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L'idea di partire con così poco preavviso non aveva entusiasmato particolarmente Sveva e in un primo momento aveva declinato l'invito del fratello adducendo come scusa il lavoro alla clinica

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L'idea di partire con così poco preavviso non aveva entusiasmato particolarmente Sveva e in un primo momento aveva declinato l'invito del fratello adducendo come scusa il lavoro alla clinica. Ma Enrico sapeva benissimo che, nonostante andasse al lavoro tutti i giorni, lei era in ferie fino a luglio, per cui non aveva voluto sentire ragioni e l'aveva costretta a partire.

Quando, verso ora di pranzo, raggiunse il luogo dell'incontro, scoprì che a essere invitata era stata tutta la squadra. Mancavano solo pochi calciatori, tra cui Christian che aveva impegni con la famiglia. C'erano persino i più giovani. Vederli tutti sorridenti, chiassosi e uniti mise di buonumore Sveva.

Parlò poco durante il viaggio ma si nutrì della gioia e della spensieratezza di quei ragazzi che Enrico considerava una famiglia e a cui lei era molto affezionata. Per diverso tempo l'attenzione fu rivolta verso Serena, una ragazza che fino ad allora nessuno conosceva, fidanzata con Alessio, il più giovane del gruppo, appena diciottenne. Aveva capelli castano scuro, lunghi fino alle spalle e portava la frangetta, indossava un jeans nero che faceva sembrare ancora più magre le sue lunghe gambe e un corpetto a fiori, con sopra un giubbottino di finta pelle nero con le borchie. Era molto vispa e non la smetteva di parlare di Kieran e di quanto fosse felice di poter finalmente incontrare il suo idolo. Sveva aveva notato come la guardava Alessio, innamorato e rapito, anche se in alcuni momenti era arrossito, imbarazzato.

Seduto accanto a lei, più volte Mark aveva fatto commenti poco carini in tedesco, lingua che Sveva parlava abbastanza bene, oltre allo spagnolo e al francese. Probabilmente era stata l'unica a capirlo e l'unica a scoccargli delle occhiatacce. Avevano conversato in tedesco e Mark aveva affermato candidamente di non sopportare quella ragazzina e di considerarla invasata, superficiale e ignorante. Quei giudizi approssimativi e non richiesti l'avevano fatta innervosire ma aveva preferito non replicare.

L'abitazione di Kieran era enorme. Arrivati a Goteborg avevano preso dei taxi e percorso le vie della città fino a giungere in una zona periferica, dove avevano imboccato un lunghissimo viale alberato. A destra e a sinistra si estendeva un prato che sembrava sconfinato. La villa era strutturata su due piani, in stile vittoriano e dietro di essa si apriva un bosco di abeti. Al lato destro della casa c'era un'altra piccola struttura, una depandance, in pietra. Una casa da sogno.

Kieran li stava aspettando sul vialetto d'ingresso. I ragazzi si salutarono e si abbracciarono. Sveva si avvicinò, trascinando il trolley sulla ghiaia e sorrise a Kieran. Anche lui fece qualche passo nella sua direzione ma Serena gli corse incontro e lo abbracciò forte. Così non riuscirono a salutarsi fino a quando non furono dentro e Kieran li ebbe sistemati nelle camere. L'interno, se possibile, era ancora più bello. A Sveva toccò la camera col bagno; le pareti erano bianche e i mobili di legno scuro. C'era anche un balconcino dal quale si poteva ammirare la piscina e un sentiero sterrato che si perdeva nel bosco.

«Signorina, la stanza è di suo gradimento?» Kieran era sulla porta, le braccia incrociate al petto e un sorriso sghembo sul volto.

Sveva fece qualche passo per la stanza. «Mio dio Kieran, hai una casa stupenda. Davvero.»

Così dannatamente belloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora