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Il picchiettio della penna sulla lavagna luminosa penetrò nelle tempie di Sveva come un martello

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Il picchiettio della penna sulla lavagna luminosa penetrò nelle tempie di Sveva come un martello. Chiuse gli occhi e le massaggiò, inspirando profondamente e dicendo a sé stessa che non avrebbe bevuto mai più.

«Io ritengo che si possa intervenire chirurgicamente. Data la massa ridotta, le probabilità di successo sono elevatissime. Tutto bene, Sveva?»

Il professor Turriani era in piedi vicino alla lavagna e indicava con la penna una piccola macchia biancastra presente sulla lastra, nella zona occipitale di un cervello. Si trattava di un astrocitoma pilocitico in fase iniziale e si discuteva su come intervenire.

Alzò gli occhi di scatto, mascherando la fitta alla testa. Prese in mano una delle due lastre poggiate sul tavolo e la osservò. «Sì. A New York ho eseguito un intervento simile diverse volte, non ci dovrebbero essere particolari problemi.»

Nella stanza c'erano altre due persone: un chirurgo e un tirocinante. Turriani chiese il parere di entrambi, poi staccò la lastra dalla lavagna e la ripose nella busta insieme alle altre.

«Vado a fare il giro di visite, ci vediamo tra un'ora per mettere a punto l'operazione.» Tutti si alzarono. «Mirco, tu vieni con me» aggiunse, rivolto al ragazzo.

Sveva si recò al bar, sgranocchiò qualcosa, bevve un caffè e si incamminò verso la sua stanza. Si sentiva a pezzi; dalla festa a casa di Mark era rincasata alle cinque e alle otto e mezza si era presentata al lavoro. Era stata una bella festa, sentiva di essere stata bene, ma non si sarebbe fatta preparare più nulla da Kieran d'ora in avanti, ancora non era riuscita a capire cosa avesse bevuto. Lui poi era sparito, non lo aveva più visto e sarebbero rimasti a piedi se non fosse arrivato Christian.

Aprì la porta del suo ufficio e per poco non lanciò un urlo. Appoggiata alla scrivania c'era l'ultima persona che avrebbe immaginato di incontrare. Rimase impalata, con il cuore che rischiava di schiantarsi nel petto.

«Logan.»

«Ehilà, doc», si mosse nella sua direzione e cercò di abbracciarla ma lei si sottrasse.

«Che ci fai qui?»

Sveva chiuse la porta e si diresse in fondo alla stanza. Guardò Logan davanti a lei, i capelli castano chiaro corti, gli occhi verdi, il sorriso seducente. Bellissimo, come sempre.

«Non ti ho più vista al lavoro e mi sono preoccupato.»

«E sei venuto in Italia per questo? Avresti potuto telefonare.»

«Sì, ci ho provato ma non sono riuscito a rintracciarti. E poi... quando ho saputo che eri di nuovo in Italia ho avuto paura di non rivederti mai più. Mi manchi, sai.»

Sveva fece roteare gli occhi e sbuffò. «Oh, per favore. Perché non mi dici il reale motivo per cui sei qui?»

Lui fece qualche passo in avanti. «È la verità. Mi ha chiamato il tuo portiere e mi ha detto che c'era una scatola per me, con tutte le mie cose dentro...»

Così dannatamente belloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora