PROLOGO

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Domenica pomeriggio.

Circa le 15. Il sole era ancora alto nel cielo di quel caldo giorno di inizio settembre.

Ancora tre giorni e tutto sarebbe ricominciato: la scuola, gli allenamenti, il campionato.... Un'altra estate era volata via in un soffio, passata a lavorare per dare una mano a sua madre e ai suoi fratellini.

Il ragazzo era solo. Solo su quella spiaggia. I jeans strappati e tagliati al ginocchio, il torace muscoloso nudo e abbronzato. Con lui solo il rumore del mare e dei gabbiani. Era contento non ci fosse nessuno. Aveva scelto appositamente quel tratto di costa: era la meno frequentata e non ci veniva mai nessun turista. E lui aveva bisogno di riflettere.

Tirava calci a quel pallone di cuoio con tutta la forza che aveva. Era un modo per sfogarsi e per tenere allenate le sue gambe: era il capitano. E aveva il tiro più potente di tutto il torneo: il Tiro Della Tigre, lo chiamavano.

"Che nome idiota..." Ridacchiò tra sé sferrando un altro poderoso destro al pallone di cuoio. Questo, sotto l'immensa forza sprigionata dal colpo, quasi si deformò e andò a sbattere violentemente contro la parete di roccia con un rumore sordo...

Poi, all'improvviso, una voce melodiosa come una musica, ma con un tono sarcastico:

-Non credo che tu riuscirai ad abbatterla quella scogliera, sai? Suppongo che stia in piedi da qualche milione di anni o giù di lì-

Il ragazzo si voltò di scatto, i suoi capelli neri e ribelli erano incollati al volto dal sudore. Li scostò per vedere meglio chi avesse parlato.

E lei apparve. Il cuore del ragazzo si fermò.

Una ragazza, apparentemente poco più giovane di lui, gli stava a pochissimi metri. Alta ed esile, un fisico bellissimo e delicato avvolto in una canottiera nera attillata e una minigonna di jeans. Il braccio piegato sulle spalle a trattenere un paio di sandali dal tacco alto. Le gambe lunghissime... la pelle bianchissima e lunghissimi capelli neri che le toccavano quasi la vita: lucidi e setosi che si muovevano dolcemente mossi dalla brezza marina.

E poi quei due enormi occhi: un colore pazzesco, pensò. Una via di mezzo tra il verde e il blu... proprio come il colore del mare, circondati da ciglia lunghissime e nerissime. E a coronare il tutto due labbra da togliere il fiato: carnose e rosate che abbozzavano un sorriso.

La ragazza si piegò a raccogliere il pallone che, nel frattempo era rotolato docile fino ai piedi scalzi di lei.

E così, con la palla in mano si avvicinò.. talmente vicina che il ragazzo poté notare che la sua pelle bianchissima era cosparsa di graziose lentiggini rosate sul naso e sulle gote.

Il giovane deglutì e pensò: "Ma che ti prende? OK, è una bella ragazza... ma non è la prima che vedi! Togliti quell'espressione da scemo dalla faccia e dì qualcosa! Cazzo!"

-G- grazie...- balbettò e subito tra sé e sé "Ma che bella frase, complimenti per l'originalità!"

-Prego!- rispose lei allegramente e , tendendo una mano verso di lui aggiunse - Piacere, io sono Vivien.-

Il ragazzo si scosse dal torpore e afferrando la mano che lei tendeva rispose –Piacere, mio. Io sono Mark.-

Un attimo di silenzio e proseguì :- Cosa ci fai qui?- forse un po' troppo bruscamente

Vivien fece una specie di broncio offeso con le labbra , che il ragazzo trovò irresistibile, ma fu pronta a ribattere:

-Sei forse il proprietario della spiaggia, Mark?-

The eye of the TigerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora