Una figa da paura (finale 1)

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Agata giaceva sul pavimento con gli occhi aperti, in una pozza di sangue. Era una guerriera, morta con dignità, circondata dai suoi compagni che in realtà erano l'unica vera famiglia che avesse mai avuto. Finalmente aveva trovato la pace che da tanto tempo cercava, non si può dire lo stesso per i suoi compagni. Gandía era tornato nella panic room stremato; aveva la schiena piena di schegge e aveva un pezzo di metallo conficcato nella spalla. Tokyo lo guardava con uno sguardo speranzoso e gli disse:
- lo sai che stai sanguinando come un maiale? Come sta Nairobi?
- non lo so come sta Nairobi, per alzarsi si alza. Quella figlia di puttana mi ha lanciato una granata.
- così non andrai da nessuna parte...
- cosa vuoi? Che ti liberi?
- le mi sleghi le mani, ti curo.
- d'accordo ma il collo e le gambe restano legate.
Con le mani libere, Tokyo rimosse le schegge e poi piantò una pinza nella spalla di Gandía, il quale cadete per terra e in quel preciso momento la banda arrivò a salvare Tokyo.
- forza, liberatemi!
- certo!
- come sta Nairobi?
Rio senza dirle nulla, la guardò con uno sguardo triste, con lo sguardo di qualcuno che aveva perso la battaglia. Tokyo si sedette e scoppiò in un pianto isterico mentre singhiozzava, ripensava a tutti i bei momenti passati insieme alla sua migliore amica. Tokyo era fuori di sé e immediatamente si pentì per non aver trafitto la gola di quell'assassino con le sue mani.
La banda avvisò il Professore dell'accaduto, il quale sconvolto, si accasciò a terra in lacrime ma subito rispose:
- dobbiamo vendicare Nairobi e andare avanti. Restituiremo quello che hanno fatto a lei moltiplicato per cento. Mi avete sentito?!?
Helsinki coprì il corpo di Agata con telo bianco, la prese tra le sue braccia e piangendo la trasporto su per le scale. Teneva stretta la sua migliore amica, la sua famiglia, tutto quello che gli era rimasto dopo aver perso il cugino Oslo nella Zecca. Il nostro Helsinki, grande e grosso, improvvisamente si sentiva così piccolo e fragile, era a pezzi, sconfitto. Prese una delle casse di legno dove tenevano le armi e la svuotò; ci mise Agata dentro e all'esterno ci scrisse 'Nairobi, Agata Jimenez 1986-2019 la puta ama (una figa da paura). Accese delle candele e iniziò a pregare per lei.
- Nairobi...Agata, io ti volevo bene, tanto bene e te ne vorrò sempre. Io ti avevo fatto promessa, di dare denaro a tuo figlio e raccontargli la tua storia. Lo farò, te lo giuro. Ti prometto che uscirò da qui, lo farò per te amore mio. Non ho intenzione di perdere più nessuno e ti ho giurato anche altra cosa, che avrei ammazzato quel figlio di puttana di Gandía. Gli farò lo stesso che lui ha fatto a te. Non ti dimenticherò mai...
Dopodiché chiamò tutti i suoi compagni alla radio per dire loro di raggiungerlo. Si creò un cerchio intorno alla bara, il silenzio era assordante, finché venne interrotto dal pianto di Tokyo, seguito poi dagli altri.
- cazzo, non possiamo neanche metterle dei fiori! Porca puttana!
Disse Denver.
- non servono dei fiori se là fuori c'è una folla intera pronta a piangere per lei...è questo che serve, l'amore. Perché lei se lo meritava, tutto l'amore del mondo si meritava...
Rispose Bogotà.
- forza, prepariamola per farla uscire.
Helsinki era convinto di non poter proseguire oltre con tutta questa follia ma dopo gli ordini del professore, era determinato a rendere giustizia a Nairobi, consegnandola alla folla e raccontando la sua storia in tutto il mondo. Gli amici di Agata erano affacciati alle finestre, guardarono la loro amica uscire dalla banca e con il pensiero le diedero l'ultimo saluto. Le porte si aprirono e Agli agenti di sicurezza del governatore della banca, che erano stati tenuti in ostaggio, uscirono trasportando la bara sulle spalle. La folla restò in silenzio e così anche tutti gli agenti di polizia. Il nome di Agata, stava sfilando davanti a tutte quelle persone con dignità e forza, proprio come avrebbe voluto lei. Raquel dalla tenda di polizia, vide sui monitor la scena funeraria e quando vide il nome di Nairobi scoppiò in lacrime e si avvicinò agli schermi.
- fermatela!
- no! Lasciatela stare...per rispetto!
Esclamò l'ispettrice Sierra.
Sicuramente Agata avrebbe dato voce ai più deboli, alle persone che erano state colpite da ingiustizie e avrebbe incoraggiato a dare il meglio di sé stessi. In fondo nonostante i suoi sbagli, aveva sempre lottato per le persone a lei care e per sistemare le cose. Era una donna dal cuore buono, che tutti amavano e che di certo non si meritava una fine del genere. Una donna con carattere, determinata e indipendente che ci ha insegnato molte cose nel corso del tempo. Agata era e sarà un'ispirazione, che ha lasciato un segno indelebile nei cuori di chi l'ha conosciuta, lanciando un messaggio femminista che sicuramente ha fatto la differenza.
È logico essere tristi ma ricordate che il MATRIARCATO non è finito, anzi, è appena iniziato.

Yo soy Agata (che il matriarcato abbia inizio)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora