Capitolo III

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Svegliarsi fu l'incubo peggiore di tutto quello che gli era successo. Appena aprì gli occhi il primo pensiero fu chiedersi cosa ci faceva in quella camera, diversa dal suo appartamento in città. Poi lentamente i ricordi tornarono vividi nella sua mente e seppellì la testa sotto le coperte nella speranza di cancellare la sua esistenza o almeno gli avvenimenti. Ciò ovviamente non avvenne e interminabili minuti e tante paranoie più tardi fu costretto ad abbandonare quel rifugio sicuro nel letto a baldacchino e affrontare i suoi amici. Si vestì con degli abiti che gli avevano lasciato vicino al letto. La casa era immersa nel silenzio. Remus si diresse verso la porta, il corpo per metà fasciato da spesse bende bianche, macchiato di sangue secco.

Altre cicatrici, pensò con rammarico, ancora cicatrici in più.

Sì sarebbe dovuto abituare in quei tre anni da licantropo, eppure era sempre straziante svegliarsi dopo una luna piena, contare i segni bianchi sulla pelle e dover fare i conti con un una nuova sottile linea argentata, che gli deformava la pelle. Quelle vecchie ferite per Remus rappresentavano la perdita progressiva di umanità, come se si aspettasse che da un giorno all'altro si sarebbe svegliato non più come il ragazzo timido e impacciato, ma come l'animale che aveva urlato cose orribili alla persona più importante della sua vita e che faceva del male a chiunque incontrasse sulla sua strada. In fondo, credeva, il mondo sarebbe stato meglio senza un peso come lui nel genere umano. Scese i gradini per il piano inferiore il più silenziosamente possibile, ma, nonostante fosse sicuro che non potesse averlo sentito nessuno, Sirius fece la sua comparsa dalla sala da pranzo come guidato da un radar interiore e alla vista di Remus fece un largo sorriso. Lo Shadowhunter aveva alcune ciocche raccolte in una coda sulla nuca, il resto scendeva sinuosamente sul suo collo e si posava sulle spalle, gli occhi brillavano più del solito, più della notte scorsa quando lo aveva visto puntare una lama angelica alla gola di Jocelyn Morgenstern. Indossava una canottiera nera attillata che lasciava in mostra numerose rune, incise sul corpo allenato: come la runa parabatai sopra la clavicola, o la runa della memoria tatuata sulla spalla. I pantaloni decisamente troppo corti per i gusti di Remus gli fecero seccare la bocca e si costrinse a guardare solo il suo viso senza far vagare lo sguardo sulle gambe snelle, coperte da quei pantaloncini bianchi che il licantropo non aveva molti dubbi sul fatto che fossero stati presi da un reparto femminile. I Nephilim non si intendevano molto della moda mondana, ma Sirius era il primo che Remus avesse mai conosciuto che sbagliava appositamente reparto, non che ciò turbasse i suoi amici, finché stava bene con se stesso poteva prendere i vestiti anche da un bidone.

“Buongiorno, Lunastorta.” disse con un sorriso affabile.

Lunastorta, uno stupido soprannome dei tempi dell'Accademia, di tempi in cui tutto era perfetto e allo stesso tempo era assolutamente un macello. Era così ironico il significato che negli anni aveva assunto nel suo destino quel soprannome.

“Giorno, Felpato.” per la prima volta si sentiva senza pesi nel petto, la sua voce e il suo sorriso li avevano sciolti tutti “Quanto ho dormito?”

“Qualche giorno. Come va?” Sirius ancora sorrideva ma il suo tono era serio, non avrebbe accettato una menzogna.

“Fa male.” rispose onesto.

“Cosa?” il tono allarmato e l'ultima traccia del sorriso scomparsa dalle sue labbra.

“Tutto.” stava crollando, ancora “La trasformazione, questa situazione, tu.”

Sirius parve andare nel panico, probabilmente temeva che Remus avrebbe detto ciò che gli aveva urlato contro la notte prima di sparire nel bosco, ma non era ciò che il lupo mannaro intendeva.

“L'altra notte…” iniziò ancora scosso il Cacciatore “L'altra notte hai detto… che non era vero… che non lo pensavi. Era solo una bugia?”

Questo Remus non lo ricordava, non aveva idea di quando o cosa gli avesse detto ma poco importava.

“Sono stato un bastardo, certo che non lo penso. Tu sei uno dei miei migliori amici, ci sei stato in tutti i momenti peggiori, non è colpa tua quello che mi è successo, tu non potevi impedirlo e sì, a volte dici un mucchio di cose sbagliate al momento sbagliato, hai il tatto di un elefante, ma so che mi vuoi bene e questo mi basta ora, così come mi è sempre bastato.”

Sirius sorrise di nuovo, come se ogni cosa nella sua vita fosse sempre andata per il verso giusto, sorrise come se non avesse mai conosciuto il dolore ed il suo era un sorriso meraviglioso.

“Comunque, tornando alle cose serie, che ne pensi?” chiese piroettando su se stesso e mettendo in mostra i suoi pantaloncini.

Remus rise “Bizzarri, ma niente male. Su di te.” specificò ad un'eloquente occhiata del Nephilim.

“Uffa. Io credo che ci staresti bene invece.” rispose con un finto cipiglio imbronciato e di tutta risposte Remus gli lanciò un’occhiata obliqua.

Quella mattina mangiarono senza James. Come gli aveva raccontato Sirius, si erano dati il cambio controllando a turno il licantropo che dormiva, James aveva trascorso diverse ore quella notte a vegliare su Remus, mentre Sirius si riposava, poi, poco prima che il licantropo si fosse svegliato, se n'era andato a dormire esausto. Il lupo mannaro si sentiva terribilmente in colpa di aver cacciato i suoi due migliori, nonché unici, amici in una situazione del genere. Voleva lasciare quella casa il più in fretta possibile, sapeva quanto poteva essere pericoloso e spietato il Circolo, gli erano arrivate voci davvero preoccupanti riguardo a quanto fosse successo a New York e non aveva affatto intenzione di metterli ulteriormente in pericolo. L’unico problema era che Londra si trovava almeno a diverse ore di cammino e la sua casa era precisamente dalla parte opposta della città, perciò, volente o nolente, era comunque bloccato in villa Potter, come gli aveva fatto notare Sirius. Doveva restare almeno alcuni giorni, il tempo di riprendersi dalle ferite e, con un po’ di fortuna, trasformato da lupo, sarebbe arrivato nel giro di poche ore a casa sua. Non parlò al Nephilim di questo suo piano sapendo bene quale sarebbe stata la reazione del ragazzo. Più volte infatti aveva cercato di convincerlo a rimanere da loro, dicendogli che per i Potter non c’erano mai stati problemi, che comunque avrebbe contribuito alla gestione della casa, se si voleva rendere utile, aveva anche insistito dicendo che necessitavano di un paio di mani in più e che al massimo poteva fare da pastore alle capre. A quell’ultima affermazione il licantropo era scoppiato a ridere, nel pensare ad un lupo che si prendeva cura di una dozzina di caprette. Non c’era stato verso di convincerlo, sia perché non voleva gravare sulle spalle di nessuno, sia perché in fondo si sentiva un pericolo per tutti coloro che aveva intorno. Più di una volta si era ritrovato sul punto di perdere il controllo, soprattutto durante la luna piena.

“Io non capisco perché tu insista nel non voler restare qui.”

Remus sbuffò esasperato, avevano affrontato l’argomento centinaia e centinaia di volte, Sirius conosceva benissimo la sua risposta.

“Ti ho già detto che…” iniziò il licantropo ma lo Shadowhunter lo interruppe immediatamente.

“Lo so che tu ti consideri un pericolo pubblico, ma non è così!” erano entrambi al limite dell’esasperazione, ognuno fermamente convinto di aver ragione.

“Questo lo dici tu.” mantenere un tono calmo stava costando molto autocontrollo a Remus, che si stava alzando per lavare il piatto e il bicchiere “Non posso permettere al lupo di farvi del male. Né a te né a James. E adesso che c’è di mezzo il Circolo, beh non darò loro una scusa per venire qui. Sarà più sicuro se resto lontano.”

“Più sicuro per noi, forse. Ma che mi dici di te?!” Sirius stava praticamente urlando, Remus percepiva il panico nella sua voce e si chiese, come ogni volta che avevano quella discussione, come potesse aver paura per lui, per un essere come lui, che si odiava ogni giorno.

“Non valgo così tanto.” disse sottovoce, spiazzando Sirius, si voltò a cercare il suo sguardo che intercettò, leggendovi dentro una forte delusione e anche un po’ di disgusto.

“Come puoi dirlo…”

La discussione si spense lì, quando James entrò nella stanza con un’espressione enigmatica e Sirius si affrettò ad uscire con lo sguardo basso e gli occhi lucidi.

I look for you amoung the stars (wolfstar)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora