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Sveva chiuse la porta della sua stanza e si sedette dietro la scrivania con un sorriso radioso e una tremula felicità nel cuore

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Sveva chiuse la porta della sua stanza e si sedette dietro la scrivania con un sorriso radioso e una tremula felicità nel cuore. La visita di Kieran era giunta inaspettata e altrettanto inaspettata era stata la sorpresa per Matteo. Il piccolo era fuori di sé dalla gioia quando gli aveva portato la maglia autografata di Kieran Blom. Un peccato che fosse dovuto andare via.

Si mordicchiò il labbro inferiore mentre pensava ai giorni appena trascorsi in Svezia insieme a lui. Ripensò alla sensazione delle mani calde di Kieran sui suoi vestiti fradici e sul viso, al modo in cui si erano guardati, come se quello che stava per succedere dipendesse da un bisogno urgente e incontrollabile.

Da quel momento non aveva più potuto fare a meno di lui. C'era qualcosa che la spingeva a cercarlo con lo sguardo quando non lo vedeva accanto a sé o non percepiva la sua presenza, qualcosa che li aveva portati a parlare ore e ore senza mai stancarsi.

Kieran le piaceva. E chi lo avrebbe mai detto. Non riusciva neanche a individuare il momento esatto in cui la trasformazione era avvenuta perché se si soffermava a pensarci le pareva di essersi sentita attratta da lui da sempre. Si crogiolò in quei pensieri, gli occhi fissi sulla parete di fronte e le labbra tese in un sorrisetto.

Voci e rumori in corridoio la fecero ripiombare nella stanza. Si ricompose, e radunò le analisi davanti a lei. Aprì il primo foglio e lesse il risultato.

Cavolo. Non aveva pensato che potesse essere una possibilità concreta quando aveva portato i campioni in laboratorio, quella mattina. Rovistò nella borsa, tirando fuori il cellulare.

Mezz'ora dopo era seduta al tavolino di un bar poco lontano dalla clinica. Il caldo permeava l'atmosfera, attenuato solo da un filo di vento che faceva sollevare il lembo del foglio poggiato sul tavolino davanti alla bellissima ragazza che aveva di fronte.

Valentina lo richiuse e lo mise in borsa. La mano delicata, con le unghie smaltate di rosso, si poggiò sul bicchiere di acqua tonica. Non aveva detto granché e Sveva stava rispettando il suo silenzio. Era abituata a dare notizie ben peggiori ai suoi pazienti, con lei non c'era nemmeno bisogno di cercare di alleggerire l'impatto traumatico. Anche se, a dirla tutta, l'espressione del suo volto parlava di una certa agitazione.

«Grazie Sveva, davvero. Volevo solo chiederti di non dire nulla a Enrico... non so quando glielo dirò. Devo riflettere.»

«Non c'era neanche bisogno di chiederlo.»

Valentina annuì in segno di gratitudine e portò il bicchiere alle labbra. Sveva le sorrise. Poteva capire le riserve della ragazza, il legame con Enrico era ancora acerbo e un figlio era una cosa seria, un impegno importante. Probabilmente entrambi non erano ancora pronti a metter su famiglia, anche se a Sveva non sarebbe dispiaciuto diventare zia. E poi Valentina le piaceva, suo fratello era felice con lei.

«Ti va di uscire insieme stasera?» chiese la ragazza dopo aver bevuto.

A dire il vero aveva proprio bisogno di una serata per conto suo, per coccolarsi un po' e fare il punto della situazione, ma annuì. «Molto volentieri.»

Così dannatamente belloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora