Quella gravidanza non era stata tutta rose e fiori per Arthur, aveva cercato di nascondere le sue paure e le sue insicurezze alla moglie, ma quelle si erano palesate di fronte ai suoi occhi, questa volta, però, nella realtà. Aveva passato nove mesi a fare sogni strani e incubi terrificanti, e tutti erano collegati al bambino non ancora nato. C'era anche un altro piccolo dettaglio che accomunava quei sogni, ma lui ancora non ci aveva fatto caso.
Era appena tornato da lavoro, e dopo essere salito in fretta e furia su per le scale, entrò in camera di suo figlio per salutarlo. Quando si avvicinò alla sua culla però, assistette a uno spettacolo raccapricciante, che lo paralizzò all'istante, poco prima di chiamare la moglie.
Quella scena agghiacciante le ricordò uno di quei sogni ricorrenti che tormentavano le sue notti. Ormai era un incubo come tanti, ma in fondo sapeva che non era così. La prima volta che fece quell'incubo erano passati solo tre mesi dall'inizio della gravidanza di Evelyne.
Una notte di attesa come tante altre, ma Arthur non la ricordava precisamente così, successe qualcosa, un evento bizzarro, un ricordo che ogni volta gli causava turbamento.
Lo ricordava come un sogno stranissimo sin dall'inizio. Se ne stava fuori dalla stanza di suo figlio, immobile, come uno stoccafisso. Non era ancora nato, ma la sua cameretta era già pronta, ben sei mesi prima. Nel primo piano della sua casa si era propagato il pianto di un bambino, si accorse solo poco dopo che quel lamento era nella sua testa. Sentiva un bambino piangere all'interno della cameretta, e quel rumore rimbombava nella sua scatola cranica, come se era l'unico a poterlo sentire.
Aprì la porta della camera, che cigolò nel silenzio della notte. La stanza era buia, e sul fondo vide la culla, illuminata da una luce soffusa, che non capì da dove arrivasse. Più si avvicinava a quella culla più i lamenti del bimbo si facevano fastidiosi. Si appoggiò sul bordo una volta giunto in prossimità della luce, e sbirciò all'interno, vedendo un bambino avvolto da una coperta bianca interamente ricoperta di sangue.
All'improvviso il pianto cessò, e la luce iniziò ad affievolirsi lentamente. Arthur, con la mano tremula, spostò la coperta per vedere cosa celasse. Sotto di essa trovò il corpo esile di un bambino. Presentava due impronte rosse a forma di mano, una sull'avambraccio e l'altra sulla caviglia, gli arti sembravano essere mangiucchiati, e il corpicino del neonato era stato letteralmente squartato. Dei piccoli organi misti a sangue erano ben visibili, erano praticamente sgusciati fuori da quello squarcio impreciso che aveva sul petto, non sembrava essere stato fatto da una lama. Quel bambino era stato aperto a mani nude.
Arthur si portò la mano sporca del sangue del bambino alla bocca, per fermare un rigurgito. Nel frattempo, intorno a lui, la luce mistica che circondava la culla svanì nel nulla, lasciandolo nel buio più totale. Iniziò a fare dei respiri pesanti, doveva riprendersi, anche perché alle sue spalle aveva sentito un rumore di passi. Si sentì in pericolo, e non riuscì a voltarsi, nonostante il rumore si stava allontanando da lui, sempre di più.
La curiosità vinse contro la paura. Aveva tremori su tutto il corpo, avrebbe fatto di tutto per dimenticare la scena orribile che aveva appena visto, in un certo senso sperava che alle sue spalle ce ne fosse una addirittura peggiore, al tal punto di fargli dimenticare la prima. Aveva appena visto un neonato morto, assassinato in modo ignobile e violento, dopo quella scena le sue budella erano sotto sopra, era a un passo dal vomitare, ma era consapevole di essere in un sogno, solo per quello riuscì a trattenersi.
Quando si voltò, vide l'ombra di una donna in prossimità della porta. Si era fermata sul ciglio, stava per uscire, ed era di spalle. Lui non riuscì a riconoscerla, vide solo una sagoma, quella donna era avvolta dalla penombra. La stanza era buia, riuscì a vedere solo la figura illuminata da una luce che veniva dal corridoio. Pensò alla moglie inizialmente, ma non poteva essere lei, dalle mani di quella donna colava del sangue, che gocciolava lentamente sul pavimento, goccia dopo goccia.
Arthur vide a terra delle scie di sangue, e le seguì con lo sguardo. Portavano a quella figura in piedi sull'uscio della camera del suo futuro bambino. Ne era sicuro, era stata quella donna a deturpare il corpicino di quella povera creatura innocente nella culla. Strinse i pugni dalla rabbia, avrebbe voluto colpirla, o comunque fermarla, ma improvvisamente lei si girò verso di lui. Prima che potesse vedere il suo viso, dopo un battito di ciglia, si ritrovò nel letto matrimoniale della sua stanza. Si era appena svegliato, sudato, ansimante e ancora impaurito, ma l'incubo era finalmente giunto al termine.
Arthur iniziò a respirare rumorosamente, si asciugò il sudore sulla fronte e iniziò a tastare alla cieca sul comodino, in cerca dei suoi occhiali. Non sapeva che un altro incubo stava per iniziare. Dopo averli trovati tirò un sospiro di sollievo, e una volta indossati si accorse di essere rimasto solo nel letto. Non stava sognando, era sveglio, ma la moglie non era lì con lui. Sentì dei rumori provenire da sotto, in salone. La sveglia digitale dall'altro capo del letto segnava le quattro di notte, e a fianco notò un bicchiere d'acqua pieno fino all'orlo. La moglie ne lasciava sempre uno prima di coricarsi, in caso di sete notturna.
Ipotizzò che la moglie fosse andata in bagno, ma non riuscì a spiegarsi per quale motivo i rumori che sentiva venissero da sotto. Il bagno era sul piano delle camere, mentre la cucina e il salone al piano terra, e di certo la moglie non avrebbe avuto motivo per andare in cucina a bere, in quanto aveva un bicchiere pieno sul comodino dal suo lato del letto.
Ancora scosso dall'incubo appena fatto, balzò giù dal letto, e con i piedi iniziò a cercare le pantofole lasciate a terra. Dopo essersele infilate, si diresse subito di sotto, strofinandosi le mani sugli occhi più volte, erano ancora abbottonati dal sonno, e faticava a tenerli aperti. Scese l'ultimo scalino, e vide la moglie in piedi in soggiorno, oltre il tavolo, immobile di fronte al quadro che aveva allietato le loro vite.
«Amore? Che fai qui sotto? Torna in camera.» le disse, senza riuscire ad attirare la sua attenzione.
Si avvicinò a lei, era di spalle, e lui notò che il suo sguardo era fisso verso la donna del quadro. Evelyne guardava La Gravida, e La Gravida guardava lei. Non capiva cosa stesse accadendo, la moglie non aveva mai avuto attacchi di sonnambulismo, eppure era palese che stava dormendo.
«Che ti prende?» chiese Arthur. «Perché sei venuta in soggiorno.»
Evelyne mantenne lo sguardo fisso contro il quadro, uno sguardo perso nel vuoto. «Ho sentito piangere il bambino.»
Quella semplice frase terrorizzò a morte Arthur. Loro figlio era ancora nella pancia della madre, nonostante questo quella notte entrambi l'avevano sentito piangere per la prima volta. Non poteva essere una coincidenza, entrambi la stessa sera, ma Arthur la prese come tale. Decise di sottovalutare l'attacco di sonnambulismo della moglie, e l'incubo di quella notte. Appena toccò Evelyne, lei cadde a peso morto sulle sue braccia, addormentata. Lui la riportò a letto, e non parlò mai più di quella storia, non disse alla moglie di essersi svegliata in piena notte per andare in soggiorno, e non le parlò mai di quel sogno, ma non poteva immaginare che la scena a cui aveva assistito nell'incubo si ripresentasse nella realtà.
Tornato da lavoro, fu proprio quello a paralizzarlo. Quel ricordo era affiorato in un momento che sarebbe dovuto essere felice. Robin era nato da qualche mese, quello nella culla era lui, non stava sognando, era reale, stava succedendo realmente. Quando Evelyne lo raggiunse di sopra, stringendo ancora il chiodo thailandese che le aveva riportato, lo vide immobile a pochi centimetri dalla culla, con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa.
«Che succede?» gli chiese la moglie. «Perché mi hai chiamata?»
Arthur indicò goffamente la culla. «N-nostro figlio... guarda.»
Lei, da madre moderatamente apprensiva quale era, si apprestò a raggiungere la culla, all'interno vide il suo bambino avvolto da una coperta bianca sporca di sangue.
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La Gravida
TerrorEvelyne, sterile dalla nascita, riesce finalmente a coronare il suo sogno di diventare madre. Attribuisce il merito di questo miracolo alla riproduzione di un quadro acquistato in un mercato dell'antiquariato, La Gravida di Raffaello, ma la nascita...