Asfissia - Cause

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TERZA PARTE - POLMONI

ASFISSIA: Cause
Difficoltà o incapacità a respirare.



Il cervello è in grado di convincersi di qualunque cosa, di eliminare ricordi traumatici, di ripescare dettagli infinitesimali con una nitidezza per i particolari vecchi di anni, di sopprimere pulsioni o rifiutare di assimilare concetti per mero meccanismo di difesa da sé stesso... affondando per paura di spiccare il volo e perdere l'equilibrio, soffocando in sillabe mai pronunciate, sopprimendo sentimenti travolgenti per puro terrore che il cuore sia troppo fragile per sopportare così tanta pressione sanguigna, annegando in cascate che si riversano all'interno degli occhi per non attirare un sentimento appiccicoso come il biasimo... e l'apatia nasconde il ticchettio di una bomba ad orologeria sprovvista di innesco, inesorabile nella sua dedizione alla devastazione emotiva, inevitabile come una mina antiuomo ben nascosta in una strada impossibile da non percorrere.

Il petto è una cavità vuota, un antro angusto ed appiccicoso dove tra la settima e l'ottava costola si trovano gli scheletri di falene corrose dal tempo, un pozzo buio in fase di allagamento che straripa e smorza il fiato, esplode ad una caviglia slogata su un passo incerto, lasciando una ustione da freddo che incide una impronta nitida sottopelle... ed il cervello memorizza, formando un buco nella trama ingarbugliata della memoria, rimpiazzando con un brivido freddo lungo la schiena una vertigine che nasceva calda dal fondo della pancia.

L'apatia è terapeutica, nonostante lo stomaco sfarfalli ancora spingendo per raggiungere la botola d'uscita ben celata sul fondo del pozzo, ma James non sa più nuotare... ed annega cercando salvezza.

«So che sei sveglio.» afferma Yelena Belova ai piedi del suo letto, indugiando con le dita sospese sopra il suo corpo prima di decidersi ad afferrargli una caviglia e riscuoterlo, ma James si ostina a tenere gli occhi chiusi fingendosi morto mentre la ragazzina inizia a fargli un resoconto brutale e sbrigativo degli ultimi giorni. «Sono passati cinque giorni... avevi i polmoni in collasso e ti hanno operato, sei rimasto in coma fino a ieri, ma hanno dovuto sedarti di nuovo perché la prima volta che hanno provato a svegliarti sei entrato nel panico. Non so se te lo ricordi, non eri molto lucido.»

Il problema era proprio quello, James se lo ricordava e non avrebbe voluto, era annegato nelle proprie lacrime aspettando che la morfina tornasse velocemente a fare effetto per non provare più nulla... il rumore del suo cuore in fibrillazione gli aveva spaccato in due i timpani, soprattutto se partiva dal presupposto che avrebbe voluto e sarebbe dovuto essere morto.

«Ti hanno tolto i drenaggi ieri sera, hai un bel po' di cicatrici nuove...» commenta la ragazzina impertinente con cinismo sconfinato, spostandosi al suo fianco avvertendo il suo peso leggero gravare sul bordo del materasso, tradendosi sbuffando dal naso infastidito. «Lo so, lo so... se fossi morto staresti molto meglio. Ti è andata male, temo.»

James non vorrebbe reagire ma l'indolenza di Yelena gli smuove qualcosa dentro, aprendo gli occhi di colpo trafiggendola con lo sguardo che brucia di una domanda ancora senza risposta... i suoi polmoni erano in pieno collasso, non esisteva che lui fosse riuscito a sopravvivere. Non voleva sopravvivere in un mondo in cui non c'era più Natalia.

«Ti ha salvato la bambina, non voleva farvi del male, ha rimediato come ha potuto... credo sia in grado di leggere le emozioni delle persone, l'hai sconvolta.» spiega Yelena svicolando con lo sguardo, storcendo appena le labbra al ricordo di quel grido disumano che James aveva inciso nel cervello in modo indelebile, contraendo le dita in un riflesso involontario prima di pronunciare la continuazione della frase. «Hill ha dovuto trascinarla a forza via da qui, l'ha portata da Fury come da accordi... diciamo che non è stato un bello spettacolo.»

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