni e corre verso la fermata degli autobus. Con il resto dei soldi per l'albergo compra un biglietto per l'autobus e il caffè; stringe il bicchiere di carta tra le mani per non farle tremare. Spostando il peso da un piede all'altro, aspetta il bus che sembra ritardare di proposito solo per dargli noia.

Vai via al più presto o non sarai mai più un uomo libero, pensa, e con l'articolo di giornale strappato in una mano, su cui ha aggiunto la parola scappa, si convince che questa sarà una delle poche cose che non dimenticherà mai.

L'autobus ritarda ancora.

Magari è un'imboscata, sussurra una vocina dentro di lui, magari ti stanno tendendo una trappola. Dopotutto è così che fa la polizia, no? Ti prende alle spalle, alla sprovvista, e non ti lascia nemmeno il tempo di spiegarti, di discolparti, di dare le tue ragioni, di...

Adam smette di guardarsi intorno quando si accorge di aver inclinato il bicchiere, versando per terra quasi tutta la bevanda. Con un oh di sorpresa, raddrizza il polso e beve un po' di caffè rimasto. Proprio in quel momento scorge l'autobus che si avvicina, spunta dalla curva in fondo alla strada e procede lento ma stabile, la sua salvezza che si avvicina.

Non ha una meta. Non sa nemmeno dove lo porterà quell'autobus. Ma ha con sé uno zaino vuoto, dieci dollari, un paio di sorsi di caffè, e il motivo stesso per cui sta scappando. Non male come inizio.

Adam si siede in fondo all'autobus deserto, appoggiando la fronte contro il vetro, evitando di guardare le persone che salgono con lui e soprattutto la ragazza che gli si siede accanto.

Mentre il bus finalmente riparte, e Adam si sente libero forse per la prima volta nella sua vita, rilegge per l'ennesima volta l'articolo sul suo presunto omicidio. E alla fine gli resta solo un pensiero fisso, che per non dimenticare scrive in un angolo del foglio: qualcuno deve averlo incastrato.

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