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Era passato poco più di un anno da quando si era separato dalla fedele riproduzione dell'opera di Raffaello dipinta dal nonno, La Gravida. Per lui fu un'immensa liberazione, e quella notte, se tutto sarebbe andato secondo i piani, avrebbe potuto dire addio a un altro quadro maledetto che tormentava la sua vita.

Andando avanti così, Claude Roussel sarebbe presto impazzito, quei dipinti gli parlavano, e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per liberarsene.

Se ne stava comodamente seduto su una confortevole sedia imbottita, ma qualcosa lo inquietava. Si guardava intorno con aria nervosa, i suoi occhi rimbalzano da una parete all'altra, si sentì soffocare. Era in una delle sedici sale dell'Hotel Drouot, una delle case d'aste più grande di Parigi, e l'unica cosa che voleva era uscire a prendere una boccata d'aria, ma non avrebbe mai potuto finché non si sarebbe assicurato la vendita di quel quadro.

Il quadro in questione era La Muta, anch'esso la riproduzione di un'opera di Raffaello. La donna raffigurata era silenziosa, non parlava mai, eppure era riuscita a mettersi in contatto più volte con Claude, tra tutte era la più violenta, la più crudele. Lui odiava quel quadro, ne era terrorizzato, e quella sera aveva l'occasione di liberarsene.

Il dipinto era stato portato sul palco, e il giudice dell'asta aveva tolto il telo bianco che lo ricopriva; in quel momento la stanza si era riempita di un brusio fastidioso. Non era ancora stato annunciato il prezzo di partenza, ma l'opera non aveva fatto una buona impressione, Claude se ne era reso conto subito.

La donna raffigurata non aiutava, e neanche la scaletta della serata. Avevano iniziato da coppe preziose e mobili antichi, passando a delle tele di nudo artistico di belle donne dai corpi sinuosi, per poi arrivare a quello: il ritratto lugubre di una donna dal viso poco amichevole.

Claude si muoveva nervosamente sulla sedia, come un pesce fuor d'acqua in una bacinella, era preoccupato per il possibile esito dell'asta, era la sua ultima possibilità di vendere quella tela. Era già passata per due aste deserte, nessuno si era fatto avanti per acquistarla, e il suo valore era stato ribassato per due volte fino al massimo stabilito: un quarto del valore.

Aveva le sue buone motivazioni per essere nervoso e per stringere i pugni contro le sue ginocchia, ma Claude Roussel non sapeva la cosa peggiore di quella serata. Qualcuno era lì per lui, e lo osservava dal fondo della sala. Era un'ombra scura che si aggirava furtivamente all'Hotel Drouot, e non aveva smesso neanche un secondo di fissarlo.

Il giudice si schiarì la voce, attirando l'attenzione dei presenti. «E ora passiamo a un'opera del defunto maestro Roussel. La Muta, la fedele riproduzione di un famosissimo dipinto di Raffaello Sanzio.» guardò i possibili acquirenti da sinistra a destra, immaginando il volto di chi sarebbe riuscito a portarsi a casa quel quadro. «Prezzo di partenza: trecento euro.»

Il vociare si fermò solo per un attimo, poi il brusio piombò di nuovo nella sala. Non era il rumore di uno sciame di vespe, erano più un branco di squali affamati che pensavano che il vicino fosse venuto lì con il solo scopo di fregarli.

Per il mezzo minuto successivo nessuno guardò il dipinto, erano troppo concentrati a capire chi fosse effettivamente interessato e chi no. Nessuno avrebbe alzato la palette se non avesse intuito un chiaro interesse ad acquistarlo da parte di un rivale nella sala.

Di arte non ci capivano nulla, era solo un gioco di supremazia per loro. Claude si appiccicò allo schienale, iniziando a sudare freddo al solo pensiero di dover riportare quella tela a casa con lui. Il suo respiro si fece affannoso, era a un passo da svenire, la vista si fece sfocata, ma dalle prime file vide alzarsi una paletta.

«Trecentodieci.» gridò l'uomo, con voce tremula.

Il battito cardiaco del giovane Roussel tornò stabile, ufficialmente il quadro non era più un suo problema. Non era interessato ai soldi, non gli importava a quanto l'avrebbe venduto, l'importante era non riportarlo a casa.

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