14. Fai una domanda a Jannat.

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Aprii gli occhi. Ero immersa nel buio della notte. Mi guardai intorno alla ricerca del solito divanetto dove mi sedevo ogni notte, ma poi mi accorsi che non ero nella mia camera e che questa era del tutto diversa dal mio piccolo.

Al centro della stanza vi era un letto, a cui ai fianchi vi erano dei comò con degli abat-jour bianchi, come il resto dei mobili qui dentro. Era tutto così monotono, tutto così prevedibile.

Erano le 3:00.

Il mio solito, neanche qui a Londra riuscivo a dormire consecutivamente.

Da quando arrivai nella casa della famiglia Cooper, mi rinchiusi nella stanza che mi avevano gentilmente concesso per poter passare il mio tempo e dopo aver fatto la doccia mi ero messa a leggere fino a quando non mi arrivarono diverse chiamate da parte di Ibra che mi aggiunse in una chiamata con mamma e Ahlam. La piccola appena mi vide comparire sullo schermo iniziò a saltare di gioia. Era veramente felice, mi raccontò tutte le cose che fece durante la giornata e, stranamente, io la ascoltai con molta attenzione e con piacere. Ma tra l'altro quando si trattava di Ahlam, io diventavo tutta un'altra persona e sembrava che tutti i miei problemi si dissolvessero nell'aria. Durante la chiamata conobbi la ragazza che prese il mio posto in quella casa ed era abbastanza simpatica, scambiai con lei qualche parola e scoprii che amava la cultura italiana, infatti le basi per poter comunicare anche in quest'ultima lingua le aveva. Era molto simpatica, aveva legato abbastanza con la mia famiglia durante quella giornata al contrario di me che quando entrai in casa, squadrai l'interno e solo alla vista di un piccolo bambino riuscii a sorridere. Era veramente carinissimo, all'inizio aveva paura e non si avvicinò subito a me, ma dopo qualche minuto venne e mi salutò dandomi un bacio sulla guancia e presentandosi disse: "Hi, my name is Edward". Mi ricordava la piccola peste che avevo lasciato a Ravenna.

La signora Cooper mi presentò la famiglia, erano veramente gentili e cordiali nei miei confronti. Il signor Cooper fece qualche battuta e non smise di sorridermi. Le rughe gli avvolgevano il viso, insieme al lieve strato di barba del medesimo colore dei capelli. Almeno ero capitata in una famiglia con la testa apposto e che non mi avrebbe procurato ulteriori problemi.

Mi alzai dal letto e accesi la luce e come ogni notte presi il mio quadernino e mi misi a scrivere.

Sapete quando vi sentite fuori luogo?

Iniziai a scrivere, ma per la prima volta mi accorsi che non ne avevo voglia. Sentivo che i sentimenti che provavo in quel momento non potessero essere scritti su un pezzo di carta. Mi sentivo strana. Non capivo cosa mi succedesse, ero lunatica. Cambiavo i miei atteggiamenti, ma questi erano dovuti ai soggetti che avevo di fronte. I miei umori variavano, passavo dallo star bene a sentirmi male, dall'essere triste all'essere felice. Passavo dal sentirmi pieni di emozioni a sentirmi interamente vuota. Non riuscivo più a capire nulla, eppure mi stava bene come stessero andando le cose anche se avrei voluto avere qualche piccolo ricordo in più.

Presi il cellulare che si illuminava continuamente all'arrivo dei continui messaggi.

<Ma chi è manda tutti questi messaggi a quest'ora?!> sbuffai in tono basso.

Aprii le notifiche che arrivavano da una chat che era stata chiamata "LONDON IS WITH ME"

<Wow che immaginazione> pensai.

Vidi diversi messaggi e molti dei contatti che stavano mandando ripetuti messaggi li avevo salvati nella rubrica.

<Anche io potevo scegliere nomi più normali> alla vista dei nomi dei miei contatti rimasi paralizzata. Sorrisi leggermente e dopo qualche minuto riuscii a capire chi fossero.

'My broh ' era Ibrahim.
'Mezzo cervello ' era Noah.
'Il riccio ' era Mehdy.
'Hijabista 2.0 ' era Ritaj.
'Adottata ' era Kawtar.
'Bionda ossigenata ' era Beatrice.
Infine Emanuele l'avevo salvato 'Nuel '.

MI SENTIVO PERSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora