Jeandre #3

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Jean entra in fabbrica, al suo primo giorno di una nuova stagione con la Techeetah, con mille domande che gli affollano la testa. Come sarà il suo nuovo compagno di squadra? Una persona tranquilla o insopportabile? Disponibile o arrogante? Gli darà problemi solo in pista o anche fuori? Arriveranno al punto di odiarsi o saranno amici per la pelle? Jean è più confuso che mai. Ammette a se stesso che forse non informarsi nemmeno per sbaglio sul suo nuovo compagno di squadra non è stata una grande idea, tantomeno quella di lasciarsi il gusto della sorpresa: il francese ora come ora muore dalla curiosità di vederlo in faccia. Ha visto alcune foto, è vero, ma non abbastanza recenti da permettergli di farsi un’idea chiara di come sia lui adesso. A dire il vero non si ricorda nemmeno il suo nome. André… qualcosa. Il francese è convinto del fatto che al momento giusto se ne ricorderà, nel bene o nel male. In fondo alla sala d’ingresso, il francese imbocca il corridoio che dà a sinistra sul simulatore e a destra sulla sala riunioni, è lì che incontrerà il suo nuovo compagno di squadra, e improvvisamente i muscoli di Jean si tendono, in stato di allerta. Ѐ nervoso, e non riesce a capire perchè. In fondo, ha già conosciuto decine di compagni di squadra in questo modo, perchè oggi si sente diverso? Non sa assolutamente come spiegarselo. Svolta l’angolo ed entra nella sala riunioni. Insieme a Mark Preston, il direttore della Techeetah, c’è il suo nuovo compagno di squadra, che parla tranquillo, sorridendo di tanto in tanto. Jean è come bloccato sul posto, un passo appena dentro la stanza, e non riesce a togliere gli occhi di dosso da André. 

“André Lotterer…” mormora, incantato dagli occhi blu del “...tedesco.” mormora ancora. André sposta lo sguardo sul francese, come se avesse sentito quello che lui ha detto, gli sorride appena. Mark si volta, non appena realizza che l’attenzione del tedesco non è più su di lui.

“Oh Jean, vieni pure.” il francese si avvicina ai due uomini, André è alto quanto lui, e i loro occhi sono allo stesso livello, impossibile per loro non guardarsi. “Ti presento André Lotterer, ha vinto a Le Mans nel 2011, 2012 e 2014.”

“Sì, lo so…” mente il francese, sorridendo al tedesco, gli tende la mano, André la prende e gliela stringe, la sua presa è forte e sicura. “Ѐ un piacere.” Jean guarda André negli occhi, prima di posare lo sguardo sulle sue labbra per un istante.

“Piacere di conoscerti Jean-Eric.” improvvisamente, il modo che odia di più in cui lo possano chiamare, a Jean non sembra più così tanto male, pronunciato dalle labbra di André. La voce del tedesco è quasi musica per le orecchie del francese, se potesse lo ascolterebbe parlare per ore. Il tedesco lascia la mano del francese, e improvvisamente Jean sente freddo, cerca di nascondere la sensazione infilandosi le mani in tasca, ma invano. Non presta nemmeno attenzione alle parole che Mark sta pronunciando, talmente è assorto da André, si perde nei suoi lineamenti perfetti, i capelli ordinatissimi, la leggera barbetta lasciata crescere forse per curiosità, per vedere come ci sta, che agli occhi di Jean lo rende mille volte più sexy di quanto già non sia. Jean non si accorge di aver messo il tedesco in imbarazzo, tranne quando quest’ultimo è costretto ad abbassare lo sguardo al pavimento per colpa del suo sguardo insistente, ma lo rialza quasi subito, disincantando il francese. “Perchè mi fissi?”

“Perché mi fissi?” chiede André, prendendo il suo bicchiere di piña colada dal bancone del bar. La sabbia delle Maldive è bianca e calda, ma non ustionante. Il sole splende nel cielo, il mare si infrange con piccole onde sul bagnasciuga, Jean riemerge dai suoi pensieri, sorride mentre André lo guarda negli occhi.

“Perchè sei bello.” risponde il francese, sollevando il mento dalla mano su cui si era appoggiato, il gomito sul bancone del bar accanto a lui. Il tedesco sorride, quasi in imbarazzo, abbassa lo sguardo e con la mano libera cerca quella del francese che sta appoggiata sulla sua gamba. "È la stessa cosa che avrei voluto dirti il primo giorno che ti ho visto, tre anni fa, quando sono entrato in quella sala riunioni a Parigi."

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