Jordan Greenway

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(T/N): tuo nome.
(C/C): colore capelli.
Attenzione: CAPITOLO LEGGERMENTE LEMON.

"La leggenda del filo rosso del destino, è una credenza molto diffusa in Giappone. Essa narra che ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona cui siamo destinati: il grande amore, per noi occidentali la nostra anima gemella. Le due persone così unite, sono destinate a incontrarsi, non importa il tempo che dovrà passare, le circostanze o le distanze che le separano. Perché, il filo rosso, sarà lunghissimo e fortissimo e non si spezzerà mai. Il legame che simboleggia è forte, indissolubile, e niente e nessuno potrà metterlo alla prova"

Era una fredda giornata di marzo, il tempo non prometteva nulla di buono; per (T/N) significava l'inizio dei giochi, l'inizio degli Hunger Games.

Si era offerta volontaria al posto di sua sorella, ed ora le toccava dover lottare per la vita. Il distretto due, come anche gli altri, avevano selezionato anche un nome maschile: Jordan Greenway.
Non conosceva nulla di quel ragazzo, ma se l'istinto non la ingannava -e non lo faceva mai-doveva guardarsi bene le spalle. Aveva una sorta di cattiveria negli occhi, come se non si aspettasse altro che quello.
Sapeva leggere fra le righe, aveva subito capito di non potersi fidare e proprio per questo, quando erano saliti in treno, non gli aveva rivolto una sola parola.
'Tu devi essere l'altra' parlò arrogantemente, mentre si avvicinava al corpo disteso della ragazzina.

'L'altra ha un nome, porta rispetto, non sono una tua amica' fu gelida nella risposta, e non si girò nemmeno a guardarlo

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'L'altra ha un nome, porta rispetto, non sono una tua amica' fu gelida nella risposta, e non si girò nemmeno a guardarlo.
'No, non lo sei. Lascia che ti dica una cosa però, non pensare che solo perché appartieni al mio stesso distretto, io ti tratti con riguardo' le spostò il volto con forza facendole strabuzzare gli occhi.
'Forse non hai capito con chi hai a che fare ragazzino' prese il suo polso e con un piccolo scatto, se ne liberò.
'Spalanca bene le orecchie perché non lo ripeterò due volte, vuoi uccidermi quando saremo all'interno di quel fottuto campo di battaglia? Bene, ti aspetto, ma non darmi alcun fastidio ora perché potrei seriamente pensare di ucciderti prima del tempo' lo minacciò con voce forte e chiara.
'Non ti scaldare nano con l'ascia, volevo solo fare conversazione' disse con un sorrisetto ironico.
Jordan faceva fatica ad ammetterlo a se stesso, ma la trovava anche piuttosto sexy; un vero spreco della natura, soprattutto per le sue piccole -ma esili gambe- ed il suo bel posteriore.
L'aveva squadrata da cima a fondo, sapeva di essere un bel ragazzo e nessuna, fino ad allora, si era mostrata così indifferente al suo fascino e questo, lo incuriosiva più di ogni altra cosa.

Passarono esattamente due giorni dal loro arrivo a Capitol City, entrambi si erano tenuti a distanza l'uno dall'altro, chi per antipatia, chi invece, per paura di provare qualcosa di completamente nuovo dal solito.
Eseguirono la prova di valutazione, entrò prima Jordan, che grazie alla sua forza nelle gambe, aveva sbalordito quasi tutti i giudici.
'Sicuramente mi metteranno il massimo, ti è andata male pulcino. A confronto alla mia forza, tu sembrerai una formica' la prese in giro appena uscì fuori dalla stanza.
'Pivello, guarda e impara' rispose passando oltre, non prima di avergli tirato una forte spallata.
Entrò nella stanza e dopo averla osservata per bene, senza nemmeno aspettare il consenso dei giudici, afferrò dei coltelli e iniziò a lanciarli velocemente sui diversi bersagli.
Si accorse però che coloro che dovevano giudicarla, non la stavano affatto guardando. Prese una lama e con destrezza, essa andò a conficcarsi al centro della mela, nella bocca del cinghiale: dove si trovavano seduti tutti gli uomini.
Si inchinò dinanzi a questi con una certa ironia, e poi, uscì quasi di corsa.
'Che palloni gonfiati' sussurrò tra se e se prima di tornare nel suo appartamento.

Il giorno dopo, arrivarono tutti i risultati: lei era stata la migliore di tutti, si era distinta per il suo coraggio e la sua grinta.
'Come hai fatto a prendere più di me?' Jordan entrò con furia all'interno della stanza sbattendola al muro di lato.
Prese i lembi della sua camicia da notte e li strinse forte, arrabbiato per il risultato.
'Chi lo sa, forse è stata solo fortuna' lo sfidò con lo sguardo (T/N).
'Tu menti, che trucco hai usato? Perché non riesco a staccarti gli occhi di dosso?' Le urlò sul viso stringendole i polsi.
'Sei ridicolo se pensi che tutto ciò, possa servire a domarmi' lo guardò negli occhi, prima di liberarsi e ricambiarlo con la stessa moneta con un pugno ben assestato in mezzo le gambe.
'Cazzo, picchi duro anche tu' si toccò le parti basse sedendosi a terra.
'Cosa credevi, di avere davanti un'ingenua?' Chiese sedendosi accanto a lui per massaggiare il polso dolorante.
'Affatto, in realtà tu mi piaci, sei tosta e non stupida. Sei anche molto forte, soprattutto se penso che al tuo posto, sarebbe dovuta esserci tua sorella' rivelò quello che sentiva di provare.
'E si può sapere perché fai lo stronzo e il violento?' Legò i suoi capelli in una coda alta.
'Sono fatto così, e poi, non è che tu sia stata un angioletto' sorrise divertito per le smorfie che lei, stava facendo inconsapevolmente.
'Ripetilo se hai il coraggio' salì sul suo bacino, afferrandolo per il maglione che portava.
'Avevo ragione, sei proprio un vero diavoletto' capovolse la situazione, trovandosi sopra.
'Forse si, o forse no' sorrise perfida prima di alzare il bacino e strusciarlo contro quello già pronunciato del verde che la sovrastava.
Ripetè l'azione per altre volte, finché con la lingua tra i denti, non decise di divertirsi ancora di più.
Baciò le labbra dello sconosciuto fiondandosi sopra con voracità, e con le mani, slacciò il bottone dei pantaloni che indossava.
A dividere la sua mano dalla pelle, ora c'era solo il boxer, ormai umido in alcuni punti.
'Tutto bene principino?' Sussurrò in un'orecchio leccandogli il collo.
'Sei la più perfida di tutte' affondò i denti nel collo della (C/C) gemendo dal piacere che le sue dita, in miscela alle sue labbra, gli stavano facendo provare.
'Vieni per me Greenway' lei possedeva ormai il comando della sua mente, e senza nemmeno aspettare altre parole, raggiunse l'amplesso tanto desiderato.
'Hai capito perché ho preso più di te?' Disse lasciando un bacio a stampo sulle sue labbra.
'Sei più furba di quanto immaginassi... tuttavia, ora tocca a me prendere possesso della tua testa, anche prima che del tuo cuore' si alzò dal pavimento, la prese in braccio per poi, lanciarla sul grosso letto matrimoniale.

"Quella notte, si diedero molto da fare e il giorno dopo, si separarono con una promessa, vincere a tutti i costi il gioco. Con un'unica differenza, farlo insieme"

Spazio Autrice
Eccomi qua con una nuova One Shot ispirata in parte alla trilogia di Hunger Games.
-Domanda di vitale importanza: team Peeta, team Gale o team Finnick?
Comunque spero vi sia piaciuta, anche se, a me, non tanto.
Vi piacerebbe se creassi One Shot ispirate a qualche film?
Se si, ditemi quale e il personaggio di Inazuma che avete scelto di associare.
Vi aspetto nei commenti!
A presto con quella o su Riccardo, o su Axel!

One Shots - Inazuma ElevenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora