15. Unicorni e vampiri

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GIUSEPPE

Dopo l'ultima tappa a Piacenza, ero finalmente tornato a Roma in serata. Stare lontano da Emma era stato davvero strano. La giovane donna che nonostante tutto era sempre al mio fianco, mi mancava come l'aria. Non ero più abituato a fare a meno della sua presenza costante, il lockdown aveva cambiato molte cose.

Riuscii a terminare le incombenze che mi aspettavano a Palazzo Chigi prima del previsto e così decisi di passare a trovarla. Dal tono in cui mi aveva salutato al telefono, quando l'avevo chiamata per avvertirla del mio ritorno a Roma, sapevo di mancarle almeno quanto lei mancava a me.

"Ehilà," salutai al videocitofono.

"Giuseppe, sei davvero tu?" chiese Emma di rimando sbigottita.

"Certo che sono io. Posso salire?"

"Ora ti apro. Sono al primo piano."

La porta della palazzina dove abitava Emma si aprì e decisi di farmi a piedi il piano che mi separava dal suo appartamento. Salii le scale in tutta fretta e trovai la mia dolce ragazza speciale che mi aspettava sulla soglia. Indossava un pigiama verde chiaro con delle farfalle stampate sopra e i capelli erano raccolti in un mollettone.

Aveva un aspetto così semplice e naturale. Niente a che vedere con il look formale con il quale ero ormai abituato a vederla in giro per Palazzo Chigi. L'avevo conosciuta in jeans e maglietta in Università, ma la versione casalinga di Emma in pigiama e pantofole mi mancava.

"Ciao, entra pure" disse facendosi da parte per farmi passare.

"Non mi aspettavi, eh?"

"In effetti no," rispose un po' contrariata mentre chiudeva a chiave la porta d'ingresso. Nonostante la strana occhiata che mi aveva indirizzato, mi gettò le braccia al collo e io la strinsi forte a me, inalando il suo profumo floreale e fruttato. Ero così felice di poterla di nuovo avere tra le mie braccia. Iniziai a baciarla con ardore, ma poi mi ricordai dell'occhiata che mi aveva lanciato poco prima e decisi di indagare. Mi allontanai da lei socchiudendo gli occhi per osservarla meglio.

"C'è qualcosa che non va?" domandai iniziando a slacciare il nodo della cravatta nervosamente.

"Non ti si può proprio nascondere niente, eh? Sono davvero felice di vederti, lo sai che mi sei mancato tanto. Ma se mi avessi avvisata, non mi sarei fatta trovare in pigiama. E meno male che non mi sono ancora struccata," disse avvicinandosi a me per aiutarmi a togliere la cravatta dal collo.

"Certe volte sei davvero una bambina," dissi scuotendo la testa incredulo.

"Ti ho visto senza vestiti, con il trucco sbavato, i capelli scompigliati e tu ti preoccupi che ti veda in pigiama e pantofole..."

"Ok, va bene. Magari non è un gran problema che tu veda le mie adorabili pantofole con il pelo bianche. Ma ora mi concedi di andare a cambiarmi? " chiese mentre giocherellava con la mia cravatta tra le mani.

"Non ne vedo il motivo. E poi prima o poi ti avrei vista in pigiama..."

"Forse hai ragione."

"Mai una volta che non ci sia un forse davanti," protestai scherzosamente.

"Perché altrimenti sarebbe troppo facile, no?"

"Ovviamente..." concordai sollevando le sopracciglia.

"Comunque è ora di cena e ho anche fatto la spesa. Hai qualche preferenza?"

"Direi di no. Cosa pensavi di mangiare prima che arrivassi?"

The key of my heart - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora