Oh Fenrir!

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Con male grazia venni gettata nella tana della stanza che ci avrebbe ospitato per la nostra permanenza ad Astéri.
Kaeky era così furioso che mi accorsi appena di tutto il tragitto fatto per risalire la Città-Branco, mentre lui correva a perdifiato per raggiungere il palazzo e mettermi al sicuro, tra un'imprecazione e l'altra.
"Fenrir!" continuava a ringhiare tra i denti, invocando il demone-lupo mitologico che secondo le leggende Lycans si doveva contrapporre alla Dea Luna.
Lui ignorò le mie proteste cominciando a camminare avanti e in dietro per la stanza, i pugni stretti e ancora sporchi di sangue premuti sugli occhi, la bocca piegata in un ringhio rabbioso con le zanne ancora scoperte.
Mi misi in ginocchio tra le morbide coltri della tana, ancora tremante per la paura di poco prima, e lo osservai tentare di controllare la rabbia.
Temevo che qualsiasi cosa avessi provato a dire o fare lo avrebbe solo fatto infuriare di più.
- Tesoro... Kaeky ... - tentai col tono più conciliante possibile.
Si blocco per alcuni istanti, abbassò lentamente le mani fino a serrare i pugni lungo i fianchi e si voltò verso di me con estrema calma.
M'inchiodò con uno sguardo raggelante.
Rabbia, paura, colpa, delusione.
- Tesoro? TESORO?! PER FENRIR! Eve, ti rendi conto di cosa... di cosa... AH FENRIR! - con un gesto rabbioso si passò le mani tra i capelli tirandoli - Sei stata irresponsabile! Fenrir! Che ti è saltato in mente?! Andare da sola nel Mercato Nero! Sei impazzita! -
- Non ero da sola... c'era Mise con me. - provai con voce piccola.
- Oooh ho visto in che condizioni era! Si meriterebbe la morte solo per aver esposto la sua Luna a un tale pericolo! FENRIR! -
Mi sentii gelare e subito dopo il sangue mi salì alla testa mentre mi alzavo con decisione dalla tana inalberandomi a mia volta.
Probabilmente la mia posa rabbiosa (contenuta dalla mia assolutamente nella media statura umana) risultava ridicola a confronto di più di due metri di Lycans incazzato, ma comunque mi piantai davanti a lui con i pugni sui fianchi pronta a fronteggiarlo.
- Non ti azzardare a fare niente a Mise. Non è colpa sua, anzi ha fatto l'impossibile per proteggermi. E per la cronaca non hai neanche la legge Lycans dalla tua parte per una condanna siccome io non sono Luna. -
I suoi occhi di sangue si piantarono nei miei, rabbiosi, carichi di una freddezza che rasentava la follia.
- Allora diventalo. Qui. Adesso. -
- Adesso? -
Annuì imperioso - Fatti marchiare ora. Diventa la mia compagna e Luna. - fece un passo avanti, minaccioso, le spalle leggermente curve come prima della trasformazione, le zanne che s'allungavano sempre di più.
Tremai mentre una parte profonda di me mi urlava di scappare, ma m'imposi di stare ferma al mio posto.
- No Kaeky. -
- Se sarai la mia compagna non dovrò più temere, saremo legati e potrò sempre sapere quando avrai bisogno di me. - mi afferrò il braccio con forza tirandomi verso di lui fino a scontrarmi col suo petto, portò una mano sulla mia nuca per tenermi ferma il capo costringendomi ad esporre il collo.
Il battito accelerò e le ginocchia si fecero molli per la paura: non era mai stato così aggressivo con me.
- Se oggi non fossi arrivato in tempo tu... tu... ah Fenrir! Tu sei così piccola, così fragile, così... umana! Ti ricordi cos'ha detto la dottoressa Karlson: il legame ti renderà più forte, e renderà me più forte! Così sarò in grado di proteggerti... - dopo tanto sbraitare concluse il suo sproloquio con voce flebile e gli occhi grandi di tormento che mi guardavano supplichevoli, la sua presa si allentò fino a diventare un delicata carezza lungo il profilo della mascella.
Lo osservai per un lungo istante mentre mi si stringeva il cuore.
- Oh Kay... - mossi un passo tremante verso di lui, poi un altro fino ad essergli così vicina da sfiorarlo.
Alzai esitante una mano fino ad accarezzargli il bel volto e lui chiuse gli occhi, posandosi al mio palmo. In uno scatto brusco mi attirò a se stringendomi così forte da farmi quasi male.
Affondò il volto trai miei capelli e subito le mie braccia corsero a cingergli il capo e le spalle ora scosse da un forte tremito, le dita intrecciate ai suoi capelli scuri. Ora non c'era più rudezza nei suoi modi, solo disperazione.
- Oggi ho temuto di perderti. - mormorò con un filo di voce.
- Non mi hai perso. -
- Ma ci è mancato poco... e non voglio più correre questo rischio. Ti supplico Eve, diventa la mia compagna. Io... ti amo. -
Il tempo si congelò.
Mi scostai da lui lentamente per guardarlo in volto, il suo sguardo mi fuggiva, colmo d'incertezza per La parola che si era fatto sfuggire.
Portai entrambe le mani tremanti al suo viso costringendolo a guardarmi negli occhi ora colmi di lacrime a stento trattenute. Le mie labbra erano socchiuse, senza che riuscissi a dire nulla, piegate in un sorriso che non riuscivo a trattenere.
Fui solo in grado di guardarlo nei suoi profondi occhi rossi, ora spaesati e carichi di dolcezza, rivolgendogli una muta richiesta.
- Ti amo. - ripeté flebilmente.
Le spalle gli si rilassarono e un timido sorriso gli incurvò la bocca, le sue mani corsero a stringermi i fianchi per attirarmi a lui.
- Ti amo. - questa volta la voce era ferma.Poi fu lui a guardarmi, come in attesa.
Sapevo cosa si aspettava da me.
Lo amavo? Forse, anzi, molto probabilmente si.
Ero pronta a dirglielo? Decisamente no.
Come molte cose nella nostra complicata relazione le avevo lasciate al caso, anche la definizione del nostro rapporto era rimasta in un grande limbo, limitandoci a viverla senza cercare di definirla.
Ad ogni modo non ero ancora pronta a dirgli quelle parole, forse lui era già arrivato da tempo a questa conclusione, ma io no, io avevo ancora una marea di dubbi su me stessa, su di lui e sulle ombre che invadevano il nostro rapporto.
Ma dentro di me non potevo ignorare quell'ingombrante e traboccante sentimento che m'avvolgeva ogni volta che i nostri sguardi s'incrociavano, o che sentivo il casuale sfiorarsi delle nostre mani, o quando percepivo il suo odore in una stanza.
Quell'ingombrante parola con la A mi pungeva la punta della lingua dalla voglia di pronunciarla, ma una profonda paura ed incertezza dentro di me mi trattenne.
Tentennai un istante, in bilico sulla sottile fune sospesa che era la nostra relazione.Vidi il suo sguardo adombrarsi di dolore per il rifiuto e subito dentro di me qualcosa scattò.Gettandogli le braccia al collo lo attirai a me, premendo con irruenza le mie labbra sulle sue, in un bacio che sapesse esprimere tutto ciò che provavo.
Per un istante rimase immobile, quasi sbilanciato dall'impeto di quel bacio, poi mi strinse a se con forza, sollevandomi da terra così da portarmi alla sua altezza.
Quel bacio fatto di furia, di scuse e parole non dette si trasformò in una languida carezza, desiderosa di esplorare altri lembi di pelle per incendiarli.
Lentamente Kaeky mi riposò a terra e prendendomi tutto il tempo del mondo mi separai lentamente da lui. I suoi occhi vermigli mi guardavano spaesati e gioiosi come ogni volta che il mio desiderio incontrava il suo.
Lo guardai negli occhi mentre, timidamente, lo prendevo per mano e lo portavo con me nella tana.
Ora, inginocchiati l'uno di fronte all'altro, ci studiavamo, una nuova tensione vibrava nell'aria.
Desiderio, paura, scoperta.
Sotto il suo sguardo attento allungai le mani e con mosse lente e un po' impacciate gli tolsi i vestiti finché non rimase nudo di fronte a me.
Imponente e maestoso, un uomo magnifico dalla pelle d'avorio, scolpito da un'artista folle che s'era divertito a intaccare quella perfezione da centinaia di sottili cicatrici perlescenti.
Accarezzai assorta il suo petto forte, la mia mano grande quanto metà del suo pettorale, saggiando coi polpastrelli la consistenza di quella pelle così calda e morbida, sentendo lo spessore di quelle sottili imperfezioni.
La sua mano coprì la mia, ci guardammo negli occhi mentre lasciava scivolare il suo palmo lungo il mio braccio fino a raggiungere l'orlo della mia maglietta. Con delicatezza studiata, uno dopo l'altro anche i miei vestiti finirono sul pavimento.
Non era la prima volta che ci vedevamo nudi, non era neanche la prima volta che ci donavamo piacere a vicenda. Ma fino a quel momento c'erano stati dei silenti limiti che non avevamo osato superare. Ora però ero pronta.
Ciò che non ero in grado di dire a voce l'avrei espresso donandogli tutto ciò che avevo.
Continuammo ad esplorare con lievi carezze l'uno il corpo dell'altra senza osare avvicinarci.
Poi lentamente quelle carezze divennero abbracci che si tramutarono presto in baci fatti di tenerezza e passione, labbra che si cercavano e che cercavano nuovi centimetri di pelle da assaporare.
Quando, finalmente, mi trovai seduta a cavalcioni sul suo grembo, lui col busto sollevato così da poterci guardare negli occhi.
Ci studiammo, i suoi occhi pieni di passione e aspettativa, forse una lontana scintilla di paura; non so cosa vide nel mio sguardo, ma pregai che ci leggesse dentro quelle parole che non avevo osato dirgli.
In quel momento sospeso ci unimmo, le sue mani sui miei fianchi a mascherare con la dolcezza i gesti rudi, i baci che da teneri diventavano prepotenti, gli sguardi incatenati in grado di esprimere mille parole.
Quegli occhi di fiamma, ora offuscati dal piacere, osservavano incantati e implacabili ogni mia reazione a ciò che mi faceva.
Avvolsi le mani attorno al suo bel volto teso, baciandolo dolcemente, lasciando poi scivolare le braccia a cingergli il collo, lasciando che posasse il capo sul mio seno.
Con delicatezza infinita mi portò sotto di lui e fu dolce, fu intenso, fu attento e fu selvaggio.I corpi strettamente uniti, i baci così intensi da non sapere se ognuno aveva un proprio respiro.
Poi, lentamente come una marea, un piacere così intenso da farmi tremare m'avvolse, aprii gli occhi annebbiati in cerca del suo sguardo vermiglio e vi trovai due pozze ricolme d'amore e venerazione che mi osservavano incantati come fossi la creatura più meravigliosa del mondo.
Ben presto lo sentii tramare tra le mie braccia e un ringhio gli squassò il petto mentre buttava la testa all'indietro, stringendomi così forte da farmi quasi male.
Ma quel dolore era quasi necessario mentre le ultime onde di quell'immenso piacere che mi aveva colta continuavano a farmi tremare.
- Oh Dea Luna ... - mormorò trai denti, le ultime furiose spinte, fino a immobilizzarsi, i suoi fianchi perfettamente incastrati trai miei - Oh Dea... Oh Fenrir! -

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