Capitolo XI

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Non appena lo vide, James andò incontro a Sirius con lo sguardo venato di preoccupazione.

“Cos’è successo? Stai bene? Ho sentito che qualcosa non andava, stavo per salire di nuovo.”

“James io sto bene, ma Remus è in pericolo, ti spiego strada facendo. Ora muoviamoci.”

Gli occhi del parabatai si accesero di comprensione e annuì seguendolo mentre raggiungevano il loro veicolo.

Sirius guidò come un matto nel traffico di Londra e si lanciò per le strade dissestate che portavano all’accesso più vicino per il bosco. Ci avevano messo troppo tempo, il sole stava già tramontando.

“Tu va’ avanti io ti raggiungo.” disse James mentre il parabatai abbandonava la moto con l’altro ancora sopra e gli lanciava la mappa disegnata da Severus.

Sirius non se l'era fatto ripetere e si era addentrato nel bosco. Aveva camminato il più velocemente possibile, lasciando che i rami gli ferissero il viso come fruste. Un paio di volte era quasi caduto inciampando su una radice, ma grazie alla runa dell'equilibrio era rimasto in piedi. Di fronte a lui poteva cominciare a scorgere poco lontano una radura. Fu a quel punto che sentì la voce di Remus e di Codaliscia, doveva avvicinarsi piano per evitare di mettere in pericolo il ragazzo. Così ricorse all’unica idea che gli venne in quel momento, la sua maledizione. Era una cosa che si tramandavano da diverse generazioni, nessuno ne sapeva la causa, alcuni sostenevano che fosse la maledizione di una fata, altri l’incantesimo di uno stregone, c’era anche chi ipotizzasse la contaminazione da parte di un licantropo. Nessuno si era mai rivolto ai Fratelli Silenti quando nasceva un Black così… diverso. Per vergogna probabilmente. Lo stesso era successo anche con Sirius. La prima notte dei suoi sette anni si era svegliato e si era sentito strano, provava le stesse sensazioni ma in maniera modificata. Ogni emozione era semplificata, in un certo senso, e ogni percezione sensoriale amplificata. Aveva capito che qualcosa non andava quando sua madre era entrata nella sua stanza e si era messa ad urlare. Si era guardato allo specchio e aveva visto un cucciolo di cane dal lungo e folto pelo nero, al posto della sua immagine. Lo aveva trovato divertente in un primo momento. Negli anni che seguirono Sirius si era sentito imprigionato nel suo inferno personale: sua madre non era mai stata amorevole ma, dopo quella notte, aveva seppellito ogni affetto per il figlio trattandolo come un traditore, un essere ripugnante. Non era mai stato il tipo di persona che si lascia abbattere dalle opinioni altrui, ma ricordava ancora vividamente quando a undici anni sua madre gli aveva tirato addosso un lungo pugnale d'argento gridandogli di essere solo un mostro, una cicatrice ancora scavata tra le tante nel suo cuore. L’Accademia era stata una ventata di aria fresca, in confronto al clima infernale nella sua casa, aveva fatto delle amicizie e si era sentito amato. Poi c’era stata la cerimonia parabatai e il piccolo problema peloso di Remus che li aveva costretti a tornare a Londra dove era stato accolto dai Potter, rientrare nella casa dei suoi genitori, dopo aver mollato tutto per stare vicino al suo migliore amico lupo mannaro, era stato assolutamente fuori discussione. Nelle sere di luna piena si trasformava con Remus e correvano fianco a fianco per i boschi. Come spesso accadeva, anche questa volta non si accorse del cambiamento, l’attimo prima il mondo era a colori, quello dopo in bianco e nero, popolato da rumori e odori nuovi.

Remus aveva appena detto qualcosa ma le parole si erano perse nel vento, Sirius cercò di avvicinarsi ancora, pronto a scattare.

“Perdere il proprio parabatai è come morire,” stava dicendo Minus la puzza della paura che impregnava l'aria “loro due sono praticamente l’uno parte dell’altro, sto solo ripagando un favore.”

Non aveva idea di cosa stesse parlando il traditore ma non gli importava, dopo tutto quello che aveva fatto, l'unica cosa che Sirius sentì fu la rabbia bruciante che lo logorava e, senza pensarci, saltò addosso a Peter. Non ricordava bene cosa fosse successo, ma sapeva che i suoi artigli si stavano macchiando di sangue, sentiva il suo odore metallico che lo nauseava, il sapore ferroso nella bocca e nella gola che gli causava crampi allo stomaco di disgusto. Nulla importava, per difendere Remus avrebbe fatto molto di peggio, in fondo non era certo la prima volta che tentava di uccidere quel traditore che aveva camminato accanto a lui per tanto tempo come un amico. Ogni affetto per Minus era sparito, non poteva credere che avesse quasi ucciso Remus, il Nephilim più buono e dolce che avesse mai incontrato. Il ragazzo che gli si era avvicinato quel giorno di tanti anni fa, con il suo sorriso timido, i suoi modi gentili. Forse in quel mondo di demoni e angeli era destino che tutto ciò che fosse troppo buono, dolce e gentile andasse corrotto e distrutto. Forse Remus era troppo per qualunque mondo, forse era troppo anche per Sirius stesso. Mentre provava ad aggredire ancora sentì qualcuno che tentava di allontanarlo, c'erano altri denti che gli mordevano con troppa delicatezza il pelo nero e folto, altre zampe che gli graffiavano piano i fianchi, senza fargli davvero male, in una muta supplica di fermarsi, guaiti pronunciati a mezza voce. Sirius si bloccò e si voltò per incontrare gli occhi nocciola del lupo mannaro in piedi vicino a lui, il pelo marroncino le orecchie tese. Riconobbe Remus dietro quelle iridi, rimase a guardarlo finché non sentì un dardo partire da una balestra non lontana e fendere l’aria intorno a loro. Allora si staccò dal corpo dello Shadowhunter che aveva aggredito e si buttò sul licantropo. La freccia volò sopra di loro e li evitò per un soffio, Sirius era sdraiato su Remus, coprendo il corpo del ragazzo con il proprio. Si spostò solo quando l’altro emise un suono a metà tra un ululato e un guaito. In breve furono entrambi umani, il lupo mannaro lo guardava con un misto di tristezza e felicità, Sirius non sapeva che sguardo dovesse avere, si sentiva frastornato dalla preoccupazione e dalla paura. Allungò una mano per accarezzargli il braccio, era reale, perché allora continuava a credere che si sarebbe dissolto davanti ai suoi occhi?

“Sirius?” Remus sembrava preoccupato

Per un attimo aveva dimenticato della freccia che per poco non li aveva trafitti entrambi. Si voltò nel momento in cui due figure comparivano dal bosco puntandosi due spade angeliche contro. Rimase di sasso nel riconoscerle, uno era James con uno sguardo in bilico tra la rabbia e lo stupore, l’altro era più giovane, i capelli neri corti, gli stessi occhi grigi di Sirius, la corporatura magra e bassa, lo sguardo determinato e inaccessibile. Regulus Black vestito di nero riusciva a stagliarsi sopra tutti nonostante l'altezza, la spada gli illuminava il viso facendo brillare gli occhi e rendendo la pelle ancora più pallida.

“Fratellino, è da un po’ che non ci vediamo, come vanno le cose a casa?” domandò Sirius incoccando una freccia sul suo arco.

Fratellino?” Regulus parlava con tono piatto senza voltarsi a guardare il fratello “Cosa vuoi che ti dica, dei Black siamo rimasti solo noi due e puoi dire al tuo parabatai di abbassare la sua arma, ero qui per proteggere Minus, non sapevo che fossi te il cane.”

“Che tristezza, nostra madre ha mai chiesto di me?” Sirius non era sicuro di sapere se gli interessasse o meno, ma alla domanda, pronunciata con il solito tono ironico, Remus gli lanciò un’altra occhiata venata di tristezza, perché riusciva a leggergli così bene dentro, come faceva a sapere cos'è che l'anima di Sirius si rifiutava di ammettere anche con se stessa? Perché non lo odiava come era giusto in fondo?

“Temo di no.”

Minus nel frattempo si era rimesso in piedi, coperto di graffi e tagli. “Regulus andiamocene, Remus sa tutto quello che deve sapere.”

A quel punto il giovane Black rinfoderò la spada, lanciò un’occhiata circospetta a Sirius e si addentrò di nuovo tra gli alberi seguito da Peter. James parve sul punto di seguirli e il parabatai era pronto ad andargli dietro, ma la sua attenzione fu catturata da una mano che gli si posava sulla spalla.

“Torniamo a casa.” detto ciò Remus si avviò fuori dal bosco, verso la casa di James. Sirius sorrise, il licantropo l’aveva definita la sua casa, forse almeno una cosa sarebbe andata per il verso giusto quel giorno.

I look for you amoung the stars (wolfstar)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora