The Copy And The Otom Ninja

Capitolo 10

Mi risvegliai in un letto di ospedale con una flebo attaccata al braccio.
La mia vista era sfocata e ancora non avevo ripreso coscienza di tutti i miei sensi.
Un profumo mi avvolse le narici tanto che sforzai le pupille a vedere da dove veniva questo soave profumo, notai dunque dei fiori di un blu brillante proprio sul comodino accanto al lettino d'ospedale; rimasi a guardarli per dei minuti infiniti, ne scrutavo ogni loro dettaglio e particolarità poiché ancora ero debole per potermi alzare.
Neanche notai di essermi riaddormentata quando una voce mi chiamò.
"Aisaka. Sei davvero qui?"
Mi svegliai di sovrassalto avendo sentito una voce molto vicina al mio orecchio. Seduta nel lettino mi guardai attorno, eppure nessuna ombra di qualcuno che avesse potuto anche solo svegliarmi o parlarmi.
"Oh! Signorina Taiga ben svegliata!"
Una giovane donna, l'infermiera senza dubbio, entrò nella stanza sorridente. Mi continuavo a guardare attorno irrequieta, nonostante la donna trasmetteva calma e tranquillità. Qualcosa mi faceva fremere le mani.
"C'era forse qualcuno prima del mio risveglio?"
La ragazza con gli occhiali sul naso abbassò il volto su una cartella vicino al mio letto. Cominciò a squotere la testa per poi sorridermi una volta che si era accertata della risposta da darmi.
Guardai verso la fine del letto dove c'erano i miei piedi sotto le coperte. Ero in un certo senso inquietata da tutto quello che avevo attorno, era come un atmosfera pesante ed opprimente.
"Oltre me e qualche dottoressa non è entrato nessuno"

Dopo qualche visita mi spiegò cosa era successo. Avevo la testa e i palmi delle mani fasciate, inoltre il mio stomaco era stato lacerato e quindi ogni movimento era doloroso e stancante, fortunatamente le tecniche curative avevano migliorato la mia situazione.
"Il team 7 l'ha portata qui"
Quella frase doveva rassicurarmi e farmi sentire fortunata, eppure in quel momento cominciai a sentire caldo, e mentre sentivo bisogno di aria il mio battito accellerava, come se la mia presenza in quell'ospedale fosse di troppo.
(Che cosa ci faccio qui?)

Circa due giorni dopo fui dimessa, nessuna visita, niente di niente, solamente io e la mia strana ed inquietante sensazione di insicurezza e di perenne pericolo per la mia vita.
Una volta fuori dall'ospedale non sapevo bene dove andare, non avevo più una casa qui, e Konoha non era più la mia città da troppo tempo, era così diversa che non riuscivo nemmeno a riconoscere le strade che avevano coronato la mia infanzia.

L'infermiera mi aveva detto che sarebbero poi venuti a prendermi per portarmi verso la mia abitazione temporanea, era importante la mia presenza in città ed erano tutti molto contenti che stavo bene.
(Eppure qualcosa non mi torna...)
"Ehi Aisaka...!"
Guardai arrivare verso di me un uomo dal taglio moderno, uno sguardo sicuro ma illuminato dalla gioia di vedere una sua vecchia amica e compagna di team.
"Komuro!"
Sorpresa non sapevo bene come comportarmi, ma ci pensò lui a farmi sciogliere con uno dei suoi abbracci tanto affettuosi quanto soffocati.
"Sono così felice di rivederti..."

Ed ecco di nuovo quella sensazione, che cos'è? Perché non sono altrettanto felice? Cos'è questa preoccupazione? Forse non dovrebbe starmi così vicino. Sono agitata, non so come comportarmi. Cosa sta succedendo?
"Aisaka?"
Non lo lasciavo allontanare da me, le mie dita stringevano la sua maglietta mentre i miei occhi guardavano il nulla. Eppure i miei pensieri non volevano tenerlo così vicino a me.

Dopo qualche oretta mi aveva raccontato cosa era successo, almeno sotto il suo punto di vista. Tutti sapevano chi ero e cosa era successo, questo mi metteva a disagio visto che non ho mai amato stare al centro dell'attenzione.

"Qui le cose vanno bene, beh o almeno ultimamente vanno meglio."
Sapevo che c'erano molte cose che non conoscevo, eravamo vicini ma lontani anni luce. Come se tutto quello che vedevo mi fosse estraneo.
Eppure sapevo che non potevo farci nulla, quindi non dovevo far altro che riavvicinarmi a lui e cercare di tornare a come eravamo un tempo. Era possibile?