13 - Scoperte

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La pioggia continua a scendere tranquilla sotto il mio sguardo poco attento, mentre la mia testa, appoggiata alla finestra di camera mia, segue il movimento di quelle gocce, che cadono per terra intanto che ripenso a tutto quello che avevo saputo.

Gli avvenimenti che erano successi dopo aver scoperto che Micheal è il fratello di Liam erano stati abbastanza ripetitivi : io che sembravo sul punto di avere una crisi isterica e Dafte che mi chiedeva costante se stavo bene.

Tecnicamente non le avevo mentito.
Le avevo detto che io e suo figlio ci eravamo incontrarti per caso una volta sola e poi raramente ci eravamo rivisti.

Ma se sapessi il motivo di questa bugia magari sarebbe più facile raccontare tutta questa storia, ma la verità è che non lo so neanche io.

Non so se devo o no parlare con Liam.
Non so se rincotrero' Dafte e quel dolcissimo bambino.
L'unica cosa di cui sono sicura è che con tutti questi "non so" potrei farci un romanzo più lungo dell'ultimo libro di Harry Potter.

E aggiunta a tutta questa confusione è la preoccupazione per quel bambino e, per quanto non sopporti Liam e quella sua faccia perfetta, mi dispiace per lui e per quella donna così gentile che si ritrovano come madre.

Un brontolio rumoroso mi distrae da questi pensieri ricordandomi di non saltare mai più il pranzo se non voglio ritrovarmi come ora ad avere fame alle sette e mezza di sera.

Mentre il mio stomaco si fa ancora sentire con un altro fastidioso lamento, scendo le scale lentamente e attraversando l'ampio salone mi ritrovo in cucina, dove, nell'intento di prepararsi un panino, trovo la figura alta di mio padre.

Saltare i pasti e ridursi a cenare presto dev'essere di famiglia allora.

- Ciao Papà - Dico avvicinandomi a lui.

- Tesoro - Mi chiama lui accorgendosi della mia presenza - Vuoi un pezzo del mio panino? -

- Preferisco il dolce - Rispondo avventandomi su un pezzo di crostata al cioccolato - Com'è andata a lavoro? -

- Oggi ho visitato un altro bambino - Sospira lui.

Fa questo lavoro da quasi vent'anni.
Si è abituato a parlare di tumori.
Di studiarli.
Di curarli.
Ma al dispiacere per quei poveri bambini non credo che qualcuno ci si potrà mai abituare.

- Che cos'ha? - Domando io.

- Leucemia - Mi risponde solamente lui.

Dopo quella risposta, tutta la fame che avevo fino a qualche minuto fa sparisce e al suo posto compare la sensazione di avere come un sasso enorme al centro del petto, che viene tradotta dal mio viso con un espressione estremamente triste.

- Però altri bambini sono riusciti a guarire - Aggiunge poi - Non preoccuparti -

Le mie labbra si incurvano in un piccolo sorriso mentre mio padre mi accarezza la guancia con la mano che non è occupata dal panino.

- E come si chiama? - Chiedo io appoggiandomi al bancone della cucina mentre nella mia testa cerco di credere a quella rassicurazione.

Per quanto io non conoscessi quei bambini e loro non conoscessero me, mi intetessa chiedere di loro, farli sentire importanti in qualche modo, anche se loro non potranno mai saperlo.

- Michael - Mi risponde lui, e appena lo dice sento il masso al centro del petto farsi più pesante - Un bambino davvero dolcissimo -

Istintivamente le mie mani si aprono, lasciando cadere il pezzo di crostata, che appena entra in contatto con il parquet si distrugge in mille piccoli pezzettini.

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