Capitolo 16 - Morte

9 2 0
                                    


Mi trovavo in camera da letto, osservavo Giselle nuovamente seduta sulle lunghe e pesanti coperte del mio comodo letto. In quel momento, la vampira si alzò in piedi e venne verso di me, avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra con le sue.
—Cosa vuoi adesso? — domandai schifato allontanandomi.
—Oh, amore mio ma come sei noioso, vieni, qui, ti sto dando il solito aiuto, che non meriteresti se solo non fossi un Nelapsi. Come essere vivente e senziente mi fai davvero schifo, anche se spesso hai dei momenti d lucidità ed intelligenza che mi sorprendono molto, sai? — concluse lei e mi afferrò la testa tra le mani, dandomi il solito bacio di Giuda con la quale nascondeva gli effetti della mia trasformazione. Mi ritirai nuovamente passandomi l'avambraccio sulle labbra, e sputando a terra.
—Fottiti bastarda meticcia, è questo uno dei motivi per cui... — mi bloccai. Non riuscivo a proseguire la frase, perché una specie di blocco alla gola, mi impediva di pronunciare quelle parole e quel nome.
—Per cui stai facendo di tutto per evitare Miriam, e stai anche pensando di lasciarla e finire il vostro fantastico rapporto, vero amore? — disse lei. Effettivamente era quello che non riuscivo a dire, ma detto da lei in quel tono perennemente sarcastico mi alterò al punto da avere uno scatto d'ira contro di lei.

—Sta zitta troia meticcia!— urlai con tutto il fiato che avevo in gola, scagliandomi contro di lei ed afferrandola per la gola con la mano destra e sollevandola a mezzo metro da terra tenendola ben salda al muro dietro di lei. Sentivo l'occhio che lentamente tornava ad essere nuovamente viola ma questa volta fu come se percepissi un liquido penetrare fin dentro alla sclera. Vidi quindi nel riflesso del mio volto sugli occhi di Giselle, quello stesso occhio venire avvolto da qualcosa simile ad un liquido nero e denso come la pece che fece cambiare interamente colore alla sclera. Notai poi che le righe del braccio destro si allungavano sempre più sul dorso della mano, fino a raggiunte le punta delle dita, si saldarono forza nelle unghie ed una volta li, prolungarsi ancora, formando degli artigli lunghi ed affilati che conficcai nel muro dietro il collo della ragazza per evitare che se andasse facilmente da qualche parte liberandosi dalla mia presa. Sentii i miei denti affilarsi sempre di più nella mia bocca, ed un istinto incontenibile, mi diceva di spargere sangue in quel momento, molto sangue, in qualsiasi modo possibile. Senti le ossa del collo della vampira cedere sotto la presa dalla mia sola mano destra, ed a quel suono, la mia voglia di uccidere si fece ancora più grande, ed il mio sorriso si fece spropositato mentre la mia bocca spalancata in una folle risata probabilmente lasciava intravedere i denti acuminati formatisi all'interno. Sollevai dopo l'altro braccio e in maniera quasi istintiva direzionai le righe nere del Marchio anche su quest'ultimo che venne avvolto interamente esattamente come l'altro, generando anche qui i lunghi artigli oscuri che le conficcai all'interno del cranio, sfondandolo in più parti ed afferrando il cervello con decisione per poi strapparlo di netto e gettarlo a terra, lasciando andare la ragazza dalla mia presa mortale e facendo crollare a terra il corpo come un castello di carte che viene abbattuto. Esso ancora si agitava in alcuni spasmi nervosi ed un pozza di sangue si formò attorno ad esso. Guardai compiaciuto il mio lavoro e poi passai a fissare il cervello a terra che ancora sanguinava. Mi chinai e raccogliendolo tra mie mani non esitai un solo istante nello stritolarlo con sempre più forza, finché tra non mi ritrovai tra le mani che una poltiglia simile a gelatina. Iniziai a ridere come un ossesso osservando quel massacro, ma sentivo che c'era qualcosa di sbagliato nella mia azione. Le mie urla di felicità però, richiamarono l'attenzione di ospiti indesiderati, tant'è che dopo alcuni attimi, sentii bussare alla porta e subito dopo, sentii che veniva aperta dietro di me. Mi si congelò immediatamente il sangue nelle vene, sempre ammesso che esso stesse ancora scorrendo in quel corpo che mi ritrovavo in quel momento.
Mi voltai di scatto, cercando di concentrarmi il più possibile per nascondere l'occhio e lentamente sentii qualcosa che mi dava un leggero fastidio nella cavità oculare. Evidentemente ero riuscito a ritrarre sia il colore che la pupilla.
Davanti a me mi trovai Miriam che mi fissava impietrita.
—Fabio qualcosa non va in te... che ti è successo in questi giorni? Perché stai ridendo da solo? E poi... perché... — fece una pausa, poi riprese fissandomi le braccia —cosa sono quelle?— Le braccia. In mezzo alla confusione del momento, mi ero dimenticato che non avevo idea di come nascondere il Marchio. La soluzione migliore che avevo trovato era quella di fasciarmi il braccio destro per non farle notare ma adesso ormai era inutile. Per di più si erano le lunghe righe nere si erano allungate formando quegli acuminati artigli, oramai estremamente difficili da nascondere ma soprattutto ai quali era impossibile trovare una giustificazione, o meglio una scusa. Il vero problema in quel momento però non riguardava il mio aspetto bensì la vampira dietro di me. Se l'avesse vista, o meglio, se avesse visto Giselle rigenerarsi sarebbe stato a quel punto impossibile trovare spiegazioni razionali in quanto le mie mani erano per di più imbrattate delle cervella e del sangue della ragazza.
Non sapevo davvero cosa fare. Il panico più totale mi aveva offuscato la mente, ma qualcosa non andò come immaginavo. Miriam si avvicinò a me camminando a tentoni nel buio della stanza e quando fu vicina a me, si avvicinò col volto al mio corpo ed iniziò ad annusarmi.
—Mio dio Fabio, perché puzzi così tanto? Cosa hai fatto?— domandò lei perplessa.
—Io ecco, vedi è lunga da spiegare, e poi non deve interessarti... — dissi liquidandola. Nella penombra notai il suo sguardo triste ed adesso anche assente.
— Va bene... vado ad accendere la luce allora... — disse lei in tono cupo.
— No ferma! Cioè, avviati di sotto io arrivo subito — dissi non appena mi resi conto che se avesse acceso la luce avrebbe visto tutto ciò che era appena accaduto nella stanza. Ma era troppo tardi. Miriam aveva ormai acceso la luce ed io rimasi indifeso dall'evidenza dei fatti.
— Ma cosa è successo qua... — disse la ragazza in tono impaurito e quasi esterrefatto.
—Io, ti posso spiegare tutto— dissi a quel punto rendendomi conto che oramai il gioco era giunto alla fine.
— Fabio come hai fatto a sfondare il muro?— domandò improvvisamente lei.
— Come... ho fatto a sfondare il muro? — ripetei. Dovevo aver sentito male, o aver capito male.
—Sfondato... il muro? — domandai ancora sbigottito. Poi mi fissai la maglia e mi voltai dietro di me. Nulla. Il sangue che avevo prima addosso adesso non c'era più. Il corpo di Giselle non c'era più, e nemmeno tutto il sangue che aveva perso Giselle in quella parte della stanza era svanito. Tutto ciò non aveva senso. Come. Come era possibile. D'improvviso mi venne in mento ciò che mi aveva detto Giselle poco prima. Quel Dannato. Quello dal quale aveva assorbito i poteri di gestione del tempo. Evidentemente era riuscita a rigenerarsi abbastanza da poter interrompere il tempo e cancellare ogni traccia della sua comparsa in quella stanza, comprese quelle su di me. Non avevo idea di come avesse potuto fare o per quanto effettivamente avesse interrotto il tempo. Evidentemente non era lavoro da poco quello di ripulire tutta la zona, ma conoscendo Giselle quel tanto che mi bastava, potevo affermare con certezza che sicuramente avesse usato uno dei suoi tanti trucchetti dei quali ancora io ero all'oscuro.

Onde Bianche - Il Marchio dei DannatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora