Capitolo 12 - Giardini

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Stavo camminando in mezzo ai giardini che separavano la zona del Duomo dalla zona in cui abitava Elisa.
Alcune nuvole oscuravano in quel momento il cielo, fino a quel momento limpido, nel quale si potevano intravedere anche molte costellazioni, costellazioni che solitamente erano molto difficili da vedere a causa dell'inquinamento luminoso, ma anche di quello atmosferico. Con lo smog creatosi negli ultimi tempi, pareva spesso di vivere costantemente immersi nella nebbia.

Mentre pensavo ai gravi problemi che affliggevano l'ambiente, qualcosa si mi poggiò delicatamente sulla testa. Sollevai lo sguardo al cielo, giusto in tempo per vedere alcuni fiocchi di neve iniziare a scendere da quel cielo cupo.

—Oh... la neve... che cosa insolita... — sentii proferire da una signora seduta in una panchina poco lontana dal viale dei giardini lungo il quale stavo camminando.

Proseguii per la mia strada osservandomi attorno, colto anch'io di sorpresa da un fenomeno così strano. L'ambiente era molto cupo e tenebroso. Le luci dei piccoli lampioni inoltre, illuminavano adesso molto meno rispetto a pochi minuti prima, come se ci fosse un improvviso calo di tensione. Erano inoltre diventate improvvisamente fredde e tetre. Tutto l'ambiente circostante era come se fosse stato avvolto dal mistero e da quel clima insolito. Sembrava che quella piccola parte di mondo, fosse stata improvvisamente prelevata e trasferita in un'altra dimensione appartenente al passato. Voltai lentamente lo sguardo al cielo con un leggero sorriso. La signora seduta li vicino aveva ragione. La neve. Che cosa assurda. Pur essendo un fenomeno atmosferico estremamente naturale, noi tutti, noi umani, ne rimaniamo affascinati ogni volta come fossimo dei bambini, ed ogni volta che la vediamo è come se fosse la prima, mentre una scintilla candida come la neve si illumina nella nostra mente facendoci emozionare. Era strano pensare come l'uomo possa essere influenzato a tal punto da semplice acqua ghiacciata, ma non fu solo l'acqua ghiacciata in quel momento che attirò la mia attenzione.
Stavo riportando la testa verso il basso, quando udii un fruscio dietro di me che lentamente si spostava verso la mia destra, per poi infine udirlo come se esso fosse proprio di fronte a me. Mi misi in posizione di guardia. Temevo che da un momento all'altro qualche malvivente avesse potuto cogliere la mia disattenzione causata dalla neve e cogliermi di sorpresa, facendomi del male o semplicemente derubandomi anche solo minacciandomi con una pistola giocattolo, esattamente come avevo sentito dire ai notiziari.

Mi rimboccai all'interno del mio giubbotto imbottito per ripararmi meglio dal freddo che in quel momento si fece più pungente ed aguzzai la vista per scorgere una qualsiasi sagoma nell'oscurità dalla quale sentivo provenire i fruscii che avevo appena udito.
Cosi fu dopo pochi attimi.

Riuscii a scorgere una piccola figura nera uscire dal buio, ma subito dopo sparire. Un altro fruscio in quel momento mi fece sobbalzare. Adesso era nuovamente dietro di me. Mi voltai di scatto e potei scorgere una piccola bambola di porcellana seduta a due, forse tre metri dalle mie gambe. La fissai in volto con le braccia lungo i fianchi, quasi incredulo di ciò che i miei occhi stavano vedendo.
Non riuscivo a capire più nulla in tutta quella assurda situazione. Davanti a me si ergeva nella sua piccolezza, una tenera bambola di porcellana, che fino ad un minuto prima non c'era. Mi domandai come potesse essere finita li e soprattutto chi avesse potuto metterla proprio dietro di me senza che me ne accorgessi. Ipotizzai che fosse impossibile che quella bambola fosse riuscita ad arrivare li di sua spontanea volontà. Era alquanto irreale come fenomeno che una bambola si spostasse di propria volontà per arrivare proprio li di fronte a me in una cupa e gelida notte di dicembre. Ma anche quel pensiero venne subito distrutto da ciò che accadde di li a poco. Udii una piccola risata prevenire dall'interno della bambola. "Bambole che parlano...ne vendono molte" pensai subito. Ma poi vidi che mentre la bambola rideva con le proprie labbra, proprio come se queste fossero fatte di vera carne. Essa si stava anche sollevando in stazione eretta, ed iniziò a camminare verso di me con passi microscopici.
Impaurito a morte da ciò che stavo vedendo iniziai ad arretrare a lentamente, finché dopo alcuni metri mi trovai con le spalle al muro. Un albero si ergeva dietro di me e mi impediva di arretrare ulteriormente. Non avevo idea di cosa fare e giunto a quel punto, feci l'unica cosa che mi venne in mente. Iniziai a riscaldare la gamba stirandola un po' e presa una leggera rincorsa mi armai di coraggio e sferrai un calcio degno di un calciatore di serie A, a quell'oggetto infernale. Ma quando credetti di averla eliminata, posai lo sguardo a terra e la vidi abbracciata alla mia gamba che piangeva lacrime di sangue.
—Vattene Cristo !— esclamai in quel momento.
Essa sembrò quasi comprendermi, dato che si staccò immediatamente ed arretrò come poco prima avevo fatto io. Mentre accadeva questo, la leggera nevicata che stava imbiancando l'ambiente, si fece di colpo più intensa. Prima lentamente, poi sempre più velocemente, fino a che l'ambiente fu visibile solamente a circa un metro di distanza dai miei occhi.
L'aria era congelata, si udiva solo l'inquietante turbinio del vento che si agitava in mezzo a quella gelida tempesta. Cercai di riscaldarmi come meglio potevo oramai avvolto dal freddo e dalla neve e fu proprio da quest'ultima che uscì improvvisamente una strana figura.
Non era la bambola , questo era certo, ma era qualcosa di molto più grande. Una ragazza. Alta poco meno di me, e con un lungo vestito da sera rosso.
Nella scollatura erano inserite delle lunghe piume nero corvino che si addicevano perfettamente ai suoi capelli, lunghissimi ed i quali formavano alcune punte sul retro leggermente rosse, ma che tralasciando quelle, avevano un colore biondo candido. L'unico particolare che mi soprese notare, furono gli occhi. Viola. Con delle pupille leggermente allungate.
—Chi sei. Cosa vuoi? — Chiesi all'improvviso.
—Ehm... Sam... Sam... Sam... dannazione l'ho sentito, ma non me lo ricordo! Uffa...— cominciò a borbottare tra se lei.
—Fabio... sei davvero inutile— la udii bisbigliare di nuovo tra se con il rumore della tempesta che distorceva leggermente la sua voce.
—Sam...Sam...Samuel! Ecco! Dico bene? — esclamò di colpo lei urlando per farsi sentire in mezzo al rumore.
—Come sai il mio nome? E chi sei tu?— chiesi intimorito dal suo comportamento.
—Beh, non è ne il momento, ne il luogo migliore per parlare Sammy caro, ti consiglio di chiedermelo di nuovo quando saremo alla villa — ribatté lei.
—Ma cosa... avanti tu, dimmi chi sei e cosa vuoi da me! — le imposi.
—Non adesso ho detto!— ribatté lei stizzita.
—No adesso, o chiamo le forze dell'ordine!— imprecai io alla fine. Ma lei sembrava noncurante del mio avviso, anzi, fece una piccola risata cinica e iniziò a spiegare.
— Sammy, allora facciamo cosi, ti va? Molto piacere, il mio nome è Giselle e sono qui per chiederti un piccolissimo favore, che non riguarda me, ma riguarda persone a te care, molto care. Tipo... tuo cugino dice nulla? Si? Bene. Allora, adesso tu prendi, muovi quelle gambine e vai diretto a casa, fai le valigie, prendi quella troia della tua ragazza, perché ne avevi una se non ricordo male, e muovete le natiche per Borgo Davanzati, dove tuo cugino attualmente risiede ed è alquanto nei casini. Casini grandi quanto la villa in cui attualmente si trova. Ora vai, ti prego... non credevo di arrivare a implorare qualcuno ma... ti prego, aiutami, e soprattutto aiutalo! — concluse la ragazza ed iniziò ad indietreggiare.

—Giselle... Giselle.., che nome strano... francese vero? Senti non ho idea di come tu conosca mio cugino. Ora per di più, te ne esci col dire che attualmente nella villa in si trova, è nei casini... ma non sono sicuro di poterti credere. Sul serio. Non puoi sbucare fuori dalla neve e dirmi tutto questo, non ti credo. Ecco quanto— affermai con un lieve sorriso.
—Si ma allora voi siete tutti uguali... merda... — disse sbuffando. Dopodiché sbattei normalmente gli occhi e quando li riaprii vidi una figura raccapricciante ed inguardabile che non aveva nulla di umano ma si avvicinava molto alle sembianze di un demonio. In quel momento, notai un dettaglio. Gli occhi. In quella sclera che adesso era nera, si trovavano due iridi viola, ma con la pupilla allungata e bianca.
—Oh mio dio... Giselle...— balbettai —Co... cosa... sei... COSA SEI?!— sbraitai impaurito alla vista di quel suo aspetto.
—No... ok calma, Giselle è un bel costume, lo ammetto, ma siamo a Natale e Halloween è passato già da un po', per cui toglilo per favore, fa un po'senso... — dissi, cercando di razionalizzare quella situazione.
—No, voi mi prendete in giro, prima lui, ma lui aveva avuto paura e poche incertezze, e lo capisco eh, ma tu te ne esci con discorsi sulla razionalità? Allora sai che ti dico Drakul? Fottiti idiota!— sbraitò lei e mi saltò addosso atterrandomi e aprendo le fauci piene di piccoli denti aguzzi come coltelli.
La fissai negli occhi e scoprii come essi fossero profondamente divertiti dalla situazione. Improvvisamente si avventò su di me proprio sul collo strappandomi un abbondante pezzo di carne e ingoiandolo. Vidi quel brandello di carne scorrerle lungo l'esofago e finire in quello stomaco semi tumefatto. Osservai subito dopo il suo corpo riempirsi nuovamente di carne per tornare poi al suo aspetto originale. Infine sorrise e si scosto da sopra al mio corpo lasciandomi agonizzante a terra in una latrina del mio stesso sangue che scorreva copioso dalla mia carotide e tingeva di rosso lo strato di neve che si era accumulato adesso sul terreno, sciogliendolo col calore stesso del mio sangue.
Mi tenni il collo per evitare che il sangue scorresse ancor di più quando d'un tratto un dolore lancinante mi avvolse il cuore. Così con l'altra mano mi tenni il petto contorcendomi dal dolore che era ancor più forte di quello che provavo al collo.
—Voi due, né tu e né tantomeno lui, sapevate assolutamente nulla di nulla del nostro mondo, ma nonostante questo, voi sarete i due che ci salveranno dal Loro ritorno in questo mondo. Ora che sai cosa sei torna a casa e muoviti a venire ad aiutarlo. Intesi?— disse Giselle, scomparendo con passo sensuale all'interno della bufera.
—Ma che cazzo... vaffanculo troia... — farfugliai mentre il sangue mi riempiva la bocca — e fu così che mi spensi a causa di una troia indemoniata in mezzo ai giardini con una bufera... beh... poetico... ma mi sono sempre immaginato la mia morte un po' diversa però — dissi io cercando di sollevarmi da terra con le poche forze che avevo in quel momento. Mi resi conto di averne più di quante immaginassi, tant'è che mi ritrovai in piedi poco dopo.
—Oh bene... menomale... proviamo ad andare all'ospedale... forse ci arrivo ancora in vita— pensai tra me mentre quel dolore lancinante si stava alleviando leggermente. Così cercai di orientarmi nella bufera e appena trovata la strada, iniziai a camminare, tenendomi il petto e la gola, da cui perdevo meno sangue di prima.

Stavo ormai camminando da circa dieci minuti quando riuscii ad uscire dai giardini.
Sembrava quasi che li, stesse nevicando molto meno e tutte le luci rendevano la visuale molto più nitida. Vedevo i bambini che si divertivano a correre sotto quella fredda coltre di neve, e le loro madri a sgridarli e prenderli per mano mentre li portavano via dalla violenta bufera.
In mezzo a tutta quella tranquillità, ed una leggera enfasi per la tanto desiderata neve, c'ero io che lasciavo dietro di me una lunga striscia di sangue su quel manto candido mentre camminavo a fatica in mezzo alla strada. Tutti gli occhi erano puntati su di me, e con quel poco di vista che mi era ormai rimasta, feci in tempo a vedere alcune persone chiamare impaurite ambulanze ed autorità da quel che ero riuscito ad udire mentre gridavano. Poco dopo svenni e caddi a terra con un tonfo sordo e pesante. Dopodiché tutto divenne buio e tutto ancora più freddo di prima. In quel momento però udii una risata dentro la mia testa. Era la mia voce, ma non ero stato io ad emetterla, era qualcuno molto diverso da me, ma non capii chi fosse.

Onde Bianche - Il Marchio dei DannatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora