12: Duca de la Vallier

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Sono tornata in studio, ho molti appuntamenti oggi, ma sono alquanto frastornata. 

E' come se tutte le mie teorie ed i miei studi fossero collassati in un immenso buco nero senza fondo.

Vedo le persone con occhi diversi, sono agitata e nervosa, non sono il tipo di persona che abbandona i suoi pazienti perciò eccomi all'opera.

<Com'è andata la settimana Ruben?> chiedo al mio ossessionato cliente.

<Discretamente dottoressa. Lei sta meglio? Ha avuto l'influenza?> mi domanda convulso durante la terapia.

<Sto bene, un leggero raffreddore, nulla di che> mento alla grande.

Non posso dirgli che mi sono sentita male perché ho visto un uomo trasformarsi in un lupo alto più di due metri!

Ascolto con interesse il resoconto dettagliato di Ruben intento a raccontarmi ogni minuto della sua settimana.

Sono molto più tranquilla, sto rientrando pian piano nella mia routine quotidiana.

La seduta procede bene con Ruben al punto tale che riusciamo a scambiare un paio di battute amichevoli, una specie di extra seduta potrei dire.

Fissiamo un nuovo appuntamento, ci salutiamo ed esco dall'ufficio.

Arrivo alla fine del corridoio, indecisa se scendere le scale ed andare a casa o prendere l'ascensore e salire da Egan. 

Voglio parlargli, sentire come sta.

Non è vero tu vuoi vederlo a tutti i costi mi urla la mia stridula vocina interiore.

Sono come una bambina che va per la prima volta al Luna Park e resta a bocca aperta davanti a quel mondo fantastico a lei sconosciuto.

Il problema è che non ho più quattro anni e sono, non lo dico per vantarmi, una discreta psicanalista.

Mi arrendo al mio cuore invece che all'intelletto.

Prenoto l'ascensore e salgo.

Non è stata una buona idea, Egan ha visite, nonostante l'ora tarda.

Giro i tacchi pronta ad andare via, ma il click della porta aperta mi fa desistere dal mio intento.

Accidenti al suo super udito!

Entro nel suo appartamento pronta a trovare una scusa ed a defilarmi in un paio di minuti, ma Egan mi saluta con un <ciao, Sam> a trentadue denti che mi fa dimenticare ogni mio proposito.

<Non volevo disturbarti. Ci vediamo domani> gli rispondo garbatamente.

Cerco di uscire, ma l'amico di Egan mi si para davanti esaminandomi minuziosamente neanche fossi la Gioconda di Leonardo. 

Ammetto che è un ragazzo molto bello e giovane, ma alquanto particolare e pallido come la luna.

L'abbigliamento è stravagante.

Indossa un pantalone nero, l'unica cosa normale del vestiario, una camicia plissettata in seta ed una giacca damascata nera con intarsi dorati che gli arriva alla coscia. 

<Milady è un piacere conoscerla> 

La sua voce melliflua mi solletica l'orecchio.

<La tua compagna è molto bella, complimenti amico mio,  la tua dea Luna è stata generosa> dice rivolto ad Egan

Compagna un accidenti brutto damerino imporporato dell'ottocento ribadisce il mio io arrabbiato.

<Scusalo, Sam. Albert è molto diretto e, questo, non depone sempre a suo vantaggio>

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