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Era una delle tante opere esposte in un mercatino anonimo come tanti, che a primo impatto le ricordò il borgo da dove era venuta.

Evelyne iniziò a camminare verso la bancarella che esponeva diversi dipinti, allontanandosi dal marito, che era rimasto a fissare la colonna di luglio. Più precisamente ammirava in lontananza i bassorilievi di bronzo che raffiguravano il leone e i galletti francesi agli angoli. Quando si voltò, sua moglie si era già mescolata con la folla, l'aveva persa di vista.

Si era allontanata da Arthur senza neanche accorgersene, quel dipinto l'aveva ammaliata con la sua voce, e l'aveva portata al suo cospetto.

Arrivata lì tornò in sé, come se nell'ultimo minuto trascorso fosse stata in balia di una forza soprannaturale che l'aveva trascinata a forza in quel punto.

Iniziò a guardarsi intorno, e si accorse che la bancarella in cui si era fermata era l'unica vuota, non c'era nessuno ad ammirare da vicino le opere esposte, e lei non riuscì a spiegarsi il motivo, quei quadri erano oggettivamente affascinanti.

«Salve.» l'accolse il responsabile delle opere. «Stava cercando qualcosa in particolare?»

Lei scosse la testa al ragazzo ossuto dietro al bancone, e il suo sguardo piombò subito sulla tela che l'aveva condotta fino a lì. «Stavo solo dando un'occhiata. Li ha dipinti lei questi quadri?»

«No, l'artista è mio nonno, a me solo l'arduo compito di venderli.»

«Sono molto belli.»

«Grazie mille.» il nipote del pittore notò l'interesse della giovane donna per un'opera in particolare. «Vedo che le interessa particolarmente La Gravida, o sbaglio?»

Evelyne mantenne gli occhi puntati sul dipinto. «Non sbaglia. Cosa sa dirmi su questo quadro? Sembra avere qualcosa di... magico.»

I lineamenti del viso scavato del ragazzo si fecero quelli di una volpe astuta. Sapeva riconoscere una vendita facile, e quella era una di quelle.

«Questa è la riproduzione di un dipinto olio su tavola di Raffaello.» spiegò il venditore. «L'originale è esposto a Firenze, nella Galleria Palatina.»

La giovane donna fissò la donna a mezza figura su sfondo scuro ritratta nel quadro, e tutti i suoi dettagli le parvero stranamente familiari. Era una donna dell'ottocento, seduta con una mano poggiata sul ventre gonfio, mentre l'altra sul bordo, dove Evelyne notò un parapetto che a prima occhiata non aveva visto. Il busto era ruotato di tre quarti verso destra, così come il volto, mentre gli occhi erano girati direttamente verso la giovane donna, come se volesse stabilire un contatto psicologico con lei. La luce accentuava i suoi lineamenti a tratti tondeggianti, era una figura cupa, con un volto che appariva scontroso, non era una donna attraente, ma per Evelyne era bellissima.

Lei, invece, era tutto l'opposto, era la classica ragazza acqua e sapone di Saint-Véran: snella e slanciata, pelle chiara, occhi scuri e una chioma ambrata che aveva sin da subito fatto impazzire Arthur. Nonostante questo la dama ottocentesca aveva instaurato un forte legame empatico, al tal punto che Evelyne riuscì a rispecchiarsi in lei.

«Chi è la donna nel ritratto? È famosa?» chiese.

«Non si sa con precisione.» rispose rammaricato il venditore. «Potrebbe trattarsi di una dama di casa Bufalini di Città di Castello, ma è solo un ipotesi. È difficile identificare a quale ceto sociale potesse appartenere una con quell'aspetto.»

Evelyne dovette convenire con il ragazzo al bancone, l'aspetto della donna poteva trarre in inganno. Indossava un vestito scollato con bordature in velluto e ampie maniche rosse, mentre l'acconciatura era finemente raccolta da una retina, con bordo prezioso. La ragazza vide al collo della dama pendere una elaborata catena d'oro, che si infilava nello scollo senza mostrare il pendente. Notò anche le sue mani impreziosite da gioielli diversi, entrambe adornate da anelli; e si focalizzò sulla sinistra, che se ne stava appoggiata in primo piano reggendo un fazzoletto, mentre toccava quello che a Evelyne sembrò essere un libretto con la copertina di cuoio. L'immagine di quella donna era altalenante, tra lo sciatto e il regale.

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