Capitolo 23: "L'amore è... guai"

415 14 12
                                    

Adrien rimase impietrito davanti alla porta dello studio per un tempo che gli parve interminabile. A ridestarlo fu la voce di Plagg, che lo raggiunse volando rapidamente giù dalle scale "Adrien! Adrien! Dobbiamo sbrigarci Ma..." "Ti prego Plagg taci!" Gli gridò contro il ragazzo. Non avrebbe voluto farlo, ma le parole gli erano uscite senza che lui lo desiderasse. "Ma sta per succedere un disastro... Marinette..." tentó di dire il piccolo esserino. "Ora non è il momento. Devo trovarla. Io... Mio padre..." Il ragazzo sembrava fare fatica ad articolare le parole. Poi prese fiato e finì finalmente la frase "Mio padre è Papillon! Devo trovare Marinette e dobbiamo sconfiggerlo". Plagg rimase interdetto per una manciata di secondi. Il tempo sembrava dilatarsi all'infinito. "Come sai che tuo padre è Papillon?" Sussurrò infine, un tacito orrore impresso nei suoi occhi. "L'ho sentito parlare con un kwami... stà per akumizzare qualcuno!". Plagg perse per un attimo l'equilibrio. Adrien lo guardò con un aria interrogativa. Ma cosa diavolo gli prendeva? "Dobbiamo sbrigarci"disse alla fine il kwami con voce piú risoluta "Dobbiamo sbrigarci, Marinette è in pericolo!". Adrien si sentí ancora una volta come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno. Negli ultimi giorni aveva imparato fin troppo bene a riconoscere quella sensazione. Quel dolore che gli stringeva lo stomaco ogni volta che capiva qualcosa che non avrebbe voluto capire. No... Marinette... Non per colpa sua... . Gli dipinse sul volto un'espressione di puro terrore. Poi senza dire più nulla sentí le gambe scattare da sole e si precipitó all'esterno.

L'aria fresca di Parigi non servi a nulla. Marinette cominciò a correre per la strada senza smettere di piangere, gli occhi velati dalle lacrime. Si scontrò con un uomo distinto che passeggiava nella direzione opposta alla sua ma farfugliò un "Mi scusi" e continuò la sua corsa senza fermarsi. La gola le bruciava, sentiva il cuore nel petto che sembrava esplodere. No... non era quello... il suo cuore sembrava già esploso, frammentato in milioni di parti che le sembrava impossibile rimettere insieme. Senza neanche accorgersene si ritrovò al parco. Si accasciò su una panchina e nascose la testa fra le mani. Basta. Era stanca di tutto cio, era stanca che tutto andasse per il verso sbagliato. Venne distolta dai suoi pensiero da un rumore sommesso che sembrava uno sbattere d'ali. Alzò lo sguardo. Una piccola farfallina nera stava volando nella sua direzione. Un'akuma. La ragazza rimase impietrita, mentre il piccolo essere le si posava all'orecchio e veniva assorbito dall'orecchino. La ragazza sentì rimbombarle in testa una voce maschile "Marinette... Io sono..." "Lo so chi sei" lo interruppe lei " ...Papillon!" nella sua voce c'era una chiara sfumatura di disprezzo. "Non mi arrenderò a te. Non riuscirai a piegarmi" disse convinta. Si aspettava una risposta aggressiva invece senti una risata. "Sei coraggiosa, ragazzina" ammise l'uomo "Ma sei sicura di potermi resistere? Sei sicura di... volermi resistere?". La ragazza tentennò. "Posso darti il potere che vuoi Marinette. Tu, che ti se fidata degli altri, tu che ti sei sacrificata per gli altri... cosa hai ricevuto in cambio? Nulla. Anzi, solo dolore. Sei sicura di non volere il mio aiuto?" La sia voce era profonda e suadente. Marinette si accorse di avere le mani che tremavano. Le strinse a pugno tentando di controllarsi. "Io..." in quel momento sentì tutta la tristezza di prima trasformarsi in rabbia e formarle un nodo in gola. Sentì che le sue mani avevano smesso di tremare, e si accorse che i suoi occhi ora erano leggermente socchiusi, le sopracciglia strette e la fronte corrugata. "Io voglio il tuo aiuto" cedette infine, la voce ferma e sicura. "Molto bene..." sogghignò nella sua testa Papillon "E allora Lady Eris (n.d.a. dal latino "Eris"=discordia) và e ripagali con la stessa moneta."

Quando Tikki arrivò al parco ormai era troppo tardi. Da lontano vide Marinette mentre veniva avvolta da una spessa nube nera. Pochi secondi dopo si dissolse e lascio al suo posto.... Ladybug? No no... non era ladybug, pensò tikki, il suo costume era nero con i pois rossi. Marinette non era più eroina della giustizia. In quel momento era diventata la paladina della vendetta. Tikki sentì gli occhi riempirsi di lacrime. "MARINETTE!" gridò. Ma la ragazza non si voltò. Lanciò in aria lo yoyo e scomparve fra i tetti di Parigi. Mentre si alzava nel cielo Tikki constatò con orrore che dalla sua bocca si levava una perfida risata.

Chat Noir correva fra i tetti senza fermarsi. Ormai sentiva il cuore battergli nel petto come un tamburo impazzito, ma il pensiero di Marinette in pericolo spingeva le sue gambe a continuare. Per un secondo chiuse gli occhi e fece scorrere sulle palpebre chiuse tutte le settimane precedenti come in un film. Improvvisamente si rese conto di una cosa. "Marinette..." o Ladybug, si sforzò di pensare - gli risultava ancora difficile associarle - "io... tutto il male che ti ho fatto...". Quella ragazza non solo salvava Parigi ogni giorno. Ora ci aveva pensato lui a spezzare quella poca forza che le era rimasta per non cedere alla disperazione. "È troppo tardi..." pensò.  Cosa avrebbe potuto fare se anche l'avesse trovata. Lei non lo avrebbe mai ascoltato, ne come Adrien ne come chat noir. Cavolo si doveva essere veramente idioti per riuscire a deludere qualcuno anche avendo a disposizione una doppia personalità, pensò. E se Marinette fosse stata... non voleva neppure pensarci, eppure la possibilità c'era... se fosse stata akumizzata? Cosa avrebbe potuto fare lui da solo? Non era niente senza di lei. Non era niente senza quello che c'era fra loro. Ed era riuscito a distruggere tutto. Ma in quel momento gli tornò in mente il sorriso di Marinette. Al mare, o in camera sua, o mentre erano sulla torre Eiffel. Quel sorriso... Quel sorriso era la cosa più preziosa che aveva. "Non mi importa se mi odierà... non mi importa se non vorrà mai più vedermi... devo salvarla... io devo... devo darle la possibilità di cogliere tutto il bene che si merita, e sorridere di nuovo." Improvvisamente sentì la stanchezza sparire lentamente e con rinnovata forza accelerò talmente da dare l'impressione di volare. "Ce la posso fare" disse fra se e se "devo farcela... per te".

Spazio autrice

Ahhh già a volte mi ricordo anche di aggiornare eh eh eh... bene... Ora è meglio che vada... prima che qualcuno mi uccida... *folla con forconi che si avvicina* appunto ehmmm a prestissimo bye bye 💚

Tempo d'amore - le avventure di Ladybug e Chat NoirDove le storie prendono vita. Scoprilo ora