'La fine del mondo è vicina'.
Sono sempre di più, ormai, le persone che impauriscono la gente per cose così assurde.
Non le sopporto, come non sopporto chi mente in generale.
Almeno a chi si fida di me, però, dovrei dare ascolto più spesso.
Comunque, è meglio cominciare dall'inizio.
Mi chiamo Akira ma, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare dal mio nome, non sono un tipo molto allegro. Anzi, a volte posso sembrare piuttosto deprimente.
Per farla breve, sono perennemente annoiato: ho provato di tutto, ma non ho ancora trovato il mio traguardo, qualcosa che mi dia uno scopo, che mi faccia sentire grato per la mia vita. Escludendo la mia famiglia e i miei amici ovviamente; si preoccupano molto per me e mi sembra giusto contraccambiare.
A volte speravo capitasse qualcosa fuori dal comune, qualcosa per cui potessi dire: 'Ecco, sono nato per questo, per raggiungere questo obiettivo'. Ma, naturalmente, con gli anni ho capito: la vita non va mai come desideri.
E ho anche capito che c'è un motivo valido, per cui non possa succedere.
Noi umani desideriamo cose stupide.
'Non ci accontentiamo mai'. Lo diceva sempre mia madre.
Forse mi avrebbe dato dei buoni consigli il giorno in cui tutto finì e iniziò.
Quel maledetto giorno in cui il mio desiderio fu esaudito.
Apro gli occhi, al suono della sveglia; odio quell'aggeggio infernale, perché mi ricorda l'inizio di un nuovo giorno. Un nuovo, noiosissimo giorno.
Grigio.
Il giorno, il soffitto.
Fisso quest'ultimo per qualche secondo, prima di decidermi ad alzarmi. Dopo essermi rinfrescato mi vesto velocemente, per poi infilare i libri nello zaino e caricarlo sulla spalla destra.
Sto per uscire dalla stanza ma torno indietro per fissarmi un momento allo specchio. Osservo i miei capelli nero pece, spettinati come loro solito; mi guardo negli occhi, grigi come il soffitto, per poi spostare lo sguardo sulla divisa nera perennemente aperta. Normalmente le maniche mi arrivano ai gomiti ma essendo, almeno stamattina, piuttosto freddo, oggi sono tirate fino ai polsi; sotto la divisa indosso la mia solita felpa blu, col cappuccio che fuoriesce.
'Ti sei ricordato di studiare ieri sera?'.
È da anni, ormai, che non sento più questa frase. Non che mi lamenti; all'inizio, però, questa mancanza mi ha fatto preoccupare parecchio. So che mio padre fa di tutto per occuparsi di me ma, da quando mamma non c'è più, è un po' depresso; non che io non lo sia, solo non lo do a vedere.
Così, quando mi vede scendere le scale, si limita a prepararmi una veloce colazione. Una volta finito di mangiare mi aiuta a prendere le mie cose, anche se non mi saluta quando sto per chiudere la porta.
Mi incammino verso scuola, a passo lento.
Abito appena fuori Shibuya quindi, il mio viaggio, normalmente, non dura più di un quarto d'ora. Non spreco tempo a guardarmi intorno: le strade, la gente, i grattacieli... Mi annoiano. Preferisco restare tra me e me, magari con le cuffie ad ascoltare musica. A essere sincero nemmeno questo mi piace ma, almeno, mi rilassa.
Sto per raggiungere la mia meta quando sento un rumore dietro di me, di ruote che sfregano sull'asfalto bagnato. Il bus mi supera; all'interno riconosco Aiko, che mi saluta. Le rispondo con un cenno della mano.
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Overtime Journey
Fantasía~È IN CORSO UNA REVISIONE DAL PROLOGO FINO ALL'ULTIMO CAPITOLO USCITO, AL TERMINE DELLA QUALE LA STORIA ANDRÀ AVANTI~ Il mondo non esiste più. Poche persone potevano prevederlo, ma nessuno ha fatto niente. L'unica speranza per gli esseri umani è con...