Porca Puttana.

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In natura gli animali (compreso l'uomo) manifestano una reazione neuronale fisiologica in risposta ad una situazione di pericolo per se stessi o per i propri cari definita "Fight or Flight" cioè "combatti o fuggi".

Io avevo palesemente scelto la seconda.

Porca puttana.

Correvo. Correvo come non avevo mai corso nella mia vita.

I polmoni mi bruciavano mentre consumavo immani quantità d'ossigeno, le fauci secche, le braccia strette in modo spasmodico alla borsa, non percepivo quasi più le gambe mentre sfrecciavano per il labirinto di vie di Seirà.

Porca puttana.

I piedi nudi mi cedevano nella corsa sul lastricato sconnesso di pietre, inciampando e scheggiandomi le unghie dei piedi che cominciavano a sanguinare. Eppure nella testa avevo spazio per un'unica frase, l'elegante eredità di mio padre quando qualcosa non andava come voleva lui: due parole, un grande significato.

Porca puttana.

Al tempo stesso, un'altra parte del mio cervello, analizzava la situazione dall'esterno, come fossi una spettatrice distaccata della tragica situazione di cui io stessa ero la protagonista.

Feci addirittura in tempo a rendermi conto che quello era un tipico sintomo del disturbo da stress-post traumatico.

Peccato che il trauma lo stavo vivendo proprio in quel momento.

Porca puttana.

Correvo come una folle mentre un bestione alto più di due metri con zanne e artigli di dieci centimetri mi inseguiva, fiutandomi e arrampicandosi sulle pareti delle case, mentre il suo ruggito da cacciatore faceva tremare le fondamenta stesse della città.

Porca puttana.

Voltai la testa senza mai fermarmi: lui non c'era.

Le gambe cominciavano a tremarmi dallo sforzo e lentamente rallentai la mia corsa disperata.

Che lo avessi seminato? Avevo corso alla cieca per tutta la città ormai, provando a mischiarmi tra la folla nelle piazze o perdendomi tra i viottoli più nascosti.

Cosa avevo combinato? Perché mi stava dando la caccia? Non volevo morire. Non volevo essere divorata da un Lycans incazzato.

Mi faceva male il petto mentre la cassa toracica si alzava ed abbassava a gran velocità per reggere il ritmo del mio cuore impazzito e dei miei polmoni sovraccaricati.

Porca puttana.

Mi guardai attorno. Forse ce l'avevo davvero fatta! Forse ero davvero sopravvissuta!

Un forte ringhio mi fece alzare la testa: stava correndo sui tetti.

Pure da quella distanza mi pareva di vedere chiaramente i suoi occhi rosso sangue puntarmi mentre ad una velocità immane, saltando tra un tetto e l'altro, mi raggiungeva.

Nella mia testa risuonarono le parole del militare che mi aveva parlato la prima sera al villaggio: "bestie assetate di sangue".

Porca puttana.

Costrinsi le mie gambe esauste a correre per una ripida scalinata di pietra ma i muscoli erano troppo stremati, tremavano e quasi non ce la facevano a reggere il mio peso, aggrappandomi alla parete mi trascinai in un ultimo disperato tentativo di sopravvivenza.

Battei i palmi sugli infissi di porte e finestre chiedendo aiuto con tutto il fiato che avevo in gola ma nessuno mi aprì.

Non avevo neanche più le forze per piangere.

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