13. Quindi sorridi?

79 12 0
                                    

Eravamo arrivati da poco in aeroporto. Stavamo aspettando le famiglie che ci avrebbero ospitato per i successivi mesi.
Ibra era di fianco a me, mentre era intento a mandare dei messaggi, dopo essere riuscito a trovare una connessione Wi-Fi, a mamma dicendole che eravamo arrivati e che stavamo bene.

"Pronta?" Ibra, con lo sguardo rivolto a me aspettava una mia risposta .

"Ho l'aria di una pronta per qualcosa?" era vero, non mi sentivo pronta per niente. Forse sarebbe stato meglio rimanere a casa e non partire.

Forse trovo qualche aereo per tornare a casa...

<Ma cosa cavolo sto pensando> scossi la testa in segno di disapprovazione con i miei pensieri.

Vidi Ibrahim sospirare.

Ero pesante in certe situazioni, come in questa. Forse avrei dovuto smetterla di farmi certe paranoie.

"Non voglio che nessuno sappia che ho perso la memoria nella scuola" dissi poi secca.

"Tranquilla ci avevo già pensato" Si stava guardando attorno, sicuramente alla ricerca delle persone che lo avrebbero accolto a casa loro "Papà ha già comunicato tutto ai professori quando stava sistemando le ultime cose per la partenza a scuola "

Annuii soltanto, non avevo voglia di continuare quella conversazione.

Chissà come sarà la famiglia che mi ospiterà, saranno simpatici? Mi gironzeranno attorno tutto il giorno? Spero proprio di no, ho voglia di chiudermi nella stanza che mi assegneranno e starmene chiusa lì, avvolta nei miei pensieri. Adesso ho la possibilità di iniziare a coltivare i miei sogni, o almeno iniziare ad ambire a qualcosa. Iniziare a capire che corsi avrei dovuto scegliere a scuola e soprattutto organizzarmi per non ritrovarmi indietro con lo studio. Avevo bisogno di sfruttare al meglio questa esperienza, sarebbe stato l'unico modo per cominciare al meglio questa mia "nuova vita".

Avevo portato con me tutti i diari che avevo trovato nella mia camera, forse più in là li avrei letti per avere qualche chiarimento in più. Forse capire qualcosa del mio passato mi aiuterà a portare avanti il mio presente e a costruire il mio futuro e, soprattutto, forse mi aiuterà ad aprirmi di più con le persone e non trattarle come degli oggetti e dargli più importanza. Non come adesso, che dopo che qualcuno mi rivolge la parola, io, a malapena, lo guardo.

Mi stavo costruendo una corazza, avevo paura di essere ferita. Ma paura di cosa? E ferita da cosa? Non lo sapevo e avevo paura di saperlo. Mi sentivo così stupida e debole. Sarei dovuta essere più forte e non avere certi pensieri, perché tanto non mi avrebbero portato a nulla. Mi stanno facendo solo sprofondare di più.

Guardai Ibrahim parlare con dei ragazzi e mi accorsi della importanza che lui aveva nella mia vita. Era inutile negarlo, mio fratello era l'unico con il quale riuscivo ad avere dei momenti intimi in cui mi sentivo bene e momenti in cui mi teneva testa e mi rispondeva a tono. Sorrisi a quel ricordo, io in piedi vicino alle scale, lui che mi risponde frustato dalle mie parole ma che subito dopo si addolcisce.

Era l'unico con cui riuscivo ad avere dei rapporti umani, ero sincera con lui e mi veniva spontaneo, non come gli altri.

"Quindi sorridi?" il ragazzo, che era seduto sull'aereo accanto a me, mi si parò di fronte.

Stava sorridendo in modo strano, anzi più che un sorriso sembrava una smorfia. Adesso che lo osservavo vidi un certo fascino in lui. Sarà per gli occhi cristalli che mi guardavano ossessivamente, i capelli neri li aveva legati segno che li aveva abbastanza lunghi, la pelle leggermente scura gli donava davvero tanto.

Mi sentivo in imbarazzo, le guance si erano scaldate all'improvviso e sentivo dei brividi pervadermi l'intero corpo.

Cercai di rimanere impassibile, non volevo avere nessun contatto con gli altri. Per adesso mi bastavano Ibra e Kawtar.

"Jannat, vieni ti presento la famiglia che ti ospiterà" il professore Menna con il suo sorriso mi fece cenno di andare nella sua direzione salvandomi da quella situazione. Quel professore credo fosse il mio preferito.

Presi la mia valigia e prima di voltarmi per andare, gli rivolsi un ultimo sguardo. Lo vidi sorridere mentre scuoteva la testa.

"Sei impossibile" quella sua affermazione mi fece sorridere, per fortuna che ero di spalle.

Raggiunsi il professore e salutai in modo educato la signora che avevo di fronte.

Solita donna inglese, occhi chiari e capelli biondi lunghi lisci.

<Tipico> pensai.

"Hi, I'm Jennifer Cooper" mi diede la mano e io la strinsi.

"And I am Jannat Hadid" le sorrisi. Dovevo comportarmi in modo gentile, dopotutto mi avrebbe ospitata e io avrei dovuto conquistare la sua simpatia.

Dopo aver scambiato qualche parola con la signora, la lasciai parlare con il professore riguardante certe disposizioni sul mio conto,andai a cercare Ibrahim per salutarlo. Eravamo ospitati in case diverse, quindi ci vedremo solo a scuola e se faremo qualche escursione durante la giornata.

"Ibrahim " dissi. Guardò nella mia direzione e mi fece cenno di avvicinarmi a lui e al gruppetto in cui era immerso. Mi avvicinai e notai Noah intento fare delle facce buffe.

Scoppiai a ridere. Era impossibile fare il contrario, era troppo buffo.

"Cosa ti ridi cespuglio?" di nuovo quel nomignolo.

"Vedere te fare lo scemo e non ridere è come fare un torto all'umanità " le mie risate cessarono "Anzi se scemo non lo fai e lo sei" sentivo di poter parlare liberamente con lui.

Fece il broncio e si finse offeso.

"Voglio la mia mamma, Jannat mi maltratta" sembrava un bambino in questo momento.

Il bambino che era in quel momento stava avendo la meglio. Dopo qualche altra risata, la signora Cooper venne a chiamarmi dicendo che era l'ora di andare.

"Adesso vado" salutai mio fratello con due baci nella guancia e gli altri con un gesto della mano.

Noah però si avvicinò a me e mi abbracciò.

"Rivoglio indietro la mia migliore amica, ti prego non privarmi della sua stupida compagnia" le sue parole mi arrivarono come un sussurro alle orecchie.

Rimasi colpita dalle sue parole. Era la prima volta che vedevo dell'interesse da parte sua nei miei confronti. Forse stavo sottovalutando i sentimenti di molti di loro.

Ricambiai l'abbraccio e poi li rivolsi solo uno sguardo. Nessun sorriso, neanche da parte sua.

Seguii la signora inglese che avevo davanti e prima di uscire dall'aeroporto rivolsi a Kawtar uno sguardo in segno di saluto, mentre era a parlare con Ritaj e Mehdy a qualche metro da me.

Appena fuori mi strinsi nella felpa. Faceva parecchio freddo qui a Londra.

"Tieni, stai congelando" il ragazzo di prima mi mise la sua giacca sulle spalle "Me la ridarai la prossima che ci vedremo"

Il suo profumo mi avvolse completamente.

Se ne andò e mi lascio, non ha aspettato neanche una risposta da parte mia.

Perché gli avresti risposto ?

Ma gli affari tuoi vocina impertinente?

Però come dargli torto, aveva ragione. Le poche volte che lo avevo incontrato non gli rivolsi mai la parola.

Lo guardai andare via e salire in una macchina.

Sospirai soltanto, per poi fare lo stesso e salire nella macchina della signora Cooper.

Durante il tragitto, non feci altro che osservare i grandi grattacieli di Londra.

Il cielo nuvoloso che la avvolgeva in quel momento mi rappresentava a pieno...

MI SENTIVO PERSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora