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A farle riaprire gli occhi fu un rumore fastidioso e ripetitivo che si era insinuato nelle orecchie

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A farle riaprire gli occhi fu un rumore fastidioso e ripetitivo che si era insinuato nelle orecchie. Si tirò su a fatica, cercando di mettere a fuoco la stanza e capire che giorno fosse. Aveva come l'impressione di trovarsi in un mondo onirico, dove tutto era indefinito. Poi una fitta le attraversò lo stomaco e ricordò. Logan era lì.

Probabilmente doveva essere lui che continuava a suonare quel maledettissimo campanello. Scese dal letto, i piedi nudi, gli occhi gonfi e la bocca impastata. Si sentiva uno straccio, sia fisicamente che emotivamente, non ce l'avrebbe fatta ad affrontare di nuovo Logan.

Ma davanti a lei, quando aprì la porta, c'era Christian. Sorpresa, Sveva cercò di ricordare il momento in cui gli aveva scritto. Doveva per forza avergli scritto, sennò che ci faceva lì con quell'aria preoccupata stampata in faccia? Eppure non riusciva a ricordarsene.

«Ehi, che ci fai qui?»

Lui la squadrò da capo a piedi ed entrò. «Come che ci faccio? È quasi mezzogiorno, dovevamo andare a pranzo fuori. Stavi dormendo?»

«Oddio, Chri... io me ne sono dimenticata. Vado a prepararmi.»

Parlava e si muoveva come un automa, senza nessuna sfumatura di colore, che fosse cupo o acceso. Christian l'afferrò per un braccio e la costrinse a guardarlo negli occhi.

«Che ti succede? Hai dormito vestita, hai tutto il trucco sbavato e gli occhi gonfi. Hai pianto?»

Solo in quel momento Sveva si rese conto di indossare gli abiti del giorno prima. «È venuto Logan.»

Gli occhi di Christian si infiammarono. «Logan? Che diavolo vuole? Dov'è adesso?»

«Non lo so. Forse starà ancora dormendo... ma che fai?»

Christian era partito in direzione delle camere e Sveva lo sentiva sbraitare frasi tipo "pezzo di merda, vieni fuori", "dove sei, stronzo", "che cazzo vuoi ancora da lei". Fece anche lei qualche passo in direzione delle camere ma in cucina notò il mazzo di rose che le aveva portato Logan. Era stato messo in un vaso e una sola rosa era poggiata sul tavolo. Si avvicinò. Sotto alla rosa c'era un foglio di carta piegato in due. Lo prese, le dita tremavano un po'.

Sveva, amore mio
Quando ho saputo che eri andata via da New York ho deciso di venire a Milano perché volevo che capissi quanto ti amo e che per te farei qualsiasi cosa. Vederti è stato bellissimo, ma mi sono anche reso conto del dolore che ti ho causato.
So che non vuoi più parlare con me e quindi non mi resta che lasciarti queste poche righe.
Ho fatto la cazzata più grande della mia vita e ne pagherò le conseguenze per sempre. Ti ho persa, lo so, ed è solo colpa mia.
Non ti chiederò di perdonarmi e di cercare di recuperare il nostro rapporto, ci ho pensato a lungo e tu hai ragione, meriti di essere felice. È dura per me dirti queste cose e lasciarti andare ma voglio solo che tu stia bene e che non soffra più per un pezzo di merda come me.
Vorrei però che tu sapessi che ti amo e ti amerò per sempre. Ti aspetterò, se un giorno vorrai tornare da me.

Così dannatamente belloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora