13.

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Era stata una sensazione sgradevole quella che aveva provato quando le labbra di Mark si erano poggiate sulle sue

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Era stata una sensazione sgradevole quella che aveva provato quando le labbra di Mark si erano poggiate sulle sue. Eppure non si era mossa, non aveva opposto resistenza e lo aveva assecondato. C'era la sensazione di vuoto lasciata da Logan, c'erano le voci provenienti dall'interno e i passi di qualche animale nel sottobosco, c'era il frusciare lento delle foglie, lo scricchiolio del divano di vimini sul quale erano seduti. Ma non c'era il trasporto, non c'era l'attrazione, non c'era la chimica.

Mark le infilò la mano dietro la nuca e si fece ancora più audace. La lingua si insinuò nella bocca, in cerca della sua, ma proprio non riusciva a farselo piacere quel bacio. Sveva si divincolò in fretta, mormorò delle scuse e salì in camera.

Sotto il getto d'acqua calda della doccia si chiese cosa le stesse passando per la mente; quasi non si riconosceva più. A tormentarla di più era la vergogna per aver baciato un uomo sposato e sperò con tutta se stessa che nessuno li avesse visti. Con Mark avrebbe chiarito tutto l'indomani.

Il letto non riuscì a darle il conforto che sperava e, stanca di rigirarsi, verso l'alba si vestì e scese in giardino.

L'umidità della notte pervadeva ancora l'aria, le punte dei pini cominciavano a chiazzarsi d'oro e il contrasto col cielo che si rischiarava andava via via addolcendosi. Si appoggiò alla ringhiera di legno della veranda. Gli uccellini cinguettavano allegri, giocavano tra i rami e nei cespugli delle aiuole. La piscina di fronte a lei era immobile, così come il resto della casa, all'interno stavano tutti dormendo.

Anche lei si sentiva tranquilla, e forse era proprio questo a tenerla sveglia. Sentiva che il dolore che aveva portato dentro per tanto tempo era ormai scomparso, nessuna traccia, neanche una piccola fitta allo stomaco se riportava alla mente Logan e il loro ultimo incontro. Era servito davvero, quell'ultimo incontro. Sveva aveva chiuso definitivamente quel capitolo della sua vita. Ma la leggerezza dello spirito, la nuova sensazione di libertà che avvertiva dentro, la faceva sentire spaesata e confusa. Quasi come se le mancasse quell'alone di sofferenza che si era trascinata dietro per diversi mesi. L'ignoto davanti a lei la terrorizzava.

La porta alle sue spalle si aprì e lei si voltò di scatto. Kieran, con indosso pantaloncini corti e maglietta a mezze maniche, si fermò sul portico e la fissò.

«Ciao. Buongiorno» disse lei.

«Ciao. Che fai qui fuori?»

Aveva l'aria stanca e l'atteggiamento arrogante che tanto aveva odiato di lui. La guardava in modo strano, come se non la sopportasse. Anche la sera prima aveva avuto la stessa sensazione, eppure era stato lui a invitarla lì.

«Non riuscivo a dormire.»

«Come mai? Il letto non era di tuo gradimento?»

«Tu invece perché sei già sveglio?»

«Sto andando a correre.» Fece dei passi in avanti, poi si voltò un attimo prima di scendere i gradini e la guardò. «Ti consiglio di farti una passeggiata nel bosco. È l'ideale per schiarirsi le idee.»

Così dannatamente belloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora