Aprire gli occhi era un gesto così semplice, ma per lui sembrava l'azione più complicata del mondo.
Cercò di muovere le mani, le gambe, il collo ma il corpo non rispondeva.
Faceva solo male. Male ovunque.
Quasi fosse finito nell'ingranaggio di un macchinario e si fosse accartocciato su sé stesso.
Faticava a respirare, ad ogni respiro si sentiva soffocare.
E la testa. La testa era così pesante e c'era così tanta confusione.
Era stanco. Dannatamente stanco.
Stavolta la crisi maniacale doveva essere stata più grave delle altre.
Tentò nuovamente ad aprire gli occhi, ma una luce tagliente li trafiggeva non appena accennava a schiuderli. Era troppo, troppo da sopportare. Forse avrebbe fatto meglio a dormire ancora un po', magari al risveglio questi dolori lancinanti che gli arrivavano al cervello sarebbero passati.
Poi percepì la presenza di qualcuno, accanto a lui. Qualcosa di morbido poggiato sulla fronte e una voce che non riconobbe.
"Sono qui, Nì. Non ti lascio solo, te l'ho promesso."
Chi era? Era un sogno?
Doveva svegliarsi. Doveva aprire gli occhi.
Non sapeva quanto tempo di preciso fosse passato da quando aveva sentito quella voce, che probabilmente era stata solo un'allucinazione. Alla fine riprovò un'altra volta ad aprire gli occhi. Aveva le palpebre pesanti, la testa pesante e un sapore metallico in bocca, ma ci riuscì.
Si guardò intorno, cercando di abituare le pupille alla luce che entrava sferzante dalla finestra. Non riconobbe la stanza, ma suppose che si trovasse in ospedale, soprattutto quando vide una donna, un'infermiera probabilmente, che entrava in stanza con uno stetoscopio sul collo. La donna si avvicinò e guardò la sacca della flebo per controllare che non fosse vuota. Non aveva la forza di articolare una vera frase, ma si lamentò per attirare la sua attenzione.
"Sei sveglio?"
Aprì meglio gli occhi, lamentandosi ancora. L'infermiera chiamò immediatamente il medico, che entrò in stanza e gli si accostò.
"Ciao. Ricordi come ti chiami?"
A fatica, riuscì a dire "Nic-col-ò".
L'uomo annuì e poi fece i primi controlli veloci, puntandogli la luce sugli occhi e chiedendogli di seguire il movimento del suo dito, per controllare i riflessi.
"Okay, Niccolò, sai dove ti trovi?
"In os-os-pedal-e?"
"Esatto. E sai perché sei qui?"
Niccolò denegò con la testa. "Dove... dov'è mi-a ma-ma.. mma?"
"È qui fuori. Entrambi i tuoi genitori. Li facciamo entrare, okay?"
Poi senza attendere la risposta del ragazzo, il medico si spostò sulla porta, dove Niccolò lo sentì parlare. "Il ragazzo è sveglio. Fatica a parlare, ma ha chiesto dei genitori. Venite dentro con me."
Quando li vide, riuscì ad accennare un sorriso, anche se c'era qualcosa di diverso in loro.
"Nico, tesoro, ci hai fatto preoccupare da morire. Come ti senti?"
"D-dolo-dolo-rante. Mi fa m-male tutt-o. R-espiro mal-e."
"È normale. Ci sono diverse contusioni interne. E hai un polmone che è collassato." Intervenne il medico. "Allora, Niccolò... Mi hai detto che non ricordi cosa è successo, ma ti trovi qui perché hai subito un'aggressione."
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RAMES - Ti vedo anche ad occhi chiusi
FanfictionMartino e Niccolò stanno insieme ormai da sette anni, finché un evento traumatico non cambia le loro vite stravolgendole. Sarà dura tornare alla vecchia vita o forse l'unica soluzione è considerare la possibilità di iniziarne una nuova.