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Aveva odiato quell'oggetto talmente tanto che non riusciva a credere di poter mai sorridere stringendolo tra le mani, eppure l'aveva fatto. Era rimasta immobile in salone come uno stoccafisso a fissare quelle due linee rosa sul test di gravidanza, non ricordava più per quanto tempo le aveva attese.

Sin da quando era bambina sognava di diventare madre, ma quella gravidanza, per lei, non fu la realizzazione di un sogno, ma un vero e proprio miracolo dal cielo, ed era convinta che l'artefice di quel prodigio inaspettato fosse un quadro appeso in salotto, quel salotto che, prima dell'arrivo di quella celeberrima opera d'arte, appariva agli occhi della donna triste e malinconico.

Evelyne Lambert stava per diventare madre, ed era sicura fosse per merito della donna raffigurata in quella tela. Era un quadro come tutti gli altri, o per lo meno così sembrava alla prima occhiata, ma c'era qualcosa di terribilmente sinistro e allo stesso tempo magico dietro l'espressione impassibile della donna nel dipinto. Era uno dei tanti nel Marché de la Création, in cui l'aveva acquistato, ma a casa sua era l'opera più straordinaria che avesse attraversato la soglia del portone. Aveva chiamato proprio lei, sì, il quadro l'aveva chiamata, e le aveva donato un figlio, era questo a renderlo così speciale.

Evelyne era finita in quel mercato per caso, o forse per volere del fato, attratta dalla musica e dai profumi che emergevano da quella strada. Si era appena trasferita a Parigi, l'arte e i colori la invitarono a calpestare l'asfalto di quella via che sembrava non finire mai, ma non sapeva di essere capitata nel più grande mercato d'arte settimanale della capitale francese.

Si ritrovò nella Boulevard Richard Lenoir, in un susseguirsi di bancarelle, tavoli e meravigliose esposizioni. Davanti ai suoi occhi aveva arte pura, in tutte le sue forme: a destra vide acquarellisti, ceramisti ed esposizioni di gioielli e tessuti; mentre sulla sinistra pittori, fotografi e scultori, che presentavano e vendevano le loro creazioni.

Non era un semplice mercato delle pulci, era la rappresentazione dell'eccellenza degli artigiani parigini che esponevano ai cittadini gli oggetti fatti con le loro mani, una vera e propria via degli artisti.

La ragazza si sentì librare in solitudine in quel vento fresco di arte e musica, ma il calore di una mano sulla spalla le ricordò di non essere sola. Era la mano di suo marito, Arthur Chevalier, il bel parigino dagli occhi azzurri cha aveva portato una giovane donna di campagna come lei in una grande metropoli come Parigi. Non si era ancora abituata a quella grande città, quella fu la prima volta che si sentì a suo agio.

«Qui, ogni sabato, con la pioggia o con il sole, più di duecento artisti espongono le loro opere e si lasciano ispirare dal simbolo della libertà della Place de la Bastille.» le sussurrò il marito, indicando con lo sguardo una statua sulla cima di una colonna al centro della piazza. «Quello è il Génie de la Liberté di Auguste Dumont, ispirata a un monumento in gesso scolpito dall'artista.»

La giovane donna alzò lo sguardo verso la cima della colonna di luglio, un'elaborazione di una colonna corinzia su una base di marmo bianco decorata da bassorilievi di bronzo, e vide il genio della libertà indicato dal marito, un genio alato con una torcia stretta nella mano destra e le catene spezzate del dispotismo nella sinistra. La posa le diede l'impressione che avrebbe potuto spiccare il volo da un momento all'altro, con la spinta del suo piede sinistro.

«L'ho già visto.» osservò lei. «Sul retro della moneta da dieci franchi.»

«Esattamente. E sai, per caso, per quale motivo è stata utilizzata un'allegoria maschile e non femminile?»

«Dimmelo tu, sapientone.»

Arthur sorrise sotto i baffi, adorava condividere le sue passioni con sua moglie, ma ancor di più adorava il modo in cui fingeva di non essere interessata. «Ai tempi una raffigurazione femminile sarebbe stata un riferimento troppo esplicito alla libertà rivoluzionaria e repubblicana. Utilizzando un soggetto maschile, l'artista è riuscito a rompere gli schemi della tradizione artistica dell'epoca.»

«In quel caso avrebbe copiato il dipinto di Eugène Delacroix, no?»

«A volte sembra che tu non mi ascolti per niente quando parlo, e invece...»

Evelyne abbassò la testa imbarazzata. Il marito aveva ragione, ogni tanto sembrava persa nel vuoto a vagare nei suoi pensieri, invece lo ascoltava sempre, proprio per questo ricordava il suo sproloquio sulla Libertà che guida il popolo, un dipinto conservato nel Museo del Louvre, che aveva più volte definito "Il primo quadro politico nella storia della pittura moderna".

Aveva ben in mente ogni piccola sfumatura del suo contenuto acutamente simbolico e celebrativo della libertà, del patriottismo, e della centralità del popolo nella costruzione del destino di una nazione; e ricordava ancora meglio Marianne, una giovane donna dal cappello frigio raffigurata nel dipinto in rappresentanza della permanenza dei valori della Repubblica francese: Liberté, Égalité, Fraternité.

«Guarda bene il genio, ha una stella in testa.» le fece notare Arthur. «L'artista avrebbe potuto scolpire un cappello di fregio, proprio come quello di Marianne, ma non l'ha fatto, semplicemente per creare un'allegoria della libertà totalmente nuova.»

"Libertà", quella parola risuonò nella testa di Evelyne come un eco silenzioso in un museo vuoto. Da quando aveva lasciato le campagne del borgo di Saint-Véran, in cui era nata, per andare a vivere con il marito nella capitale francese, non era ancora riuscita a sentirsi libera, quella città la opprimeva.

Il suo sguardo vagava per la Place de la Bastille, il luogo simbolo della rivoluzione francese, e più guardava quel maestoso luogo intriso di storia più le mancava il suo anonimo borghetto in cui era cresciuta. Le mancavano gli chalet in legno con i loro tetti in ardesia, le piccole fontane in legno, i tipici forni di montagna, e le meridiane che segnavano l'ora durante i giorni di sole.

Si voltò di scatto alla ricerca di un sorso d'aria pulita, e fu in quel momento che la vide, o meglio, fu in quel momento che la sentì. La donna raffigurata in quel quadro la stava chiamando. Da quando si era trasferita a Parigi si era chiesta molte volte se quella fosse la sua strada, se il suo futuro fosse proiettato lì oppure altrove. Ancora non aveva trovato la risposta a quella domanda, ma la donna del quadro sembrava averla. Appena la vide ebbe quella sensazione, era arrivata a pensare che quella donna dallo sguardo assente avesse le risposte che cercava, i suoi occhi glielo avevano promesso.

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